Il rischio amianto nell’industria tessile è probabilmente ancora oggi sottostimato se escludiamo le circoscritte situazioni produttive dei tessuti ignifughi contenenti amianto
Rischio amianto nel tessile: gli anni ‘80
Il rischio amianto negli stabilimenti tessili è, come si accennava, un problema che gode di una scarsa considerazione tuttavia esistono significative dispersioni di amianto in questi luoghi di lavoro, sottostimando tristemente la casistica di mesotelioma nei lavoratori tessili, almeno fino alla metà degli anni’80.
Prato e Lombardia: la casistica
Secondo quanto stimato da una revisione di casistica dello Sloan Kettering Cancer Center del 1982, i mesoteliomi comparsi in lavoratori tessili non sono neppure sospettati come provocati dall’amianto e sono classificati tra quelli da altre cause.
Il rischio di amianto in Italia nel tessile ha riguardato in primo luogo i cernitori dell’area di Prato, esposti alle fibre di amianto disperse dai sacchi riciclati di iuta e/o di polipropilene.
In aggiunta, probabilmente anche da lane deliberatamente miscelate con amianto negli anni ’70 per motivi commerciali.
Anche le filatrici di seta della Lombardia sono tristemente note per l’esposizione all’amianto disperso dalle coibentazioni e guarnizioni delle tubature.
Risale a tempi recenti l’importante segnalazione che arriva dal Registro Mesoteliomi Toscana. Essa evidenzia infatti la necessità di approfondimento e chiarimento sulle occasioni di esposizione nel comparto tessil,e a causa dei numerosi casi che riguardano il comparto e soggetti afferenti a diverse mansioni.
Le macchine tessili e la dispersione di amianto
Quel che risulta è che alcune componenti delle macchine, come le boccole e le guarnizioni, potrebbero aver rappresentato punti di potenziale dispersione.
Soltanto alla scuola pavese di medicina del lavoro si deve tuttavia il primo preciso richiamo al fatto che, tutto il ciclo tecnologico tessile, si è svolto per decenni impiegando amianto in molteplici applicazioni.
La casistica studiata dal Registro Mesoteliomi Lombardia nel triennio 2000-2002, evidenzia l’esistenza di un rischio amianto significativo e diffuso nel settore tessile.
Segnala altresì di come i controlli sul campo abbiano definitivamente confermato e documentato che in questo settore, il rischio amianto ha sicuramente avuto un peso notevole in passato.
Rischio che purtroppo non è ancora completamente abbattuto.
Negli anni tra il 2000 e il 2002 sono stati riscontrati almeno 75 casi manifestatisi in soggetti che avevano svolto mansioni lavorative nel settore tessile.
Una percentuale del 20,2% rispetto a tutti i casi con diagnosi attendibile, è questo lo scenario del rischio amianto nel tessile.
Come funziona il processo produttivo tessile
Esaminare tutto il processo produttivo tessile, per evidenziare le eventuali situazioni capaci di originare dispersioni di amianto nell’ambiente di lavoro, ha rappresentato il punto di partenza.
Nel mirino dell’indagine, il settore filatura e tessitura, in quanto dall’osservazione emergerebbe un rischio relativamente più elevato in queste fasi lavorative.
Dall’osservazione effettuata si evince chiaramente altresì, che indipendentemente dal tipo di fibra lavorata (lana, cotone, seta, fibre artificiali, fibre sintetiche) e dalla fase produttiva (filatura, tessitura, tinto-stamperia, finissaggio) nell’industria tessile l’impiego di amianto era costante ed esteso.
Era presente nelle strutture edilizie, negli impianti e nei macchinari e il suo utilizzo persiste ancor oggi in alcune realtà produttive.
Gli anni ’70 e le strutture edilizie
E’ importante precisare che fino agli anni’70 le strutture edilizie presentavano amianto floccato su quasi tutti i soffitti.
A cosa si doveva tale scelta? Perché riduceva il volume dei fenomeni di condensa del vapore acqueo e abbatteva il rumore grazie alla capacità fonoassorbente del rivestimento che riduceva i fenomeni di riflessioni delle onde sonore.
Tornando al rischio amianto nel settore industriale tessile, tutte le macchine tessili possiedono freni di rallentamento o di arresto.
Essi operavano con guarnizioni in amianto fino all’entrata in vigore delle leggi di messa al bando.
E’ stato rilevato che una macchina in frenata aveva una capacità di dispersione di fibre per attrito particolarmente elevata.
Se pensiamo che in alcune situazioni la macchina operava con frenatura continua, possiamo apporre l’esempio dei telai a navetta utilizzati fino agli anni ’80.
In queste macchine il cilindro portante i fili dell’ordito (subbio) era rallentato nella sua rotazione da due freni a nastro alle estremità azionati da contrappesi che lavoravano in continuo per mantenere in tensione i fili dell’ordito.
Se si considera che in un capannone di tessitura erano in funzione decine di telai, si può intuire l’entità del contributo della frenatura continua all’incremento della concentrazione atmosferica di fibre fini respirabili.
La situazione oggi
Oggi nelle grandi strutture produttive, l’amianto è scomparso dai macchinari come dalle coibentazioni d’impianto e le componenti edilizie sono state bonificate estesamente. Amianto su soffitti e pareti e anche su tratti di tubatura si ritrova ancora in un certo numero di stabilimenti medio piccoli.
Questi edifici, in attesa di bonifica o di ristrutturazione, sono di regola attentamente controllati dagli organi di vigilanza con prescrizione di limitazioni rigorose per ogni intervento potenzialmente capace di provocare dispersioni di fibre.
L’elevata incidenza di mesoteliomi nei soggetti che hanno lavorato nell’industria tessile deve essere attribuita a pregressa esposizione ad amianto negli ambienti di lavoro.