Celebriamo insieme l’Earth Day
Il 22 aprile, un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, le Nazioni Unite celebrano l’Earth Day
La più grande celebrazione ambientale del pianeta, la Giornata della Terra è un momento di valutazione delle problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, la scomparsa di piante e specie animali e l’esaurimento di risorse non rinnovabili. Dal 1970, ogni anno, la manifestazione promossa dal presidente USA John Fitzgerald Kennedy che oggi coinvolge più di un miliardo di persone in quasi duecento Paesi del mondo, è anche un avvenimento educativo e informativo.
A Bari, il Club per l’UNESCO di Bisceglie e l’Associazione Culturale Porta d’Oriente – Libero Sviluppo Mediterraneo hanno promosso il convegno di studio dal titolo “Change mentality. Anthropogenic Global Effects – Gli obiettivi in Agenda 2030 ONU per lo Sviluppo sostenibile del millennio”.
Il meeting ha visto come coordinamento scientifico per l’Italia Salvatore Valletta, presidente dell’Ordine dei Geologi della Puglia, per gli USA Solidea M. C. Bonina – PhD Environmental Scientist, in videoconferenza.
Gli interventi del Dott. Coppini e del Dott. Macaluso
Sono intervenuti all’incontro, tra gli altri, il dott. Giovanni Coppini e il dott. Domenico Macaluso.
Il dott. Giovanni Coppini ha rappresentato il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Fondazione di ricerca che realizza studi e modelli del nostro sistema climatico e delle sue interazioni con la società e con l’ambiente.
Mission del CMCC è sviluppare le conoscenze scientifiche utili a sostenere la creazione di politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, proteggere l’ambiente e stimolare una crescita sostenibile.
Nel campo della ricerca il CMCC coordina il servizio operativo Europeo chiamato Copernicus Marine Service, per le previsioni del Mar Mediterraneo. Ogni giorno rilascia gratuitamente prodotti disponibili a imprese, enti di ricerca, enti pubblici, che a loro volta sviluppano servizi per la cittadinanza, per favorire la Blue economy.
«Noi stessi al CMCC ci siamo specializzati in una serie di servizi a valore aggiunto, per il turismo, appunto, l’acquacoltura, la gestione e la difesa delle coste e dei porti – specifica Coppini -. Per esempio la Regione Puglia ci ha finanziato un progetto (START), per il quale abbiamo sviluppato, con altri attori, sia privati (LINKS MT, ETACONS, ENSU) sia pubblici (UNISALENTO), un servizio di previsioni dei mari pugliesi, delle coste e dei porti, per offrire previsioni di eventi estremi, di mareggiate, in modo da rendere più sicure e gestibili le coste e i porti».
Giovanni Coppini, quali sono, dunque, le ultime previsioni sul Mediterraneo e sull’Adriatico in particolare?
«Dal punto di vista climatico, è chiaro che quello che osserviamo e ipotizziamo per il futuro sono innanzitutto i due fenomeni più importanti, l’aumento delle temperature e innalzamento del livello del mare. Che si collegano anche a una possibile intensificazione degli eventi estremi e delle mareggiate; a terra la siccità e sulla costa e lungo i fiumi il problema delle alluvioni. Per cui, diciamo, la previsione non è rosea; aumentando la temperatura e il livello del mare, le nostre coste saranno ancora più a rischio. Perciò, dobbiamo trovare delle misure di adattamento, che comprendano la rigenerazione delle coste e la gestione dei porti, in maniera intelligente, in modo che possa adattarsi a quello che è inevitabile».
L’altro tema importante, diceva, è quello delle riduzioni delle emissioni
«La scorsa settimana è stata trovata dall’IMO (International Maritime Organization) che coordina a livello internazionale il tema del trasporto marittimo, una risoluzione per impegnarsi a ridurre del 50%, entro il 2050 rispetto ai valori del 2008, le emissioni in atmosfera di anidride carbonica da trasporto navale. Noi pensiamo di contribuire a questo servizio, cercando di sviluppare ulteriormente il nostro sistema VISIR per l’ottimizzazione delle rotte delle navi, secondo le previsioni del servizio Copernicus Marine, in modo da ridurre il consumo carburante o, meglio, cercando di aumentare l’efficienza del trasporto».
Quindi tornando ai nostri mari, il Mediterraneo e l’Adriatico non sono proprio in una buona situazione
«I nostri mari sono hot spot per i cambiamenti climatici e dobbiamo cercare di sensibilizzare il comportamento dei cittadini e soprattutto anche delle istituzioni. A tale proposito abbiamo lavorato al fianco del ministero dell’Ambiente per lo sviluppo del piano di adattamento dei cambiamenti climatici dell’Italia. Un elemento, diciamo, adesso fondante, per poi far sì che le Regioni e gli enti locali a loro volta sviluppino piani di adattamento regionali e poi locali».
Dott. Coppini, il cambiamento climatico sta aprendo le rotte dell’Artico
«Quello che sicuramente si nota è che il cambiamento climatico sta aprendo le rotte dell’Artico in maniera molto importante ma questa nuova situazione, ha bisogno di una regolamentazione e particolare attenzione, perché è chiaro che il trasporto attraverso l’Artico mette a rischio gli ecosistemi. Per cui, sicuramente c’è bisogno di una attenzione internazionale che possa incidere su un corretto e sostenibile utilizzo, oppure non utilizzo, da parte dell’uomo, di queste regioni».
Il dott. Macaluso, ricercatore dell’Unione Europea ha collaborato al progetto “Discovering Magna Grecia” con INGV, Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia e ci ha illustrato, quindi, le conseguenze dell’aumento della temperatura del Mare nostrum.
Domenico Macaluso, ci parli di questo progetto
«Si è trattato di posizionare sonde multiparametro nel Canale di Sicilia. Penso siamo gli unici ad avere dieci anni di monitoraggio continuo di questo tratto di mare molto importante, che sta dimostrando effettivamente che un rialzo delle temperature del mare c’è, accompagnato probabilmente anche da un leggero aumento del livello del mare o battente d’acqua».
È un’affermazione importante
«È in atto questo problema del riscaldamento terrestre, abbiamo dei dati, una prima pubblicazione è stata fatta già nel 2010, un’altra è in corso d’opera. I rapporti sono disponibili a tutti sul sito dell’INGV, sul monitoraggio dello Stretto di Sicilia».
Che cosa implica l’aumento della temperatura del mare?
«A questo aumento della temperatura si sta accompagnando anche una diversificazione delle specie marine presenti in queste acque. Perché all’aumento della temperatura del mare segue una diminuzione della pressione parziale dell’ossigeno disciolto nell’acqua. Il pesce non tanto per l’aumento della temperatura dell’acqua ma proprio per la ricerca di ossigeno, cerca acque più fredde e va via. Quindi, diverse specie di pesci pregiati non le troviamo più, per esempio, nelle zone dei vulcani nello Stretto di Sicilia dove nel 1831 sorse dal mare l’Isola Ferdinandea, che scomparve dopo qualche mese».
Nelle reti dei pescatori, però finiscono pesci fino ad ora a noi sconosciuti
«Questo è un altro dato inquietante. A monte di questa fuga di pesce pregiato stanno arrivando specie di pesce aliene per i nostri mari che sono molto pericolosi nel caso venissero commercializzati sotto il nome di altri pesci: molti pescatori tagliano le teste allo squalo poco pregiato, per esempio, dicendo che invece è un pesce palombo».
Sono stati pescati anche esemplari di pesce palla, una prelibatezza della cucina giapponese
«Ne sono stati pescati alcuni esemplari anche di 2 chili e mezzo; ma il pesce palla contiene la tetradotossina (una tossina ancor più tossica del cianuro ndr) che è semplicemente mortale».