L’acqua degli iceberg potrebbe garantire forniture d’acqua dolce o è solo un modo per far arricchire qualche speculatore?
Iceberg: quanto costa l’acqua dell’Artico?
Gli iceberg sono delle grandi masse di ghiaccio d’acqua dolce che si staccano da un ghiacciaio, per poi galleggiare liberamente nelle acque salate.
Fin qui nulla di nuovo!
La novità sta nel fatto che si potrebbero utilizzare per fornire acqua potabile.
Notizia non da poco, visto che molti Paesi soffrono letteralmente la sete.
Ma quanto costa il tutto?
L’acqua Svalbarði, estratta dalla cima degli iceberg delle isole Svalbard, a soli 1.000 chilometri dal Polo Nord, costa solo € 89,50.
Forse troppo per mandarla in Africa.
Imbottigliata a Longyearbyen, una piccola metropoli dell’arcipelago norvegese, a potersela permettere sono “pochi eletti”.
L’acqua purissima degli iceberg
“Prova l’Artico per salvare l’Artico”, recita il sito web dell’azienda norvegese, promuovendo la neutralità del carbonio dell’acqua.
Soluzioni ingegnose e fattibilità
Ad ogni modo, l’idea ha suscitato l’attenzione di quanti vorrebbero fare qualcosa per aiutare le popolazioni che non hanno acqua a sufficienza.
Su tutti, Matthew Birkhold, uno studioso di diritto, cultura e scienze umane, che ha scritto un libro in proposito.
Nel suo “Chasing Icebergs: How Frozen Freshwater Can Save the Plane” (2023) lo studioso sostiene che gli iceberg si potrebbero trainare direttamente nelle regioni aride per ridurre la scarsità d’acqua.
Immediata la reazione degli esperti, i quali hanno mostrato un certo scetticismo circa l’effettiva fattibilità del nobile progetto.
Si può fare! Si può fare!
Ad avallare la tesi di Birkhold è il sudafricano Nick Sloane, esperto in salvataggi di relitti.
L’uomo è noto per essere il “salvage master” che nel 2013 raddrizzò la nave da crociera Costa Concordia, naufragata al largo dell’isola del Giglio un anno prima.
A parer suo e con l’aiuto del team composto da glaciologi, ingegneri e oceanografi, grazie a degli strumenti di geolocalizzazione si potrebbe individuare innanzitutto l’iceberg giusto.
Successivamente si provvederebbe a catturarlo mediante una rete gigante, per poi e rimorchiarlo nella possente Corrente Circumpolare Antartica. Da lì raggiungerebbe la Corrente Benguela che scorre a nord verso il Sudafrica.
Parliamo ancora di costi
Ecco le stime dei costi effettuate da Sloane: 100 milioni di dollari, più altri 50 milioni di dollari circa per sciogliere il ghiaccio e incanalare l’acqua dolce a terra, se l’iceberg non si è sciolto nel mare o non è crollato lungo il percorso.
La notizia ha fatto storcere il naso alle autorità sudafricane. “Questa proposta non è stata considerata adatta per Città del Capo… Un tale progetto è sia complesso sia rischioso con un costo dell’acqua molto elevato previsto”.
Un commento abbastanza “asciutto”.
Il piano della concorrenza sugli iceberg
Sloane non è l’unico ad aver partorito una simile idea.
L’azienda berlinese POLEWATER, lavora da oltre un decennio su un piano simile.
Anche in questo caso, si prevede l’utilizzo di satelliti per localizzare gli iceberg migliori, ma anziché rimorchiare i bestioni, il progetto prevede di pompare l’acqua estratta in sacche gigantesche, facilmente trasportabili.
Meglio il trasporto della desalinizzazione
L’arabo Abdulla Alshehhi, dello stesso parere di Sloane, ha in mente di importare un iceberg antartico sulla costa di Fujairah, città degli Emirati Arabi Uniti.
Secondo lui “sarà più economico portare questi iceberg” che desalinizzare l’acqua di mare, una tecnica comune in Medio Oriente. In aggiunta, la desalinizzazione, sebbene fornisca almeno 35 trilioni di litri di acqua potabile a livello globale ogni anno, non è propriamente salutare.
Gli impianti di desalinizzazione hanno un impatto ambientale non trascurabile.
In termini di residui inquinanti, le salamoie eliminate riducono la quantità di ossigeno sciolto nell’acqua del mare. E questo può avere impatti econoligi profondi sulla catena alimentare. Anche eventuali infiltrazioni di acqua salina proveniente dalle fessure nelle rocce, potrebbe rendere i depositi di acqua imbevibili.
Non esiste una regolamentazione sugli iceberg
Sogni a parte, a oggi non esiste una precisa normativa sulla questione. Poche leggi nazionali riguardano lo sfruttamento degli iceberg e nessun accordo internazionale chiarisce chi può catturare e vendere queste risorse di acqua dolce.
Pronti per il giorno zero?
A questo punto verrebbe da chiedersi se è il caso di sposare la causa “folle” di Sloane o prepararsi a un possibile “giorno zero” in cui si chiuderanno tutti i rubinetti.
Fonti
Nature 614, 617-618 (2023)
Doi: https://doi.org/10.1038/d41586-023-00510-6