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sabato, Ottobre 5, 2024

Giustizia per un capitano di fregata: Il TAR Lazio condanna il ministero della Difesa per esposizione all’amianto

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IL TAR DEL LAZIO HA EMESSO UNA SENTENZA SIGNIFICATIVA, ORDINANDO AL MINISTERO DELLA DIFESA DI RISARCIRE CON 135 MILA EURO LA FAMIGLIA DEL CAPITANO DI FREGATA S.Z., DECEDUTO ALL’ETÀ DI 62 ANNI AD ALBANO LAZIALE A CAUSA DI UN MESOTELIOMA PLEURICO. QUESTA DECISIONE RAPPRESENTA UN IMPORTANTE PASSO VERSO LA GIUSTIZIA PER LA FAMIGLIA DELLA VITTIMA. A DIFENDERE I FAMILIARI, L’AVV. EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO

Il caso del capitano di fregata morto di amianto: storia di ordinaria in-giustizia

La vicenda del capitano di fregata S.Z. mette in evidenza il devastante impatto dell’amianto sulla salute umana. Originario di Albano Laziale, l’uomo ha dedicato gran parte della sua esistenza alla Marina Militare, arruolandosi come volontario nel 1960. Dopo un iniziale periodo di reclutamento, ha proseguito la sua carriera, raggiungendo il rango di capitano tramite un concorso. Ha quindi prestato servizio permanente dal 27 agosto 1960 fino al 20 luglio 1992, trascorrendo oltre dieci anni a bordo di unità navali, nell’Arsenale militare marittimo e alla Scuola sottufficiali di Taranto.

Durante la sua carriera, S.Z. è venuto a contatto con l’asbesto, comunemente usato come isolante nelle navi e in altre strutture.

Il pericoloso minerale veniva infatti impiegato per coibentare motori, caldaie, tubazioni e altri impianti critici. Questa esposizione non si limitava solo agli ambienti marittimi, ma si estendeva anche a quelli a terra, dove il capitano lavorava spesso in condizioni inadeguate, prive di protezioni e informazioni sui rischi per la salute.

L’insorgenza della patologia e l’iter legale

Dopo il congedo, nel novembre 2004, il capitano ha avvertito sintomi preoccupanti che lo hanno portato a un ricovero ospedaliero.

Durante questo periodo, S.Z ricevette una diagnosi di mesotelioma pleurico, un tipo di cancro aggressivo legato all’esposizione alle fibre di amianto, che purtroppo ha causato il suo decesso pochi mesi dopo, il 30 marzo 2005.

La diagnosi ha portato, nel 2009, al riconoscimento ufficiale della malattia come dipendente da causa di servizio, e nel 2011 gli è stato attribuito lo status di vittima del dovere.

La vedova e le figlie del capitano hanno quindi avviato un’azione legale contro il ministero della Difesa, sostenendo che l’amministrazione avesse violato l’obbligo di sicurezza previsto dal codice civile e dalla Costituzione. Hanno altresì evidenziato l’omissione di informazioni riguardanti i rischi legati al cancerogeno.

Ad assistere i familiari, presentando ricorso al TAR, l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dellOsservatorio Nazionale Amianto.

Al TAR per ottenere giustizia

Il Tribunale Amministrativo Regionale ha avviato un’istruttoria approfondita, durante la quale ha ascoltato numerose testimonianze e analizzato attentamente la documentazione fornita. Alla fine del procedimento, i giudici hanno riconosciuto il danno subito dal capitano, condannando la Difesa. «La scienza medica riconosce un rapporto esponenziale tra dose cancerogena assorbita e risposta tumorale – si legge in sentenza – la giurisprudenza di questa Corte già da tempo ha fatto risalire la conoscibilità della pericolosità dell’impiego di amianto ai primi anni del ‘900». 

Nel caso specifico, il Collegio ha accertato il diritto al risarcimento per il danno biologico terminale e per il danno catastrofale subito dal capitano, il quale, a causa della malattia, ha vissuto una sofferenza notevole fino alla sua morte. La liquidazione è stata effettuata applicando le tabelle del Tribunale di Milano, determinando un risarcimento totale di euro 135mila a cui andranno detratte eventuali somme già ricevute a titolo di indennizzo.

ONA e la lotta per le vittime di amianto

«Si tratta dellennesima sentenza di condanna a carico del ministero della Difesa per malattia e decesso di un militare della MM Italiana per elevata e non cautelata esposizione a fibre e polveri damianto nelle unità navali e nelle basi arsenalizie», ha dichiarato l’avv. Bonanni

A supporto delle vittime, l’Osservatorio ha istituito un servizio di assistenza per le vittime del dovere con il numero verde 800 034 294 e lo sportello telematico.

«Questa sentenza non solo rappresenta un importante passo verso la giustizia per la famiglia del capitano, ma si inserisce anche in un contesto più ampio di consapevolezza e sensibilizzazione riguardo ai rischi legati al killer invisibile e alla necessità di garantire un ambiente di lavoro sicuro per i militari italiani e non solo», conclude il presidente ONA.

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