La gestione dell’amianto nelle centrali nucleari presenta una serie di sfide ambientali e relative alla sicurezza tecnologica. Capiamo di più sulla situazione.
Le centrali nucleari, sono state per lungo tempo i fulcri della produzione energetica, generando un quarto dell’elettricità nell’Unione Europea. Tuttavia, con il passare del tempo, l’attenzione si è spostata verso un nuovo capitolo: il decommissioning sicuro. Il processo riveste una grande importanza, poiché coinvolge la chiusura e il disassemblaggio delle centrali nucleari esistenti in modo sicuro e controllato, riducendo al minimo i rischi ambientali e proteggendo la salute umana.
In un contesto in cui la sicurezza e la gestione responsabile dei rifiuti radioattivi diventano dunque priorità assolute, il decommissioning sicuro rappresenta un passo fondamentale verso un futuro più sostenibile ed efficiente per il settore energetico. Esploriamo insieme questa transizione verso un’energia nucleare responsabile e sicura, dove la tutela dell’ambiente e della salute pubblica è al centro delle decisioni e delle azioni
Gestione del nucleare in Italia: passato presente
Gestione. L’energia nucleare ha da sempre sollevato dibattiti appassionati e accesi sull’opportunità di sfruttare tale risorsa per la produzione di elettricità.
In Europa, circa un quarto dell’energia elettrica viene prodotta da centrali nucleari, evidenziando l’importanza di questa fonte energetica nel mix energetico del continente.
Tuttavia, l’Italia ha una storia peculiare nel panorama.
La sua incursione nel campo dell’energia nucleare risale al 1963, quando fu inaugurata la sua prima centrale elettronucleare a Latina.
Poi, una tragedia segnò le sorti del nucleare, con il fermo della produzione nel 1987, seguito da un referendum popolare.
A scatenare il panico fu l’incidente avvenuto nella centrale di Chernobyl, in Ucraina, nell’aprile del 1986,
Le immagini apocalittiche e le notizie dell’incidente fecero il giro del mondo, suscitando preoccupazioni sull’uso dell’energia nucleare.
Risultato?
Tra il 1988 e il 1990, le centrali nucleari esistenti in Italia sono state chiuse, con i progetti per nuove centrali interrotti.
Questo ha lasciato il paese con solo quattro centrali nucleari a Trino Vercellese, Corso, Latina e Garigliano, tutte ormai inattive. Tuttavia, la sfida non si è conclusa con la loro chiusura.
Gestione dei rifiuti e decommissioning
Un problema significativo associato al decommissioning (smantellamento degli impianti nucleari delle centrali) è la presenza di amianto nei siti.
Gli impianti sono stati costruiti infatti prima della metà degli anni ’70, quando in Italia non era ancora entrata in vigore la legge 257/1992, che ha vietato l’utilizzo dell’amianto e dei materiali contenenti questa sostanza pericolosa.
Ebbene, la gestione dell’amianto in questi siti richiede un approccio attento e rigoroso, per garantire la sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente circostante.
Di conseguenza, l’Italia, come molti paesi, si trova tuttora ad affrontare le conseguenze del proprio passato nucleare, cercando soluzioni innovative e sicure. Ma a cosa serviva l’amianto nelle centrali nucleari?
Il ruolo del killer silente nelle centrali nucleari
L’amianto, per lungo tempo, ha rivestito un ruolo chiave nelle strutture e negli impianti delle centrali nucleari. Utilizzato come coibente nelle turbine, negli edifici di contenimento del reattore e come isolante termico per pareti e soffitti, ha contribuito alla protezione dai rischi termici e al mantenimento dell’integrità strutturale.
Tuttavia, la presenza di “killer silente” nelle centrali nucleari non si limitava a materiali compatti.
Alte concentrazioni di amianto friabile, materiale notoriamente cancerogeno, si trovavano all’interno degli impianti. Da qui la necessità di agire in maniera sicura a tutela dei lavorati impiegati nella rimozione e a beneficio ovviamente dell’ambiente.
Complessità della rimozione dell’amianto: leggi e normative
Come accennato, la rimozione dell’amianto è un processo complesso, regolamentato da leggi (come la 257/92) e decreti attuativi come il D.M 6/9/94 (relativo alla dismissione dell’amianto negli stabilimenti industriali).
Le normative delineano procedure specifiche, finalizzate a minimizzare la diffusione di fibre di amianto durante le fasi di bonifica, garantendo altresì la sicurezza dei lavoratori.
Nello specifico, i materiali devono essere trattati con cautela, implementando misure per il confinamento statico e dinamico durante le operazioni di rimozione e bonifica.
Formazione e sicurezza degli operatori
Gli operatori coinvolti nel delicato lavoro, devono essere altamente addestrati e formati sul corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Collettiva (DPC) e dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI).
Inoltre, devono essere a conoscenza delle specifiche procedure di decontaminazione del personale e delle attrezzature utilizzate durante le operazioni.
Gestione e identificazione delle aree contaminate
Durante le fasi di smantellamento degli impianti, è essenziale inoltre identificare accuratamente le aree contaminate esclusivamente da materiale radioattivo, distinguendole chiaramente da quelle contaminate solo da amianto.
La distinzione si rendenecessaria per un trattamento differenziato dei rifiuti e una gestione accurata delle aree contaminante.
Gestione dei “rifiuti misti”
L’amianto contaminato radioattivamente deve essere trattato come “rifiuto misto”, poiché presenta una doppia contaminazione.
È fondamentale individuare e gestire correttamente le aree e i rifiuti con contaminazione mista, ovvero con entrambe le tipologie di contaminazione.
Quanto alla priorità nella destinazione dei rifiuti, essa è data al rischio nucleare rispetto al rischio amianto.
Vediamo adesso quali sono le centrali nucleari presenti in Italia.
Trino Vercellese
Nel contesto delle operazioni di bonifica dalle sostanze pericolose, l’amianto ha rappresentato una sfida particolarmente impegnativa nel sito di Trino Vercellese. Rilievi e analisi dettagliate hanno permesso di mappare accuratamente i manufatti contenenti amianto e i materiali potenzialmente pericolosi all’interno dell’area.
Sin dai primi interventi, una serie di campagne di bonifica, affidate a ditte specializzate, hanno portato alla rimozione quasi totale dell’amianto dal sito, un processo protrattosi dal 1997 al 2019.
Le operazioni hanno richiesto precisione e competenza tecnica, mirando alla sicurezza dei lavoratori e alla protezione dell’ambiente circostante.
Nel corso delle varie fasi, tra il 2005 e il 2008, sono state inviate a discarica 133 tonnellate di coibentazioni contenenti amianto e fibre minerali. Successivamente, nel 2016, sono state eseguite operazioni di rimozione dell’amianto da diverse aree critiche, tra cui la testa del vessel, il sottoquadro e il locale delle batterie, oltre al coibente posto sulla testa del reattore.
Ulteriori interventi nel 2017 hanno incluso la rimozione dell’amianto nella sala macchine e nel sottoquadro, generando circa 3 tonnellate di rifiuti codificati come CER 170601.
Nel 2019, l’attenzione si è concentrata sulla rimozione del cartonfeltro contenente amianto negli edifici risalenti agli anni ’60, con una quantità stimata di amianto pari a circa 0,5 tonnellate.
Ancora amianto nel sito
Tuttavia, nonostante gli sforzi considerevoli, resta ancora una quantità stimata di amianto da bonificare, ammontante a circa 3,5 tonnellate.
Tale residuo è principalmente concentrato nelle penetrazioni del contenitore, nei locali delle batterie e del sottoquadro, nel locale della ventilazione, nella sala manovra e nel laboratorio LPA, oltre alle guarnizioni degli scambiatori di calore e al cartonfeltro nelle guaine impermeabilizzanti delle coperture di vari locali.
L’obiettivo finale resta la completa rimozione delle solette, comportando un’ulteriore quantità stimata di rifiuti contenenti amianto pari a 65 tonnellate. Questo impegno continuo dimostra la complessità delle operazioni di bonifica e la necessità di un approccio attento e mirato per garantire la sicurezza e la tutela dell’ambiente, sottolineando l’importanza di procedure rigorose per affrontare la presenza di amianto in contesti industriali complessi come Trino Vercellese.
Utile precisare che uno studio epidemiologico condotto sugli abitanti che vivono in prossimità degli impianti nucleari di Trino 71, ha evidenziato eccessi rispetto alla media nazionale per neoplasie del sistema nervoso, leucemie, mesotelioma pleurico e peritoneo, riconducibili all’esposizione all’amianto.
La rimozione dell’amianto nella centrale nucleare di Caorso
Nel cammino verso una dismissione sicura, la centrale nucleare di Caorso, in provincia di Piacenza, ha affrontato complessi processi di bonifica riguardanti la presenza di amianto.
A condurre le operazioni tra il 2001 e il 2014, è stata SOGIN, una società di Stato incaricata del decommissioning.
Le attività di bonifica condotte nel 2019 hanno contribuito a migliorare ulteriormente la sicurezza ambientale all’interno del complesso.
Esse si sono focalizzate sulla rimozione di barriere antifiamma da due quadri elettrici, dagli imbocchi dei caviotti nell’edificio ex-torri RHR, nonché da due pozzetti passacavi situati nel piazzale retrostante l’edificio Diesel d’emergenza.
Inoltre, è stata eseguita la rimozione di flange sui passi d’uomo dei serbatoi interrati di gasolio n. 3 e 4, che servivano il sistema P61, ovvero le caldaie per il riscaldamento.
Attualmente, si sta monitorando attentamente la presenza di ulteriori materiali contenenti amianto ancora presenti all’interno dell’area.
Questa fase di monitoraggio è ovviamente indispensabile per garantire che tutte i residui di amianto siano identificati e gestiti in modo appropriato, in linea con le rigorose normative di sicurezza e ambientali.
Decommissioning nella centrale nucleare di Latina
La centrale nucleare di Latina, nel suo impegno verso il decommissioning responsabile, ha affrontato sfide significative legate alla presenza di amianto all’interno del complesso. Nel 2014, è stato avviato il processo di smantellamento degli involucri delle soffianti, un’operazione protrattasi fino a settembre 2016 a causa della scoperta di fibre di amianto all’interno del materiale coibente, che sono state prontamente rimosse.
Le operazioni di bonifica hanno coinvolto l’edificio reattore, contaminato da questa sostanza pericolosa. La risposta è stata la realizzazione di una nuova rete di distribuzione elettrica a bassa tensione, garantendo standard di sicurezza elevati e conformità alle normative in materia di salute e ambiente.
Attualmente, sono in corso ulteriori attività di rimozione di Materiali Contenenti Amianto (MCA), interrati in tre diverse zone adiacenti alla centrale, con la previsione di produrre circa 0,6 tonnellate di rifiuti.
In ogni caso, si prevede ancora la necessità di completare le operazioni di rimozione nell’area B, dove sono stati rilevati quantitativi di MCA superiori alle attese, fino a una profondità di 4 metri.
Il completamento di tali attività comporterà la produzione di una varietà di rifiuti da smaltire in conformità alle regolamentazioni ambientali e di sicurezza.
Secondo le previsioni, si potrebbero generare terre e rocce da scavo per un totale di 10.000 tonnellate, imballaggi plastici per circa 20 tonnellate, fanghi per 50 tonnellate e terre e rocce da scavo pericolose pari a 51.400 tonnellate.
Gestione del decommissioning nella centrale del Garigliano
La centrale del Garigliano, situata tra i confini di Lazio e Campania, ha rappresentato un importante impianto energetico dopo la sua inaugurazione nell’aprile del 1964, contribuendo complessivamente alla produzione di 12,5 kWh di energia elettrica. Tuttavia, a partire dal 2000, sono state avviate le fasi di decommissioning, segnando l’inizio di un complesso processo di dismissione.
Uno dei primi passi verso il decommissioning è stato il processo di bonifica dall’amianto, avviato a dicembre 2013.
L’operazione ha visto la rimozione di 158 tonnellate di amianto, di cui 85 tonnellate provenienti dall’edificio turbina e 73 tonnellate dall’edificio reattore. Di queste, 133 tonnellate erano contaminate da radioattività e sono state temporaneamente stoccate nell’edificio ex diesel, mentre il materiale non radioattivo è stato affidato alla SITA Italia per il trasferimento in Germania.
Secondo le affermazioni di SOGIN, l’ultimo trasporto di questo materiale è stato a carico della Nucleo spa e ha visto lo smaltimento preliminare presso l’impianto della Zetadi srl a Ferno, in provincia di Varese.
Inutile sottolineare che i trasferimenti e smaltimenti di materiali contaminati da amianto, soprattutto quando si tratta di rifiuti radioattivi, richiedono una gestione attenta e conforme alle rigorose normative ambientali e di sicurezza.
Bosco di Marengo e Saluggia
L’impianto FN di Bosco di Marengo (Alessandria), negli anni ’90, ha avviato una significativa campagna di supercompattazione che ha coinvolto oltre 2.600 fusti, rappresentando un passo avanti nella gestione dei rifiuti. In tempi più recenti, l’impianto ha concentrato sforzi nella bonifica dall’amianto e nel riconfezionamento dei rifiuti radioattivi, dimostrando un impegno costante nella gestione responsabile dei materiali pericolosi.
L’impianto EUREX di Saluggia (Vercelli), oggetto di recenti censimenti da parte di SOGIN, ha evidenziato la presenza di diversi locali all’interno dei quali potrebbe sussistere il rischio di dispersione di fibre di amianto nell’aria. In particolare, tali aree ospitano coperture in cemento amianto, la cui condizione è stata valutata come discreta e monitorata annualmente per garantirne la stabilità e la sicurezza.
I due impianti, seppur con caratteristiche e storie differenti, si uniscono nel loro impegno comune per garantire la sicurezza ambientale e il rispetto delle normative in materia di rifiuti pericolosi.
Misure di sicurezza e gestione internazionale delle questioni ambientali
La gestione sicura dell’amianto e delle questioni nucleari richiede l’adozione di specifiche misure di sicurezza per garantire la protezione dei lavoratori e l’ambiente circostante. Tra queste misure, la designazione di un Responsabile del Rischio Amianto (RRA) rappresenta un punto fondamentale , garantendo un’adeguata supervisione delle operazioni e la conformità alle normative.
Mantenere aggiornati documenti come il censimento con indicazioni precise sulla posizione e sulla quantità di materiali contenenti amianto (MCA), oltre all’aggiornamento dei database sui quantitativi rimasti in loco, costituiscono una pratica essenziale. È fondamentale ripetere la valutazione del rischio in caso di eventi accidentali o manutenzioni che potrebbero alterare lo stato di conservazione dei MCA.
Le comunicazioni prescritte dalle normative vigenti devono essere effettuate correttamente, come la presentazione dei Piani di Lavoro Amianto alle AUSL. Inoltre, prevedere piani emergenziali specifici in caso di infortuni è un’ulteriore precauzione necessaria.
Considerando l’impegno fisico richiesto e le dosi di radiazioni presenti, è essenziale prevedere turni ridotti e pause programmate per i lavoratori. Le condizioni meteoclimatiche variabili devono essere gestite con attenzione, soprattutto in presenza di escursioni termiche significative o condizioni climatiche estreme.
La gestione delle problematiche legate all’amianto e alla nucleare non si limita all’ambito locale.
E le sfide non finiscono qui…
A livello internazionale, alcune sfide richiedono particolare attenzione e soluzioni innovative. Ad esempio, i sottomarini a propulsione nucleare risultano spesso coibentati con significativi quantitativi di amianto friabile, richiedendo strategie di gestione specifiche.
Un’altra problematica internazionale riguarda i rifiuti misti, contenenti sia materiali radioattivi sia amianto. Lo smaltimento di tali rifiuti in discariche autorizzate è stato comune fino ad oggi, ma paesi come l’Italia possono trovarsi a corto di spazio disponibile in queste discariche.
Soluzioni fattibili?
Una soluzione promettente coinvolge il trattamento dei rifiuti misti mediante processi di immobilizzazione dei radionuclidi e di inertizzazione dell’amianto.
Questi processi possono stabilizzare l’amianto in matrici cementizie o vetrificarlo, riducendo notevolmente il volume dei rifiuti da gestire.
La vetrificazione, ad esempio, trattiene la maggior parte dei metalli e dei radionuclidi, consentendo il riciclo dei sottoprodotti inerti risultanti dal trattamento. La frantumazione per la produzione di granulati inerte per usi come sottofondi stradali rappresenta un esempio di approccio in linea con i principi dell’Economia Circolare.
Insomma, questi processi offrono soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide ambientali e di sicurezza legate alla gestione dell’amianto e dei rifiuti radioattivi, promuovendo al contempo l’utilizzo responsabile e sostenibile delle risorse?
ONA sulla gestione dei materiali radioattivi e contendenti amianto nelle centrali
L’Osservatorio Nazionale Amianto, presieduto dall’Avv. Ezio Bonanni ha le idee chiare sulla questione .
«La gestione dei liquidi contaminati da radionuclidi richiede impegno e soluzioni innovative. È imperativo garantire la sicurezza ambientale e umana mediante strategie efficaci e una vigilanza costante. L’Osservatorio Nazionale Amianto si erge come baluardo nella lotta contro i pericoli ambientali. Con determinazione e responsabilità, sosteniamo la necessità di adottare pratiche sicure e avanzate nel trattamento di tali liquidi, assicurando un futuro più sicuro e sostenibile per tutti», afferma l’Avv. Bonanni.
Riferimenti
Il materiale che segue è frutto di un seminario del 2021, curato da un’equipe composta dalla dott.ssa Federica Paglietti, dal dott. Sergio Bellagamba e dal dott. Sergio Malinconico del Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti Produttivi e Insediamenti Antropici.
Fonti
INAIL.it