Plutonio nelle alghe dell’arcipelago della Maddalena
Francesco Spinelli era dipendente di una ditta privata, la Gemmo, che aveva assunto in appalto specifiche attività della Marina Militare. Aveva lavorato al cantiere dell’isola di Santo Stefano in Sardegna, all’interno della base navale della Marina. Principalmente come gruista dal 21 marzo del 2002 fino al 17 dicembre 2007.
Inoltre, svolgeva mansioni di carico e scarico di merci, combustibili, armi, munizioni, nelle navi e nei sottomarini. Si occupava anche della manutenzione del rivestimento delle tubazioni di scarico e delle guarnizioni delle frange.
Per tutto il periodo di servizio «è stato esposto a fibre di amianto in modo continuativo, abituale, costante e diretto a sostanze pericolose, agenti fisici e chimici, cancerogeni, mutageni e teratogeni, per di più in assenza di strumenti di prevenzione tecnica e protezione individuale».
I primi segnali di malessere, ci ha spiegato Adolfo, furono tardivi. Quando suo padre venne sottoposto ad accertamenti ed esami, scoprirono che il tumore era già in metastasi. Spinelli si spense nel giro di tre mesi.
«Era l’8 dicembre del 2007, il giorno dell’Immacolata, quando ebbe un mancamento. Seguirono convulsioni e lo portammo all’Ospedale di La Maddalena dove il 12 gennaio venne ricoverato. Fu dimesso dopo un mese. Non c’era più nulla da fare.
Non gli abbiamo mai detto che aveva un tumore ma se ne rese conto subito e si lasciò andare senza reagire. Il medico ci disse di evitare di portarlo in altri ospedali perché avrebbe avuto vita breve.
Le poche volte che stava a casa non ragionava, il tumore lo aveva consumato. In tre mesi era arrivato a pesare 40 chili.
Nessun antidolorifico poteva alleviare il suo malessere
«L’ultima settimana – continua Adolfo- pregavo il Signore che lo portasse via. Non c’era nessun antidolorifico che potesse alleviare il suo malessere.
Il dolore era talmente forte che aveva sul viso una smorfia di sofferenza continua, non riusciva neanche a parlare, aveva gli occhi chiusi.
Quando venne mio nipote a trovarlo fu l’ultima volta che mio padre aprì gli occhi. Lo salutò e morì nel giro di venti minuti.
Dopo la morte il viso tornò sereno, non aveva più quell’immagine di sofferenza che lo aveva accompagnato negli ultimi mesi».
Francesco è morto il 26 marzo del 2008 lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di sua moglie e dei suoi figli. Aveva conosciuto Lucia perché i genitori di entrambi erano militari e si erano incontrati a Napoli. A soli quindici anni decisero, per amore, di sposarsi.
«Eravamo sconvolti, dopo la sua morte. Mia madre, tutt’ora è molto arrabbiata perché papà sarebbe vissuto più a lungo se avessero adottato adeguate protezioni e se non fosse stato continuamente a contatto con l’asbesto».
Per avere giustizia, la famiglia Spinelli ha contattato l’avvocato Ezio Bonanni.
«Mio padre è morto per svolgere il suo lavoro, a contatto con sostanze radioattive che provenivano dall’incidente del sottomarino e l’amianto che era presente nella base militare in cui lavorava».
La presenza di amianto nella base militare
Era il 24 ottobre del 2003 quando il sottomarino nucleare americano Hartford, lasciando la base della Marina Militare dell’isola di Santo Stefano si era incagliato sul fondo dell’Isola delle Bisce (arcipelago di La Maddalena).
Il sottomarino presentava profonde lacerazioni e quando l’incidente fu reso pubblico, il 12 novembre del 2003, suscitò clamore e dissenso da parte di tutti.
Nella pubblicazione del prof. Massimo Zucchetti (del Politecnico di Torino) dal titolo: “Impatto ambientale e sanitario delle basi militari in Italia – Il caso Sardegna: Maddalena e Quirra”, attraverso un’indagine scientifica da lui condotta, furono individuate tracce di plutonio, elemento non naturale, nelle alghe dell’arcipelago della Maddalena.
Quindi, una ricerca autonoma e indipendente condotta dallo stesso prof. Zucchetti e dal prof. Fabrizio Aumento (Università della Tuscia, Viterbo), documenta e misura la presenza di plutonio direttamente riconducibile alle attività dei sottomarini atomici Usa della Base in Sardegna.
Tale indagine ha accertato che l’incidente occorso al sommergibile atomico “Hartford”, ha certamente causato effetti di inquinamento ambientale marino.
L’analisi della radioattività in differenti tipi di alghe marine raccolte nella zona intorno all’incidente, confrontando i valori di radioattività con quelli di altre aree del Mediterraneo è durata dal 20 febbraio all’8 maggio del 2004.
Inoltre, nell’immagine estrapolata dalla consulenza del dott. Arturo Cianciosi si possono notare i siti marini dove è stata riscontrata maggiore intensità di radioattività.
L’incidente del sottomarino nucleare Hartford
“Il giorno dell’incidente del sottomarino ero al cinema. Improvvisamente ho sentito un boato” – continua il figlio di Spinelli Adolfo- il sottomarino aveva urtato contro l’Isola delle Bisce e presentava alcune lacerazioni profonde”.
“Tutti avevano pensato a un terremoto. Solo un mese dopo si è saputo che c’era una falla nel sottomarino.
Mio padre ha continuato a svolgere il suo servizio normalmente, come se non fosse successo nulla.
Nessuno sapeva niente, non ci hanno mai detto che c’era pericolo di radiazioni anche perché io ero dipendente della base americana. Hanno insabbiato tutto. Il comandante del sottomarino fu trasferito.
Solo a distanza di anni siamo venuti a conoscenza dei pericoli cui papà è stato esposto, per il fatto che c’era stato un alto picco di radioattività. Dopo l’incidente gli americani iniziarono i lavori di rinnovo della base che prevedeva l’osservanza delle norme di tutela ambientale”
“Il comandante Gregor Parker e il commodoro R. Van Metre, responsabile del gruppo di sottomarini, vennero rimossi dall’incarico. La base venne chiusa nel 2008.
Poi, abbiamo saputo anche dell’amianto perché ha provocato moltissimi morti nella Marina militare. Le basi militari, il capannone, l’arsenale erano piene di amianto”.
In effetti, secondo le indagini del dott. Cianciosi nella rada di Santo Stefano è stata rilevata una radioattività maggiore rispetto a quelle effettuate a Palau-Capo D’ Orso, La Maddalena e il lato occidentale dell’Isola di Caprera.
Un anno prima dell’incidente del sottomarino Hartford, a Novembre del 2002, il sottomarino Uss Oklahoma City, sempre partito dall’Isola di Santo Stefano, urtò una petroliera norvegese a est dello Stretto Gibilterra.
I lavori alla base di Santo Stefano
La base era stata aperta nel 1972 in seguito ad un accordo i cui piani, mai stati resi noti, stipulati tra il governo italiano presieduto da Giulio Andreotti e quello degli Stati Uniti, al fine di aprire, a Santo Stefano, una base della Marina Usa, nell’ambito del sistema di difesa della Nato.
L’iter per i lavori nella base di Santo Stefano iniziò nel 2003.
Nel 2004 un istituto di ricerca francese, il Criirad, che aveva analizzato i campioni di alghe nei pressi della Maddalena, aveva segnalato valori di radioattività 400 volte superiori alla norma.
Ci fu anche un’indagine coordinata da Legambiente la quale rilevava una concentrazione piuttosto alta di uranio 238 in alcune specie di alghe. Il fattore-secondo i ricercatori ambientalisti-era dovuto a perdite accidentali di radionuclidi o dai reattori dei sommergibili, oppure durante la delicatissima operazione di sostituzione di combustibile nucleare.
“Spero che presto avremo giustizia per mio padre -conclude Adolfo.
Questo non lo ripoterà in vita ma aprirà gli occhi a tutti coloro che sono morti e rischiano ancora oggi di ammalarsi per le incuranze e le omissioni di quelli che hanno insabbiato le cose a discapito dei lavoratori”.
Un posto bellissimo, quello della Maddalena, ma sono troppe le persone che sono morte a causa dell’amianto e delle radiazioni.