In 50 anni è andato perso il 69% della fauna selvatica. È il dato del Living planet report (Lpr) 2022 del Wwf che spiega come sono ridotti notevolmente gli esemplari di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci.
Fauna selvatica, preoccupano America Latina e Caraibi
Preoccupanti i numeri riferiti all’America Latina e ai Caraibi: qui la perdita di fauna selvatica ha raggiunto il 94%.
L’Lpr monitora quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie di vertebrati. Dopo aver raccolto questi dati il Wwf ha lanciato un appello per la COP15 di dicembre. “Ci aspettiamo un ambizioso accordo”.
Fauna selvatica, cos’è la Cop15
La convenzione delle Nazioni Unite è un accordo tra i Paesi del mondo per proteggere la natura e l’ambiente che ci circonda. È stata firmata per la prima volta al Summit della Terra a Rio de Janeiro nel 1992. Il trattato internazionale indica come difendere la biodiversità e ha l’obiettivo dell’equa condivisione dei benefici delle risorse naturali.
Negli ultimi anni, nonostante proclami ed intenti poco è cambiato e per questo la Cop15 è ancora più importante.
Cambiamento climatico e perdita di biodiversità
“Una doppia emergenza, il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità – ha spiegato il direttore generale del Wwf Internazionale, Marco Lambertini – minaccia il benessere delle generazioni attuali e future”.
“Il Wwf è estremamente preoccupato da questi nuovi dati – ha continuato – che mostrano un calo devastante delle popolazioni di fauna selvatica, in particolare nelle regioni tropicali che ospitano alcune delle aree più ricche di biodiversità al mondo”.
Nel Living planet report si trovano le specie più a rischio, il cui numero è diminuito negli anni in modo preoccupante. Tra questi i delfini rosa di fiume dell’Amazzonia: ce ne sono il 65% in meno e il calo si è verificato in 20 anni, tra il 1994 e il 2016 nella Riserva brasiliana di Mamirauá. I gorilla di pianura orientale, con un crollo dell’80% nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega, in Congo, tra il 1994 e il 2019. In pericolo anche i cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale, il cui numero è calato di due terzi tra il 1977 e il 2019.
Necessario dimezzare l’impronta globale di produzione
“Senza un cambiamento strutturale nelle nostre politiche, economie, abitudini – ha commentato il presidente del Wwf Italia, Luciano Di Tizio – quasi nessuno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu potrà essere raggiunto. Per invertire la perdita di natura e garantire un futuro più sicuro e sano per tutti è indispensabile dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030″.