NELLE NAVI, L’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO HA RAPPRESENTATO PER ANNI UN PERICOLO SILENZIOSO PER LA SALUTE DEI LAVORATORI. IL MINERALE È STATO AMPIAMENTE UTILIZZATO PER VIA DELLE SUE PROPRIETÀ E VERSATILITÀ. GRAZIE ALL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO (ONA), IL SIG. RAFFAELE RAIA, FORTUNATAMENTE SOPRAVVISSUTO AL KILLER SILENTE, HA OTTENUTO GIUSTIZIA
Legge che fai, esposizione che resta
Nonostante il divieto assoluto imposto dalla legge italiana 257/1992 sull’utilizzo dell’amianto in tutti i settori, quindi anche quello navale, emergono dati allarmanti che mettono in discussione l’efficacia di tali normative: l’esposizione non è ancora finita.
La Convenzione internazionale Solas, che regola la sicurezza in mare, ha vietato l’uso del pericoloso minerale sulle navi mercantili solo negli ultimi dieci anni. Tuttavia, molte delle navi in servizio sono state costruite prima di questo divieto e ancora contengono questo elemento.
Il VII rapporto ReNaM
Secondo il VII rapporto ReNaM, dal 1993 sono stati registrati oltre 2mila casi di mesotelioma tra i lavoratori del settore del trasporto marittimo, dei cantieri navali e della Difesa.
In aggiunta, visti i lunghi tempi di latenza fra l’esposizione e l’insorgenza della malattia, c’è chi si ammala ancora oggi, dopo qualche decennio.
Questo è il caso di Raffaele Raia, (79 anni) operaio manutentore impiegato per oltre quarant’anni sulle navi della marina mercantile e per Costa Armatori, che si è ammalto di “ispessimenti pelurici”.
L’INPS ha contestato la durata dell’esposizione, fermandosi al 1992, senza riconoscere il periodo successivo svolto con le stesse mansioni, nello stesso ambiente di lavoro e senza che le navi fossero state bonificate. L’ente aveva pertanto rifiutato di riconoscere la rivalutazione e l’adeguamento della prestazione pensionistica e la ricostituzione della posizione contributiva, in godimento dei benefici ex art. 13, comma 7 della legge 257/92.
Grazie al ricorso al Tribunale di Torre Annunziata, dell’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), il sig. Raia, ha finalmente ottenuto giustizia. Il giudice ha concesso i benefici spettanti oltre a una liquidazione su tutti i ratei maturati dal dicembre 2020. La sentenza rappresenta un importante punto di partenza per un cambiamento tangibile nella cultura della sicurezza del lavoro, affinché nessun altro lavoratore debba lottare per ottenere i propri diritti fondamentali.
Il Caso del Sig. Raia: storia di un’ordinaria esposizione
Raffaele Raia, originario di Torre del Greco (NA) è stato esposto a fibre e polveri di amianto, per oltre quarant’anni, (dal 1961 al 2003), sia durante le attività di imbarco sulle unità navali della marina mercantile sia prestando servizio come dipendente al servizio di Costa Armatori S.p.A.. Nello specifico, il sig. Raffaele svolgeva mansioni di operaio, prima motorista poi meccanico e successivamente tornitore. Attività che determinavano sia un’esposizione diretta sia indiretta, dal momento che gli ambienti erano contaminati dalle polveri e dai rivestimenti che si aerodisperdevano.
Utile ricordare che fino agli anni ‘80, l’amianto regnava sovrano nei cantieri navali, trovando impiego in una vasta gamma di componenti soggetti a calore e tensione. Era utilizzato come componente essenziale dei rivestimenti, degli interni, degli arredi, sotto forma di coibentazione della sala macchine, dei motori, di tutte le tubazioni, era spruzzato alle pareti per isolarle e insonorizzarle, nei locali pompe, nonché commercializzato sotto forma di materiali vari, quindi caricato, stivato e trasportato dalle navi. Le officine erano costituite da uno stanzino aperto, senza finestre. In questi ambienti erano presenti tubi rivestiti in amianto. E l’amianto era presente anche nella cabina che ospitava Raffaele. Impossibile sfuggire al pericoloso “killer silente”. In aggiunta, Raia utilizzava DPI (dispositivi di protezione individuale) come guanti e grembiuli, intessuti di amianto per proteggersi dall’elevato calore. Il lavoratore era andato in pensione nel 2008 e dopo undici anni, nel 2019, era emersa una patologia asbesto correlata, accertata dall’INAIL nel marzo del 2020. L’ex dipendente aveva pertanto chiesto l’adeguamento dei ratei della pensione di godimento ai sensi della normativa vigente. Oggi giustizia è fatta.