Parla Luigi Giovannelli, ex dipendente della Bridgestone
La Puglia, una delle regioni più belle d’Italia, vanta luoghi pregevoli.
Come Castel del Monte ad Andria, una costruzione suggestiva sia per la particolare architettura sia per le misteriose storie che lo vedono legato all’antico ordine dei Cavalieri Templari.
La penisola del Salento, che con le sue acque cristalline è riconosciuta come una delle zone balneari più belle d’Italia.
Città bellissime come Lecce e Bari, Polignano a Mare, luogo magico che ispirò il celebre cantautore Domenico Modugno.
Sono solo alcuni dei posti più belli della Puglia.
Eppure, questa regione è una delle zone più colpite da tumori polmonari e patologie asbesto correlate: “l’ONA stima che in Puglia siano circa 5mila i morti causati o concausati dall’esposizione all’amianto nel periodo 1993/2015.
Dunque, circa 220 l’anno, per le sole patologie asbesto correlate. E statisticamente i tumori polmonari sono circa il doppio dei mesoteliomi, a cui vanno aggiunte le altre patologie causate dalla diossina e dagli altri inquinanti”.
«Le cause vanno ricercate nelle fabbriche in cui tutt’ora è presente l’amianto, nell’ex Ilva e in molti altri siti che andrebbero bonificati ma c’è veramente molta collusione e il tutto viene insabbiato».
Parole riportate durante l’intervista da a Luigi Giovannelli, ex dipendente della Bridgestone di Modugno, socio fondatore dell’ONA in Puglia al fianco dell’avvocato Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.
La storia di Luigi Giovannelli
Luigi ha lavorato dal 1987 alle dipendenze della Bridgestone Italia Manufacturing S.p.A. con la mansione di operaio specializzato nel reparto confezionamento, poi come operaio addetto al controllo qualità e uniformità degli pneumatici.
La Bridgestone di Modugno, alle porte di Bari, è una multinazionale che produce pneumatici per autovetture e autocarri.
La produzione aziendale, fino al 1990, era di circa 10.350 pneumatici al giorno per autovetture leggere e di circa 600 per autotreni.
Giovannelli, ci descrive dove era l’amianto in azienda?
«Nella Bridgestone l’amianto era presente in matrice friabile e compatta, utilizzato sia in produzione, come materia prima – sembrava talco, serviva per non far attaccare la gomma -, sia come materiale di coibentazione e rivestimento degli impianti, delle macchine, delle presse, dei serbatoi ,delle tubazioni ,delle caldaie, della centrale termica, dei DPI(Dispositivi di Protezione Individuale) in grado di isolare dalle alte temperature di lavorazione».
Ci risulta che l’amianto era presente anche nei sistemi di frenatura
«Si. I ferodi dei freni erano in asbesto, che durante il ciclo di lavorazione rilasciavano nell’aria notevoli quantità di fibre».
La fibra killer era presente ovunque, legale fino al 1992, ma ben occultata negli anni che seguirono l’uscita della legge.
I capannoni industriali della Bridgestone erano costituiti con contro soffitto e copertura di eternit.
Le onduline di cemento amianto
«Si, le onduline in cattivo stato di manutenzione rilasciavano, con lo sfaldamento, le fibre killer. L’asbesto, inoltre, era presente nelle piastre isolanti delle presse utilizzate per la vulcanizzazione ad alte temperature dello pneumatico».
Quindi tutti gli operatori in azienda erano esposti all’amianto
“La presenza di amianto, presso il sito di Modugno e l’esposizione oltre la soglia delle 100 fibre/ litro , di tutti gli operatori del sito, è da ricondurre fino a tempi recenti».
Ci sono documenti che lo dimostrano?
«Si. C’è la relazione datoriale del 2014, i piani di lavoro di bonifica documentati al 2007, le indagini espletate dalla Procura della Repubblica, presso il tribunale di Bari, nell’ambito del proc. 19378 11 nel quale, dopo la chiusura delle indagini preliminari è seguito il rinvio a giudizio dei responsabili della società Bridgestone-Firestone Italia Spa per aver esposto a materiale nocivo e a polveri e fibre di amianto i proprio dipendenti».
Giovannelli, quando ha iniziato a lavorare alla Bridgestone?
«Nel 1986, allora si chiamava Firestone. L’amianto era legale fino al 1992 e questa e altre fabbriche sono state costruite prima. L’amianto era presente nelle macchine, nelle condotte di aereazione e nelle tubazioni.
Anche le protezioni erano in amianto, gli utensili per la lavorazione erano rivestiti di questo materiale perché isolava dal caldo».
Quando è venuto a conoscenza della pericolosità dell’amianto?
«Con l’uscita della legge 257 del ’92. In fabbrica avevamo i sindacati classici CGIL CISL UIL, sempre legati all’azienda, che hanno cercato di celare la presenza di amianto all’interno della stessa».
Lei era iscritto a un sindacato?
«Io, all’epoca, facevo parte della CGIL e insieme ad altri colleghi, sensibili alla problematica amianto, abbiamo deciso di costituire un nuovo gruppo per portare alla luce questa faccenda. Nel 2000, poi, facevo parte anche della presidenza delle ACLI e riuscii a coinvolgere i lavoratori esposti all’asbesto e. Creammo un nucleo lavoratori composto sia dai dipendenti della Bridgestone sia da quelli di altre aziende all’interno delle quali erano presenti l’asbesto e altre sostanze nocive».
Nel frattempo continuava a lavorare per la Bridgestone nonostante sapesse di essere esposto alla fibra killer?
«Sì. Lavorai per loro fino al 2013».
Vi siete rivolti a qualche struttura sanitaria?
«Io e gli altri ci sottoponemmo a uno screening sanitario perché riuscii a coinvolgere qualche medico del policlinico che si era reso disponibile al fine di trovare le correlazioni tra le malattie e la presenza della fibra killer in queste aziende».
Non avete mai esposto denuncia?
«Mi sono sempre esposto e ho subito minacce a livello sindacale e dirigenziale perché sapevano che il mio obiettivo e quello degli altri era lavorare in un ambiente salutare senza esposizione a cancerogeni e sostanze inquinanti».
Avete mai informato cittadini e lavoratori riguardo la pericolosità dell’asbesto?
«Organizzammo il primo convegno nel 2000 proprio per i lavoratori esposti ad amianto e nel 2006 organizzammo un convegno con la presenza del giudice che ha dato le prime sentenze positive riguardo la correlazione tra amianto e patologie tumorali correlate all’inalazione delle sue fibre. Erano presenti anche soggetti politici».
Perché ha deciso di rivolgersi all’avvocato Ezio Bonanni?
«Mi sono rivolto a Bonanni insieme ai miei colleghi per fare richiesta di riconoscimento della malattia professionale all’INAIL».
Cosa descriveva la diagnosi?
«Ispessimento della pleura che venne diagnosticata a 50 persone».
Quindi ha deciso di aderire all’ONA
«Ora, con l’aiuto e il supporto dell’avv. Bonanni sto fondando il coordinamento regionale dell’ONA in Puglia, sono portatore delle difficili situazioni che si sono create in questa zona, per tutelare coloro che si sono ammalati lavorando a contatto con la fibra killer».
È stata una sua idea?
«Si, inizialmente per il fatto che sono stato esposto all’amianto presente nella Bridgestone ma non è solo un fatto personale. Anche per supportare i lavoratori e informarli riguardo le patologie asbesto correlate».
Quindi la Bridgestone era a conoscenza dell’amianto in fabbrica?
“Sì ma c’è molta collusione. Nonostante abbiano più di 400 perizie di CTU positive del Tribunale non si capisce perché queste malattie professionali non vengano riconosciute dall’INAIL».
Secondo il VI Rapporto ReNaM, per la Regione Puglia i mesoteliomi ufficialmente registrati sono stati 1.191, nel periodo tra il 1993 e il 2015, pari al 4,4% di quelli registrati nel Paese; nel 67,2% dei casi causati da esposizione all’amianto di tipo professionale. I dati aggiornati sono disponibili nel VII Rapporto ReNaM.
L’unica soluzione per tutelare i lavoratori sarebbe di porre luce su questa oscura e occultata faccenda.