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sabato, Marzo 22, 2025

Commissione d’inchiesta sui casi Orlandi, Gregori e Cesaroni

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Emanuela Orlandi, Mirella Gregori e Simonetta Cesaroni avranno mai giustizia? In arrivo una proposta per istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sui tre casi irrisolti.

Orlandi – Gregori – Cesaroni: vittime del silenzio

Emanuela Orlandi e non solo. Martedì 20 dicembre – Sala Stampa della Camera dei Deputati (Roma). Presentata la proposta per istituire una Commissione Parlamentare di Inchiesta su tre casi scottanti: il rapimento di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. 

Tra gli intervenuti: il deputato Roberto Morassut (PD), primo firmatario della proposta, la deputata Stefania Ascari (M5S), relatrice della relazione sul caso Cesaroni alla Commissione Antimafia, il senatore Carlo Calenda (Azione – IV) e le avvocatesse delle famiglie Cesaroni e Orlandi, Federica Mondani e Laura Sgrò. 

Presente anche Giancarlo Capaldo, già procuratore generale aggiunto di Roma e le famiglie. 

Emanuela Orlandi e le responsabilità del Vaticano

Il 22 giugno 1983, il rapimento della cittadina vaticana Emanuela Orlandi, all’epoca dei fatti quindicenne, fece il giro del mondo. Sulla vicenda si sono da sempre formulate le ipotesi più disparate, dalla pedofilia, ai riti satanici all’interno del Vaticano. Tanti, forse troppi mitomani hanno lucrato sulla vicenda, complice una stampa a caccia di scoop. Non parliamo dei depistaggi…

A partire dalle dichiarazioni del “lupo grigio Ali Agca , passando per il pentito di mafia Vincenzo Calcara, fino a Marco Fassoni Accetti, autoaccusatosi di essere “l’americano” autore delle prime telefonate a casa Orlandi, si è sentito di tutto. Capitolo a parte meriterebbe la connessione con la Banda della Magliana.

Se nessun tassello ha condotto alla soluzione del caso, quel che è certo è che il Vaticano si è reso complice, attraverso il suo silenzio, della mancata ricostruzione e risoluzione del mistero.

Per la Santa Sede, il rapimento di una sua cittadina è avvenuto in suolo italiano, dunque spetta all’Italia il compito di indagare. 

Insomma, in nome della “Ragion di Stato”, sacrificare un individuo o una verità cara a pochi, è un imperativo categorico.

Emanuela e Mirella Gregori: disparità di trattamento

Roma – 7 maggio 1983. Un mese prima del rapimento di Emanuela Orlandi, un’altra quindicenne, questa volta italiana, era sparita nel nulla. I due casi, sono da sempre stati messi in relazione. Entrambe avevano delle connessioni con il Vaticano, eppure il caso Gregori non ha mai avuto la medesima attenzione mediatica. Cosa che potrebbe avvalorare la tesi del rapimento Orlandi, quale “merce di scambio” per la liberazione di Agca. Ovviamente siamo sempre nel raggio delle ipotesi.

Simonetta Cesaroni: il “delitto di Via Poma”

Roma – 7 agosto 1990. La terza vittima di cui si è parlato durante la conferenza stampa è Simonetta Cesaroni, uccisa in circostanze misteriose.

La sorella di Simonetta Cesaroni, Paola

Anche in questo caso, nessuna indagine è riuscita a ricostruire la vicenda e a dare un nome all’assassino.

Tre donne, tre vittime del silenzio?

Carlo Calenda sul Vaticano 

Riguardo al silenzio, il senatore Carlo Calenda, indirizza qualche stoccata al Vaticano «sa molto di più di quello che dice. Si faccia sentire, non stia passivamente a guardare. Per quanto questo possa essere sconvolgente, noi siamo una grande Nazione laica che si rapporta con rispetto nei confronti del Vaticano, ma certamente non possiamo considerare chiusa questa vicenda».

In merito al ruolo della politica, Calenda afferma «non solo noi parlamentari dobbiamo attivarci affinché queste vicende si concludano, sarebbe un dovere del Governo farlo. Chiederemo al ministro della Giustizia Nordio di farsi sentire». 

Che la Santa Sede dica «non ne sappiamo nulla, è poco credibile e noi ci faremo sentire. Bisogna andare fino in fondo a questo caso e sarebbe utile anche per la Chiesa»– conclude Calenda. «Tanto le cose emergono. E in questo caso fanno più danno». Le istituzioni insomma devono fare le loro mosse.

Pietro Orlandi su Emanuela e sul Vaticano

Pietro Orlandi, nel lodare l’iniziativa, afferma «sono anni che cerchiamo di comunicare con i magistrati e con il Vaticano, ma non c’è mai stata alcuna risposta. Anzi, il Vaticano si rifiuta di ascoltarci, forse perché se dovessero verbalizzare ciò che abbiamo da dire, emergerebbero i nomi di alcune persone importanti, inclusi dei cardinali coinvolti». 

La Commissione può fare chiarezza su molti punti? 

Probabilmente sì. «Non si tratta solo della scomparsa di una ragazzina, fatto di per sé gravissimo, c’è il coinvolgimento dello Stato Vaticano, dello Stato Italiano e di altri Paesi stranieri»- incalza Pietro Orlandi. Un mese dopo la scomparsa di Emanuela, ci fu un meeting tra lo Stato Vaticano e la Presidenza del Consiglio italiano. «L’invito era quello di non aprire una falla che difficilmente si sarebbe potuta chiudere. Questo fa capire che già un mese dopo tutti avevano consapevolezza di ciò che poteva essere successo e delle conseguenze che avrebbe avuto la storia, se fosse stata portata a galla».

Il ruolo degli analisti che ascoltarono la voce di Emanuela

Nel corso degli anni, sono emerse le analisi delle registrazioni di alcune voci datate 17 luglio 1983, in cui si evidenzierebbero delle “torture” presumibilmente a danno di Emanuela.

Il primo ad ascoltarne il contenuto fu il padre di Emanuela, il quale riconobbe in un punto la voce della figlia. Ebbene, gli esperti chiamati ad analizzare tali registrazioni, chiamarono la famiglia Orlandi dopo qualche giorno, per smentire che la voce appartenesse effettivamente alla ragazza.

«Si tratta di spezzoni di un film porno, affermarono. Io non ho mai voluto ascoltare la cassetta» – dichiara Pietro «l’ho ascoltata per la prima volta appena è stata chiusa l’inchiesta. Ad un certo punto ho sentito una frase di senso compiuto e ho riconosciuto mia sorella. Mi sono messo a cercare i documenti, sia in Procura sia in Archivio di Stato e ho trovato pure dei documenti del Sismi.

Gli analisti del Sismi sostenevano che la voce fosse effettivamente quella di Emanuela. Allora io mi domando, perché già all’epoca del rapimento dissero a mio padre che non era lei? Oggi, degli analisti mi hanno detto che le registrazioni furono manipolate. Io sto cercando l’audiocassetta originale, ma non esiste da nessuna parte. In Procura non c’è, forse alla Questura? Io non posso di certo entrare e chiedere queste prove, ma forse una Commissione può farlo». 

I Patti Lateranensi

Pietro Orlandi ricorda poi l’articolo 1 dei Patti Lateranensi, rivisitati nel 1984, in cui si ribadisce la massima collaborazione fra Stato italiano e Santa Sede per il “bene del Paese”. «Forse ci fu una collaborazione per cercare di nascondere le cose?» 

L’inchiesta tolta a Capaldo

Altro fatto gravissimo, secondo Pietro Orlandi, è l’aver tolto l’inchiesta sul caso Orlandi al dott. Capaldo per affidarla al dott. Pignatone. «Capaldo è stato l’unico magistrato che all’epoca ebbe il coraggio di affermare che alcune personalità del Vaticano erano a conoscenza dei fatti».

Pietro parla poi di alcune intercettazioni tra la moglie di De Pedis (boss della Banda della Magliana) e Monsignor Piero Vergari. Per l’occasione, la donna dice «Monsignore stia tranquillo che adesso ci pensa il Procuratore nostro. Lui archivia tutto». «In effetti– prosegue Orlandi- con Pignatone c’è stata l’archiviazione e adesso è stato promosso da Papa Francesco quale Presidente del Tribunale Vaticano. Sarà una coincidenza?»

Pietro Orlandi non molla

«Io busserò a tutte le porte, senza distinzione di colore o bandiera. Se dovesse essere istituita questa commissione, sono sicuro che le persone che lavoreranno si troveranno davanti a cose che non avrebbero mai immaginato!»

Intanto Pietro segue ogni ipotesi, perché ogni tassello ha un fondo di verità e non è del tutto inattendibile. Emanuela è stata vittima di un ricatto? E’ stata usata per creare l’oggetto di un ricatto? Per ricattare qualcuno? Chi lo sa?

Sta di fatto che se si tratta di un ricatto, esso dura ormai da quarant’anni, un tempo troppo lungo.

«Se il Vaticano preferisce subire i dubbi dell’opinione pubblica, è perché non può dire la verità. Loro sanno tutta la verità. Papa Francesco la conosce, Ratzinger pure, così come la conosceva Giovanni Paolo II. Ne sono convinto al 100%. Ci sono messaggi di persone molto vicine al Papa che parlano di una cassa all’interno del Vaticano (spero non di resti umani), che è stata tolta e portata da un’altra parte. In quella stanza c’è stata sicuramente Emanuela. Se mi convocano e faccio i nomi di queste persone, salterebbero fuori delle responsabilità. Ecco perché non mi ascolta nessuno».

L’ira del Vaticano 

Quando nel 1997 venne chiusa l’inchiesta, Pietro Orlandi rilasciò un’intervista al Messaggero in cui esprimeva il suo dissenso per l’archiviazione. «Due giorni dopo fui convocato dal cardinal Castillo Lara, Presidente del Governatorato. Aprì il giornale e mi disse “questo cos’è? Adesso basta con questa storia di sua sorella. Non le basta che le abbiamo dato un lavoro?»

Utile precisare che all’epoca Pietro lavorava in banca al Vaticano. «Io posso darvi indietro il mio lavoro, perché non lo scambio con la verità su mia sorella, fu la mia risposta. Lui era una persona focosa e mi disse quelle parole d’istinto, ma in realtà esprimeva tutto il pensiero della Chiesa».

Le responsabilità di Giovanni Paolo II su Emanuela 

«Ultimamente gira un audio di un ex sodale della Banda della Magliana che parla in maniera pesante di Giovanni Paolo II. Il Vaticano non dirà mai qualcosa contro di lui, perché se così fosse dovrebbero buttare le chiavi del colonnato».

L’ultima mail di Agca conferma le responsabilità di Giovanni Paolo II, ma di questo parleremo nella prossima puntata. Riguardo alla Commissione, un lavoro si concentrerà sul caso Orlandi-Gregori, l’altro sul delitto Cesaroni. 

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