In Egitto è stata ritrovata una pergamena, contenente il “catalogo stellare” di Ipparco. La mappatura, che segna la nascita della nuova scienza, si riteneva perduta.
Egitto: alla ricerca del catalogo perduto di Ipparco
Egitto-Penisola del Sinai. Il famoso “catalogo stellare” dell’astronomo Ipparco di Rodi (Nicea, 190 a.C. – Rodi, 120 a.C.), era nascosto sotto un tomo religioso, nella biblioteca del monastero ortodosso di Santa Caterina.
Adesso, la maggior parte dei suoi 146 fogli, sono stati trasferiti al Museo della Bibbia di Washington DC.
Per i ricercatori, il ritrovamento rappresenta un tesoro inestimabile.
Da secoli si cercava infatti di individuare le famose coordinate stellari, ma si riteneva che fossero andate ormai perdute.
Le pagine ritrovate, contenevano apparentemente solo il Codex Climaci Rescriptus, una raccolta di testi siriaci scritti nel X o XI secolo.
In realtà, il codice era scritto su una pergamena, che era stata raschiata dal testo più vecchio dallo scriba, in modo che potesse essere riutilizzata.
James Evans, storico dell’astronomia dell’Università di Puget Sound a Tacoma, Washington, descrive la scoperta come “rara” e “eccitante”.
L’estratto è pubblicato sul Journal for the History of Astronomy.
La prima mappa conosciuta del cielo notturno
Il catalogo di Ipparco, rappresenta il primo tentativo conosciuto di mappare l’intero cielo. Dimostra che il grande astronomo aveva davvero mappato i cieli, secoli prima di altri tentativi noti. «L’estratto illumina un momento cruciale nella nascita della scienza, quando gli astronomi sono passati dalla semplice descrizione dei modelli che vedevano nel cielo, alla misurazione e alla previsione», spiega Evans.
I misteri nascosti nella pergamena d’Egitto
Veniamo alla storia. Nel 2012, lo studioso biblico Peter Williams dell’Università di Cambridge, Regno Unito, chiese a uno dei suoi studenti, Jamie Klair, di studiare le pagine del testo come progetto estivo.
Pensava infatti che la vecchia scrittura contenesse ulteriori testi cristiani.
Il giovane, individuò casualmente un passaggio in greco, spesso attribuito all’astronomo Eratòstene di Cirene (Cirene, 267 a.C. circa – Alessandria d’Egitto, 194 a.C). Nel 2017, utilizzando una tecnologia a immagini multispettrali, i ricercatori della Early Manuscripts Electronic Library di Rolling Hills Estates, in California, e dell‘Università di Rochester a New York riesaminarono le pagine e scoprirono qualcosa si sensazionale!
Dopo aver scattato quarantadue fotografie di ogni pagina, in diverse lunghezze d’onda della luce, utilizzarono degli algoritmi informatici, per cercare combinazioni di frequenze che migliorassero la lettura del testo nascosto.
Risultato?
Nove fogli della pergamena contenevano un interessante materiale astronomico.
Le indagini portano alla luce il tesoro nascosto
Attraverso la datazione al radiocarbonio e lo stile della scrittura, i ricercatori stabilirono che il catalogo era stato trascritto intorno al V o al VI secolo a.C.
Esso riportava i miti di origine stellare di Eratòstene e parti di un famoso poema del terzo secolo a.C. chiamato Phaenomena, che descriveva le costellazioni.
Scorrendo le immagini, Williams si rese conto che contenevano del materiale alquanto insolito.
Di conseguenza, interpellò lo storico della scienza Victor Gysembergh, del centro nazionale di ricerca scientifica francese CNRS di Parigi.
E’ stato proprio il francese, a decifrare il passaggio sopravvissuto (lungo una pagina), insieme al suo collega Emmanuel Zingg dell’Università della Sorbona di Parigi.
Il codice ritrovato, parla della lunghezza e della larghezza, in gradi, della costellazione Corona Borealis, la corona settentrionale, e fornisce le coordinate per le stelle al suo estremo nord, sud, est e ovest.
«Ho capito subito che avevamo le coordinate delle stelle», afferma Gysembergh.
Come si è stabilita con certezza la paternità del catalogo
Molte sono le prove che riportano a Ipparco.
Oltre allo stile di scrittura, la precisione delle misurazioni ha permesso al team di datare le osservazioni.
«Il fenomeno della precessione – in cui la Terra oscilla lentamente sul suo asse di circa un grado ogni 72 anni – significa che la posizione delle stelle fisse si sposta lentamente nel cielo»- spiegano.
Basandosi su tali osservazioni, i ricercatori hanno stabilito che tali coordinate si potevano riferire a osservazioni effettuate nel 129 a.C. -proprio il periodo in cui Ipparco svolgeva i suoi studi.
Piccola curiosità: Oltre alla precessione, Ipparco aveva anche modellato i movimenti apparenti del Sole e della Luna.
Il catalogo di Ipparco è più antico di quello di Tolomeo d’Egitto
Prima dell’attuale scoperta, l’unico catalogo stellare sopravvissuto dall’antichità, era quello compilato dall’astronomo Claudio Tolomeo (forse Tolemaide Ermèa, Egitto, 100 d.C. circa – forse Alessandria d’Egitto 178 circa) ad Alessandria, in Egitto, nel II secolo d.C.
Nel suo trattato Almagest, accettato per più di 1.200 anni, Tolomeo aveva descritto un modello matematico del Cosmo, con la Terra al centro.
Aveva inoltre elencato le coordinate e le grandezze di più di mille stelle.
Tuttavia, alcuni testi antichi facevano riferimento a un’altra persona, che per prima aveva misurato le stelle. Parliamo ovviamente di Ipparco, che lavorò sull’isola greca di Rodi tre secoli prima di Tolomeo, all’incirca tra il 190 e il 120 a.C.
In realtà, prima ancora del greco, gli astronomi babilonesi avevano misurato le posizioni di alcune stelle intorno allo zodiaco, le costellazioni che si trovano lungo l’eclittica e il percorso annuale del Sole comparato con le stelle fisse, visto dalla Terra.
Ma Ipparco fu il primo a definire le posizioni delle stelle usando due coordinate e a mappare le stelle in tutto il cielo.
Altre pergamene rivelano le coordinate stellari di Ipparco
Secondo Gysembergh e i suoi colleghi, anche il manoscritto latino medievale, noto come Aratus Latinus, sarebbe opera di Ipparco. Esso riporta le coordinate di altre tre costellazioni stellari (Orsa Maggiore, Orsa Minore e la Costellazione del Drago).
Osservazioni ad occhio nudo?
Ipparco, così come Tolomeo, osservava le stelle ad occhio nudo. «Tuttavia senza un telescopio, dice Gysembergh, il greco deve aver usato un tubo di avvistamento, noto come dioptra, o un meccanismo chiamato sfera armillaria», un astrolabio sferico, fatto di cerchi che raffigurano il movimento dei corpi celesti.
Tolomeo ha copiato Ipparco?
Ancora oggi c’è chi ritiene che Tolomeo abbia rubato i dati di Ipparco.
Alla luce dei nuovi ritrovamenti, Gysembergh sostiene che Tolomeo in realtà si è basato sulle osservazioni del “collega”, ma avrebbe potuto fare di meglio.
«Le osservazioni di Ipparco sembrano essere infatti notevolmente più accurate, con le coordinate lette finora corrette entro un grado. E mentre Tolomeo basava il suo sistema di coordinate sull’eclittica, Ipparco usò l’equatore celeste, un sistema più comune nelle moderne mappe stellari», afferma lo studioso.
Le nuove frontiere della ricerca
Man mano che le tecniche di imaging miglioreranno, gli scienziati scopriranno ulteriori coordinate stellari all’interno degli antichi manoscritti. Questo potrebbe consentire loro studiare tutte le diverse parti del Codex Climaci Rescriptus che non sono ancora state decifrate.
Fonti
Doi: https://doi.org/10.1038/d41586-022-03296-1
Gysembergh, V., Williams, P. J. Zingg, E. J. Hist. Astron. 53, 383–393 (2022).
Victor Gysembergh https://orcid.org/0000-0003-1633-9212
G.J. Toomer, “Hipparchus”, in C.C. Gillispie (ed.), Dizionario di biografia scientifica, Supplemento I (New York, NY: C. I figli di Scribner, 1978), pp. 207-24.
K. Manitius, Hipparchi in Arati et Eudoxi Phaenomena Commentariorum libri tres (Leipzig, 1894).
O. Neugebauer, Una storia dell’antica astronomia matematica, Vol. 1 (Berlino-Heidelberg; New York, NY: Springer-Verlag, 1975), pp. 288–91.