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sabato, Febbraio 15, 2025

Ecoreati: gli enti condannati per i delitti ambientali

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Incendi, discariche abusive e altri ecoreati

Dall’incendio a Santa Maria Capua Vetere alla discarica abusiva di Vigevano, come contrastare “legalmente” e preventivamente gli ecoreati

La legge 68/2015 sugli ecoreati introduce nel Codice penale “nuovi delitti ambientali” e, cosa più importante, integra la previsione del Dlgs 231/2001 estendendo la responsabilità degli enti punibili dal punto di vista penale.
Per quanto riguarda l’inquinamento ambientale, secondo l’articolo 452-bis, è punito con la reclusione da due a sei anni e con una multa da 10mila euro a 100mila euro chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile:

1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Non solo, la pena aumenta se l’inquinamento si verifica in un’area naturale protetta o sottoposta a vincoli storici o paesaggistici.
Se il reato provoca lesioni a una o più persone, si applica la pena della reclusione. A seconda della gravità della lesione aumentano gli anni di detenzione.
Se dovesse causare la morte di una o più persone si arriverebbe a 20 anni di reclusione.
Dunque ne deriva una nuova concezione dell’ambiente, non più antropocentrica, finalizzata esclusivamente al benessere e al soddisfacimento dei bisogni dell’uomo ma ecocentrica, che attribuisce un valore intrinseco alla biosfera ponendo sullo stesso piano l’uomo e l’ambiente, a tal punto da considerarne oggetto diretto della tutela penale dando attuazione all’articolo 3 della direttiva 2008/99/CE.
L’ambiente è un bene collettivo e assume un valore costituzionalmente protetto e l’uomo ne è responsabile, poiché continua a sfruttare le risorse ambientali e commettere i cosiddetti “ecoreati” abusando dell’ambiente a tal punto da ritorcersi contro sé stesso.

Reati contro l’ambiente: rapporto Ecomafia di Legambiente

Nel 2018, secondo il rapporto Ecomafia di Legambiente, il bilancio complessivo dei reati contro l’ambiente passa dagli oltre 30mila illeciti registrati nel 2017 ai 28.137 reati (più di 3,2 ogni ora) accertati lo scorso anno, soprattutto a causa della netta flessione, fortunatamente, degli incendi boschivi (meno 67% nel 2018) e in parte alla riduzione dei furti di beni culturali (meno 6,3%). Diminuiscono inoltre le persone denunciate – 35.104 contro le oltre 39mila del 2017 – così come quelle arrestate, 252 contro i 538 del 2017, e i sequestri effettuati – 10mila contro gli 11.027 del 2017 -.

L’aggressione alle risorse ambientali del Paese si traduce in un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6miliardi di euro2,5 in più rispetto all’anno precedente e che vede tra i protagonisti ben 368 clan, censiti da Legambiente e attivi in tutta Italia. 

Sul fronte dei singoli illeciti ambientali, nel 2018 aumentano sia quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti che si avvicinano alla soglia degli 8mila (quasi 22 al giorno) sia quelli del cemento selvaggio, che nel 2018 registrano un’impennata toccando quota 6.578, con una crescita del +68% (contro i 3.908 reati del 2017).

In leggera crescita anche i delitti contro gli animali e la fauna selvatica con 7291 reati – circa 20 al giorno –, contro i 7mila del 2017.

Prevenzione ambientale: accordo in Emilia-Romagna

Per attuare una politica di prevenzione ambientale è necessaria una collaborazione tra istituzioni come l’accordo stipulato in Emilia-Romagna nel 2017 tra procure, forze dell’Ordine e ARPAE.
«Questo ha permesso un’applicazione normativa della materia grazie alla definizione di regole condivise tra tutti gli uffici del distretto – come afferma Morena Plazzi, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna -, portate all’attenzione di tutte le forze di polizia. Il risultato è stato ottimo. Si è individuato un unico soggetto per l’asseverazione (Arpae) e questo garantisce un’applicazione uniforme della normativa».
Nel caso di delitti ambientali accertati e illeciti è essenziale applicare sanzioni interdittive proprie del diritto penale procedurale come la confisca e il sequestro degli impianti.
In Italia, a causa dell’uomo, assistiamo a un deterioramento ambientale, dal suolo alle acque, alle aree protette, alle specie.

Su incarico del ministero dell’Ambiente, in Italia, per la prima volta, si fornisce un resoconto nazionale delle istruttorie tecnico-scientifiche per danno ambientale aperto da ISPRA e da SNPA nel 2017/2018:
Sono trenta i casi per i quali è stato accertato un grave danno o minaccia ambientale: si tratta di ventidue procedimenti giudiziari (penali e civili) e otto casi extra-giudiziari (iter iniziati su sollecitazioni giunte dal territorio e al di fuori di un contesto giudiziario).

In dieci di questi trenta casi il ministero dell’Ambiente si è già costituito parte civile o ha attivato il relativo iter: ISPRA fornisce le informazioni su località, danni provocati all’ambiente circostante, lavori di riparazione da eseguire e, laddove disponibili, i costi dell’operazione.

Casi accertati di gravi danni ambientali

Tra i casi accertati, i danni e le minacce riguardano le discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania, quelle di Malagrotta e Anagni nel Lazio, quella di Bellolampo in Sicilia, le emissioni della Tirreno Power a Vado Ligure e Quiliano, l’interramento di fanghi e scarti di lavorazione a Rende in provincia di Cosenza.

I trenta casi accertati hanno interessato soprattutto le acque sotterranee (32%), laghi e fiumi (23%), i terreni (19%)).
Degli oltre duecento casi segnalati all’Istituto dal ministero dell’Ambiente, nel 2017-2018 sono state aperte 161 istruttorie di valutazione del danno ambientale grazie alle verifiche operate sul territorio da SNPA: trentanove per casi giudiziari (sede penale o civile), diciotto per extra-giudiziari, centoquattro istruttorie per casi penali in fase preliminare (nei quali l’accertamento del danno è ancora a livello potenziale).

La Sicilia è la regione dove sono state aperte più istruttorie (ventinove), seguita da Campania (venti), Lombardia (quattordici) e Puglia (tredici).

Le attività che potenzialmente possono portare a un danno ambientale sono risultate soprattutto quelle svolte dagli impianti di depurazione e di gestione dei rifiuti, dai cantieri edili e di realizzazione delle infrastrutture, dagli impianti industriali.

L’accertamento tecnico-scientifico compiuto dal SNPA costituisce la base tecnica per la successiva attuazione, da parte del ministero, delle procedure giudiziarie o extra-giudiziarie di riconoscimento del danno e dell’obbligo di avviare la riparazione.

Casi in cui sono in atto azioni di riparazione

I casi riportati nel Rapporto non rappresentano la totalità di quelli aperti in Italia. Non sono considerati quelli per i quali sono già state avviate azioni di riparazione prima del 2017 (ad esempio i siti di Bussi sul Tirino, Giugliano, Castelvolturno, Taranto e altri), anche sulla base di precedenti istruttorie dell’ISPRA.

Alcuni esempi di collaborazione tra enti e Polizia per individuare i reati ambientali
Santa Maria Capua Vetere

Dopo l’incendio del 17 ottobre 2019 nello stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti (Stir), dove sono intervenuti prontamente i Vigili del Fuoco, è stato istallato dai tecnici un campionatore ad alto volume per la determinazione di diossine e furani nell’aria.

Non è la prima volta, il primo rogo scoppiò allo Stir il 1° novembre dello scorso anno ed è tuttora oggetto di indagini.
 

Discarica abusiva scoperta a Vigevano (PV)

A Vigevano è stata scoperta una discarica abusiva di duemila metri cubi in uno spazio di 5mila metri quadrati.
La scoperta è stata fatta grazie a un sistema di videosorveglianza avanzata messo a punto da Arpa Lombardia (e finanziato dalla Regione): il “Savager” un drone che sorvola il territorio a caccia di discariche abusive.
Sono in corso le indagini per individuare i responsabili.

Il sequestro è stato eseguito da ufficiali di Polizia e Arpa, d’intesa con la Procura della Repubblica di Pavia.

L’intervento del presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Ezio Bonanni, riguardo la legge 68/2015 sugli ecoreati e sui proventi derivati dalle sanzioni: «La tutela dell’ambiente, con riferimento al rischio di lesione generalizzata, al numero di cittadini e di lavoratori, era già contemplata nell’articolo 434 del Codice penale, secondo l’interpretazione della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale.
In ogni caso, proprio per evitare ogni incertezza normativa, anche alla luce del principio di tassatività della fattispecie penale incriminatrice, sul principio della responsabilità penale, ex art 27 della costituzione, trovo opportuno l’intervento del legislatore con la legge 68 del 2015 che, sulla base dell’interpretazione della Corte di cassazione, ha in ogni caso costituito uno strumento ulteriormente efficace per una migliore tutela del bene penalmente protetto costituito dalla salute e dalla pubblica incolumità.
Come Ona, abbiamo deciso di destinare questi proventi destinati alla sanzione alla ricerca scientifica sul mesotelioma e sugli altri cancri legati ad amianto, ad altri cancerogeni e all’aiuto per le vittime».

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