L’incremento degli illeciti ambientali è del 23,1%
Aumentano i crimini ambientali, 34.648 nel nostro Paese, una media di quattro reati ogni ora.
Anche quest’anno la Campania, purtroppo, conferma il suo primato in classifica per ecomafie, seguita da Puglia, Sicilia e Calabria. Quattro regioni in cui è forte e ben radicata la presenza mafiosa. La metà di tutti gli illeciti penali si concentra proprio in queste zone (il 44,4%).
È un virus che non conosce crisi, quello delle ecomafie, radicato e alimentato dall’interno, che si annida infettando l’ambiente e le persone. Una trappola mortale, in cui “cadono” imprenditori, amministratori pubblici, funzionari, tutti collusi per un business di denaro sporco. Che ha portato alla morte e alla malattia tantissime persone, come nel caso della Terra dei Fuochi.
I dati del Rapporto Ecomafia 2020 di Legambiente

Al primo posto in graduatoria per tipologia di attività ecocriminali in Italia ci sono gli illeciti nel ciclo del cemento (11.484), che superano quelli riguardanti lo smaltimento illegale dei rifiuti (9.527).
Nella Terra dei Fuochi, nel 2019, i roghi censiti sulla base degli interventi dei Vigili del Fuoco sono del 30% in più rispetto al 2018.
Gli incendi boschivi in tutto il Paese hanno distrutto 52.916 ettari di terre con un incremento del 261,3%.
I reati contro gli animali sono 8.088, più di 22 al giorno. Secondo l’associazione ambientalista i fatturati illegali legati a queste attività ammontano a 3,2 mld di euro l’anno.
Legambiente segnala un aumento del 54,9% di reati penali e di illeciti amministrativi che colpiscono l’intera filiera agroalimentare, le cosiddette agromafie.
Le arecheomafie, organizzazioni criminali che operano nel settore di scavi clandestini, furto e traffico di opere d’arte, sono accresciute del 283,6%. Il dato più significativo riguarda le opere e i reparti recuperati grazie al lavoro delle Forze dell’Ordine.
Il dossier descrive anche le illegalità riguardanti la gestione di pneumatici fuori uso, buste di plastica e gas. Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio flussi illegali di pneumatici e di quelli fuori uso, sono messi in commercio tra le 30mila e le 40mila tonnellate annue di pneumatici illegali.
Il business complessivo dell’ecomafia dal 1995 a oggi è di 419,2 mld.
Salerno, la nuova “Terra dei Fuochi”?
È questo che sosteneva l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa due anni fa dopo essere stato a Battipaglia, nella Piana del Sele, mentre presiedeva un incontro riguardante l’inquinamento.
Come sappiamo nella cosiddetta Terra dei Fuochi, la presenza di rifiuti tossici interrati, discariche abusive e l’innesco di roghi di rifiuti, ha provocato, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, l’incidenza di numerose patologie. Leucemie e altri tumori che hanno portato alla morte molte persone. La zona comprende una serie di siti tra Napoli e Caserta.
Ora, secondo il report, è Salerno la città campana in cui si commettono più reati ambientali.
Negli ultimi dieci anni, dei circa 45mila crimini ambientali stimati nella regione Campania, il 28% sono avvenuti nel salernitano (12.261). Uno ogni sette ore. Un quadro agghiacciante. A Piana del Sele i rifiuti tossici delle aziende venivano interrati e smaltiti illegalmente.
L’indagine svolta dai Carabinieri di Salerno, iniziata nel 2019, tramite intercettazioni telefoniche, ha portato all’arresto di 14 persone coinvolte in una rete di traffici illegali e, soprattutto, mortali.
A capo degli orribili crimini vi era un imprenditore, Antonio Romagnuolo che aveva creato una rete illegale, Michele Acampora l’intermediario, per smaltire i rifiuti tossici che finivano anche nel fiume Calore e vicino a serre di proprietà della Regione. Erano coinvolti anche autisti, che caricavano rifiuti dai 100 ai 300 euro per carico. Che finivano, poi, nei terreni, diventando letali. Collusi anche proprietari di aziende.
In totale sono stati adibiti a discarica abusiva oltre 25mila metri quadri di terreno. Arrestate 14 persone per giro d’affari illecito a danno dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Smaltimento illegale di rifiuti in Puglia
In Puglia lo smaltimento illegale di rifiuti è in escalation, come dichiara Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia. “È inaccettabile – dichiara – che le aree rurali vengano utilizzate come discariche a cielo aperto, depauperando un territorio curato e produttivo, inquinando la terra e il sottosuolo”. Negli ultimi 20 anni nella solo regione pugliese sono stati sversati, interrati o bruciati rifiuti di ogni genere.
“Si tratta di un fenomeno – continua Muraglia – dove a sversare rifiuti di ogni genere non sono più soltanto i gruppi criminali, ma anche residenti che li scaricano nelle aree rurali oltre a materiale edilizio abbandonato dalle ditte, senza il minimo rispetto della proprietà privata degli agricoltori e arrecando un danno ambientale incalcolabile”.
La ‘ndrangheta in Calabria trae profitto dal traffico illegale di rifiuti
Il traffico illegale di rifiuti gestito dalla mafia calabrese estende i suoi tentacoli in tutta Italia, soprattutto in Toscana. La ‘ndrangheta continua a essere l’organizzazione criminale numero uno in queste azioni illecite. L’operazione dei Carabinieri e della DDA di Firenze ha portato alla luce la relazione tra ‘ndrangheta e traffico di rifiuti con 23 arresti. Stefano Ciafani e Fausto Ferruzza, rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente hanno dichiarato: “siamo esterrefatti e preoccupati per le evidenze di cui siamo venuti a conoscenza con l’operazione Keu”.
Questa operazione riguarda lo smaltimento di rifiuti speciali prodotti dal Distretto Conciario di Santa Croce sull’Arno. Le ceneri, classificate “Keu” perché fortemente inquinanti, venivano miscelate con altri materiali e riutilizzate in attività edilizie. Sono circa 8mila le tonnellate di rifiuti contaminati smaltiti abusivamente o usati nella realizzazione del V lotto della strada 429 in Valdelsa.
Questa scoperta ha messo in allarme i cittadini toscani nelle zone coinvolte che hanno paura anche di mangiare le verdure dei loro orti.
La dichiarazione del presidente nazionale di Legambiente
“I dati e le storie presentati in questa nuova edizione del rapporto Ecomafia 2020 – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – raccontano un quadro preoccupante sulle illegalità ambientali e sul ruolo che ricoprono le organizzazioni criminali, anche al Centro-Nord, nell’era pre-Covid”.

“Se da un lato aumentato i reati ambientali, dall’altra parte la pressione dello Stato, fortunatamente, non si è arrestata. Anzi. I nuovi strumenti di repressione garantiti dalla legge 68 del 2015, che siamo riusciti a far approvare dal Parlamento dopo 21 anni di lavoro, stanno mostrando tutta la loro validità sia sul fronte repressivo sia su quello della prevenzione.
Non bisogna però abbassare la guardia, perché le mafie in questo periodo di pandemia si stanno muovendo e sfruttano proprio la crisi economica e sociale per estendere ancora di più la loro presenza”.
La dichiarazione dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA
“L’Osservatorio Nazionale Amianto si occupa di tutelare gli esposti ad amianto e ad altri cancerogeni. Inoltre, l’associazione svolge la sua attività contro tutte le forme di mafia, compresa quella ambientale. Difatti, la questione amianto è molto legata alla problematica delle ecomafie. Tanto è vero che in diversi casi, sono state interrate nel sottosuolo enormi quantità di amianto. Purtroppo com’è noto, questo materiale è ancora presente in edifici e discariche. Nonostante il fatto che le sue fibre, se inalate, si rivelano letali. Come lo sono i rifiuti velenosi smaltiti illegalmente. È ora che le persone aprano gli occhi e inizino a capire che non bisogna voltare le spalle ma denunciare e combattere per la nostra salute e per l’ambiente”.