NELL’APRILE 2022, DURANTE LA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO ECOMAFIA AL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA, FURONO PRESENTATI I RISULTATI DI UN’INDAGINE IN UMBRIA. DA ALLORA LA SITUAZIONE NON È CAMBIATA. ANZI. IL PIÙ RECENTE RAPPORTO DI LEGAMBIENTE CARRARA, “ECOMAFIE 2023”, IN COLLABORAZIONE CON IL COORDINAMENTO PROVINCIALE “LIBERA MASSA CARRARA” NON LASCIA INTRAVEDERE UN FUTURO ROSEO. Il DR. NICCOLÒ FRANCESCONI, ESPERTO IN CRIMINOLOGIA CLINICA, NONCHÈ COMPONENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO, IL CRIMINOLOGO FRANCESCO CACCETTA, E L’AVV. EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO (ONA), SOTTOLINEANO LA NECESSITÀ DI NON ABBASSARE LA GUARDIA. MA COSA SONO LE ECOMAFIE?
Termine e significato “ecomafia”
Il termine “ecomafia” è apparso per la prima volta in Italia nel 1994, nel contesto di un rapporto di Legambiente intitolato “Le ecomafie – il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale“, redatto in collaborazione con Eurispes e l’Arma dei Carabinieri, in cui si metteva in luce il legame tra la criminalità organizzata e le attività illegali nell’ambito ambientale.
Quanto alla storia del fenomeno, questo ha avuto inizio nel 1982 con l’emanazione del D.P.R. (Decreto del Presidente della Repubblica) n. 915, che trattava le direttive dell’Unione Europea relative ai rifiuti e allo smaltimento di sostanze nocive. Tuttavia, i primi reati accertati (che hanno segnato il legame tra la criminalità organizzata e i rifiuti) risalgono al 1991, nel napoletano, con l’Operazione Adelphi. Questa portò alla condanna, da parte della 7a Sezione del Tribunale di Napoli, di sei imprenditori coinvolti in attività illecite legate alla gestione dei rifiuti. In seguito,, nel 1994, l’Operazione Eco, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), portò alla luce il movimento di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali provenienti dal Piemonte e dalla Lombardia, destinati ad essere illegalmente “seppelliti” in Campania.
Il fenomeno delle ecomafie ha iniziato a essere indagato e documentato a livello ufficiale nel 1995, quando fu istituita la “Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti“. Successivamente, nel 1997, Legambiente pubblicò il primo Rapporto Ecomafia, che fa annualmente il punto sulla situazione relative alle attività illegali ambientali e il coinvolgimento della criminalità organizzata.
Ma veniamo agli ultimi due anni…
Ecomafia: il 2022 l’annus horribilis
Nel 2022, attraverso un’analisi approfondita dei dati raccolti, frutto dell’intensa attività svolta da forze dell’Ordine, Capitanerie di porto, magistratura e del Sistema nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) era emersa una realtà intricata e complessa.
Il lavoro congiunto tra Ispra, Agenzie regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli aveva infatti permesso di mettere in evidenza la portata del fenomeno ecomafioso e di individuare le sue radici. Risultato?
Con più di due reati al giorno, l’Umbria si collocava al sedicesimo posto in Italia per numero di crimini contro l’ambiente, con 763 episodi scoperti dalle forze dell’ordine nel corso del 2021.
Quanto alle denunce, ammontavano a 1.178. Venticinque le persone arrestate.
Ma fu Perugia, il capoluogo dell’Umbria, a emergere in modo preoccupante tra le prime venti province italiane per reati ambientali, con ben 383 episodi registrati.
Focus sul fenomeno a Perugia e dintorni
Il focus del rapporto ecomafia si soffermava anche sulla provincia di Perugia, una volta tra le prime venti per numero di reati complessivi commessi, con 321 episodi.
Ancora più preoccupante, la posizione della provincia per quanto riguardava il trattamento dei rifiuti. Si segnalavano infatti oltre duemila illeciti amministrativi sanzionatori per reati legati allo smaltimento improprio dei rifiuti o alla scoperta di discariche abusive.
Ma non era solo la quantità di reati a destare preoccupazione. Nel settore dei rifiuti, si evidenziavano ancora troppe inefficienze in termini di governance, con una scarsa propensione alla valorizzazione delle singole frazioni. Inoltre, molte frazioni erano gravate da schemi di Responsabilità Estesa del Produttore. Quest’ultimo, è un concetto che si è diffuso in Europa nel 2002, a seguito del primo provvedimento normativo che richiama l’attenzione sullo smaltimento dei cosiddetti RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), che sfuggono al governo pubblico dei rifiuti urbani, finendo spesso per alimentare circuiti poco trasparenti e difficilmente tracciabili.
Un esempio lampante di questa realtà è emerso di recente dall’indagine sulla gestione dei pannelli fotovoltaici – che rientrano nei RAEE – che, partendo da un’azienda di Gualdo Tadino, in provincia di Perugia, si è rapidamente diffusa in varie parti d’Italia.
Cosa si nasconde dietro questi numeri? Neanche a dirlo, storie che da sempre hanno arricchito le filiere più redditizie per le ecomafie e per le attività criminali. Un fenomeno che anche nel 2023 non sembrerebbe essere diminuito.
Il rapporto “Ecomafia 2023” di Legambiente
L’ultimo rapporto di Legambiente fornisce un quadro sempre più desolante delle illegalità ambientali in Italia, evidenziando tre principali filiere di attività
illegali del 2022: il ciclo illegale del cemento, i reati contro la fauna e il ciclo dei rifiuti.
• Cementificazione illegale: ha registrato il maggior numero di illeciti, con 12.216 casi, (il 39,8% del totale). Questo settore ha visto una crescita del 28,7% rispetto al 2021. Le persone denunciate sono state 12.430, con un aumento del 26,5%, e le ordinanze di custodia cautelare sono aumentate del 97%: ne sono state emesse 65. Il valore dei sequestri e delle sanzioni amministrative ha raggiunto oltre 211 milioni di euro, con un incremento del 298,5%;
• Reati contro la fauna: in aumento del 4,3% rispetto al 2021, con 6.481 illeciti penali e 5.486 persone denunciate, in aumento del 7,6%;
• Ciclo illegale dei rifiuti: è sceso al terzo posto, con una riduzione del numero di illeciti penali del 33,8% e delle persone denunciate del 41%. Tuttavia, sono aumentate le inchieste sull’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti;
• Reati legati ai roghi: hanno registrato una riduzione del 3,3%, con 5.207 casi nel 2022. Sono aumentati i controlli e le persone denunciate, mentre i sequestri sono saliti del 14%.
Discorso a parte merita l’amianto. A segnalarlo, il criminologo Francesco Caccetta.
L’Amianto in Italia: un crimine ambientale silenzioso
«L’Umbria, come il resto d’Italia, non è immune da questa piaga, eppure il problema va oltre la mera presenza fisica dell’amianto. Si tratta di un crimine ambientale perpetrato a scapito della salute pubblica, spesso orchestrato con metodi subdoli e responsabilità ben definite», dichiara Caccetta. Facciamo chiarezza.
La legge 257 del 1992 ha proibito l’uso dell’asbesto, ma il minerale continua a essere ampiamente presente in molte parti d’Italia, sia in contesti industriali sia domestici, con numerosi siti ancora da bonificare.
Vista la sua comprovata pericolosità, molti cittadini si sono già ammalati e continueranno a sviluppare patologie asbesto correlate in futuro. È infatti noto che, tra l’esposizione all’amianto e l’insorgenza delle malattie ed essa legata, possono intercorrere anche cinquant’anni.
«In Umbria, alcune vecchie indagini condotte dall’ARPA e dalle ASL avevano già cercato di individuare le aree più urgenti per la bonifica dell’amianto – prosegue il criminologo -. La criminalità nell’industria dell’amianto si manifesta in varie forme». Quali?
Ecomafia e amianto
In primo luogo, vi è l’omissione e la negligenza delle autorità competenti nel monitorare e regolamentare l’uso e la rimozione dell’amianto. Le normative esistenti spesso vengono ignorate o eluse. Questo consente a imprese poco scrupolose di operare indisturbate, esponendo i lavoratori e la popolazione locale a notevoli rischi per la salute.
In secondo luogo, c’è la probabilità del fenomeno della corruzione e della collusione tra imprese e funzionari governativi. Queste connivenze potrebbero consentire alle aziende di ottenere contratti pubblici per la rimozione dell’amianto, a condizioni svantaggiose per la sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente, mentre i funzionari corrotti godrebbero di tangenti e favoritismi.
Un altro aspetto fondamentale è l’insabbiamento delle prove e la manipolazione delle informazioni relative agli effetti nocivi dell’amianto sulla salute umana. Le industrie che ne fanno uso o che ne hanno fatto uso in passato spesso tentano di minimizzare o nascondere i danni causati, ritardando le azioni correttive e negando alle vittime il diritto alla giustizia e al risarcimento.
Di conseguenza, non bisogna sottovalutare il ruolo della criminalità organizzata in questo contesto.
Le organizzazioni mafiose, con la loro infiltrazione nelle industrie e nelle istituzioni, hanno spesso un interesse diretto nell’attività legata all’amianto e sfruttano la sua rimozione illecita come fonte di profitto opaco.
«Nel contesto umbro, così come in tutta Italia, è essenziale adottare una strategia criminologica completa per affrontare questa sfida. Ciò implica non solo una rigorosa applicazione delle leggi esistenti, ma anche perorare una riforma del quadro normativo per garantire una maggiore trasparenza, responsabilità e protezione per le vittime dell’amianto. È altresì fondamentale contrastare l’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore, attraverso azioni investigative mirate e un coordinamento efficace tra i reparti preposti delle forze dell’ordine e l’Autorità Giudiziaria», conclude il criminologo.
La proposta di Legambiente contro il fenomeno delle ecomafie
Per contrastare efficacemente i crimini ambientali, Legambiente ha sollevato la questione dell’urgente necessità di rafforzare le leggi ambientali in Europa, presentando dieci proposte di modifiche normative. Nello specifico, l’Associazione ha rimarcato la necessità di potenziare le attività di prevenzione e controllo sul territorio, utilizzando le risorse allocate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Inoltre, ha richiesto lo sviluppo di un quadro normativo internazionale condiviso per contrastare la criminalità ambientale organizzata che agisce oltre i confini nazionali.
Tra le proposte di modifica normativa, Legambiente ha suggerito la revisione del meccanismo del subappalto “a cascata” previsto dal nuovo Codice degli Appalti, il monitoraggio costante degli investimenti previsti dal PNRR, l’approvazione di una legge contro le agromafie, l’inclusione nel Codice Penale dei reati contro la fauna e l’emissione dei decreti attuativi della legge 132/2016, che ha istituito il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.
In risposta, il 16 novembre 2023, il Consiglio e il Parlamento Europeo hanno raggiunto un accordo per una nuova direttiva volta a migliorare l’impostazione giuridica per la protezione dell’ambiente e per i procedimenti penali contro i responsabili di crimini ambientali.
La direttiva definisce un elenco aggiornato di diciotto reati ambientali.
Questi includono le azioni dannose per l’ambiente come il traffico di legname, il riciclaggio illegale di componenti inquinanti delle navi, il commercio di mercurio e gas serra, e l’esaurimento illegale delle risorse idriche.
Nonostante il termine “ecocidio” non sia stato esplicitamente incluso, la direttiva introduce un “reato qualificato” per le violazioni intenzionali della legge che causano danni estesi e irreversibili agli ecosistemi, (ad esempio gli incendi boschivi su vasta scala o l’inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo).
Ecomafia: in arrivo nuove sanzioni
Quanto alle sanzioni previste, mirano a essere più efficaci e proporzionate, con pene detentive fino a dieci anni per i reati dolosi che causano decessi, e sanzioni pecuniarie fino al 5% del fatturato mondiale per le persone giuridiche. Le misure supplementari includono l’obbligo di ripristino dell’ambiente, l’esclusione dai finanziamenti pubblici e il ritiro di autorizzazioni.
La direttiva prevede anche disposizioni per la formazione e le risorse delle autorità coinvolte nell’accertamento, nell’indagine e nel perseguimento dei reati ambientali, nonché forme di sostegno alle vittime e ai segnalatori di tali crimini.
La nuova direttiva, è stata approvata a febbraio 2024 con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni.
Ecomafia e amianto: l’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto
Il tema delle ecomafie e della correlazioni con i crimini da amianto, è da sempre al centro delle attività dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), presieduto dall’Avv. Ezio Bonanni. «E’ importante sottolineare che le attività più lucrative delle ecomafie sono rappresentate dagli sversamenti di amianto su terreni, con conseguente rischio per la popolazione.
Purtroppo, l’utilizzo del cemento amianto, noto anche come eternit, ha causato una contaminazione diffusa nel nostro territorio, nonostante siano passati oltre 30 anni dall’entrata in vigore del divieto di utilizzo di amianto con la legge 257/92. È necessario procedere con la bonifica per evitare ulteriori rischi per la salute. L’amianto è notoriamente un cancerogeno pericoloso, e non solo causa mesotelioma, ma anche tumori del polmone, della laringe, delle ovaie e asbestosi. Queste sono solo alcune delle malattie direttamente correlate all’esposizione all’amianto.
Tuttavia, le ecomafie non si limitano solo alla presenza di amianto, ma causano contaminazioni che vanno ben oltre la presenza di questi minerali fibrosi» – dichiara l’Avv. Ezio Bonanni .
L’Osservatorio Nazionale Amianto ringrazia il dr Niccolò Francesconi esperto in Criminologia Clinica per questa sinergia intrapresa con Il criminologo Caccetta.