CON SENTENZA N. 919/2024, IL TRIBUNALE DI LATINA CONDANNA L’INAIL A RICONOSCERE L’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE ALL’AMIANTO DI ENRICO ARMENI, EX DIPENDENTE DELLA CANTIERI POSILLIPO S.P.A. DI SABAUDIA. A SEGUIRE IL LAVORATORE, L’AVV. EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’ONA, DURANTE IL LUNGO PERCORSO LEGALE CHE HA PORTATO AL RICONOSCIMENTO DELLA SUA CONDIZIONE E AL RISARCIMENTO DA PARTE DELL’ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO
La storia di Enrico Armeni: anni di esposizione all’amianto e la condanna dell’INAIL
Enrico Armeni, 78 anni, originario di Latina, aveva lavorato come tecnico e capo reparto di manutenzione al cantiere navale CANTIERI POSILLIPO S.p.A. di Sabaudia dal maggio 1966 fino al luglio 1983. Durante questo lungo periodo, l’uomo ha subito quotidianamente l’esposizione all’amianto, una sostanza altamente tossica utilizzata per la coibentazione di barche e macchinari. Nonostante le sue mansioni comprendessero principalmente il ruolo di supervisore, ha continuato a lavorare a stretto contatto con i materiali, maneggiando pezzi coibentati con l’asbesto.
Nel 2019, l’operaio ha iniziato a manifestare i primi sintomi di malessere respiratorio. Gli accertamenti medici hanno rivelato una patologia grave e progressiva: un’infiammazione pleuro-polmonare precancerosa, caratterizzata da ispessimenti pleurici, fibrosclerosi e bronchiectasie. Consapevole della connessione tra la malattia e la sua esposizione lavorativa, Armeni ha richiesto all’INAIL l’apertura della procedura per il riconoscimento della malattia professionale e l’ottenimento del certificato di esposizione all’amianto, necessario per ottenere dall’INPS un adeguamento contributivo che avrebbe portato a una pensione più elevata. Tuttavia, l’ente ha respinto la domanda, sostenendo l’insufficienza della documentazione medica.
L’iter legale e la condanna
Nonostante il rifiuto, Armeni non si è arreso. Affiancato dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), ha intrapreso un’azione legale contro l’INAIL al Tribunale di Latina, chiedendo il riconoscimento ufficiale della sua condizione. Bonanni ha sottolineato l’importanza di questo caso, dichiarando: «Non possiamo permettere che chi è stato esposto all’amianto, una fibra letale, sia abbandonato. Il riconoscimento della malattia professionale è un passo fondamentale per garantire giustizia ai lavoratori».
Come si legge in sentenza, Tribunale ha disposto una perizia medica approfondita al CTU (consulente tecnico d’ufficio), affidata al dottor Belardino Rossi, specialista in Medicina Legale e Medicina del Lavoro. La perizia ha confermato la presenza di gravi danni ai polmoni dell’operaio, in particolare ispessimenti pleurici bilaterali e bronchiectasie, direttamente collegati alla prolungata esposizione all’amianto durante gli anni trascorsi al cantiere navale. Le testimonianze raccolte in tribunale, insieme agli esami medici, hanno fornito ulteriori prove decisive.
Riconoscimento della malattia professionale e “presunzione legale di origine”
In un passaggio chiave della sentenza, il giudice Valentina Avarello ha stabilito che «gli iniziali ispessimenti pleurici bilaterali rilevati sulla TC polmonare devono essere considerati una malattia professionale tabellata», sancendo così il diritto di Armeni a ricevere l’indennizzo da parte dell’INAIL. La decisione si basa sulla presunzione legale di origine, un principio previsto dalla normativa che semplifica l’onere della prova per il lavoratore. In pratica, in casi di malattie professionali tabellate, come quelle legate all’esposizione all’amianto, il lavoratore non deve dimostrare il nesso causale diretto tra la patologia e l’attività lavorativa: è sufficiente dimostrare l’esposizione e la presenza della malattia. A quel punto, spetta all’INAIL provare che la patologia abbia un’origine estranea all’ambiente di lavoro, cosa che in questo caso non è avvenuta.
Considerazioni legali e mediche
Il giudizio medico-legale ha evidenziato che, pur non essendo asbestosi in senso stretto, la malattia di Armeni è riconducibile all’esposizione al pericoloso minerale. Il perito del tribunale ha chiarito che «l’effetto irritativo e infiammatorio delle fibre di amianto può causare fenomeni cicatriziali, come le bronchiectasie e le strie fibrosclerotiche riscontrate nel caso in esame».
Di conseguenza, sebbene le lesioni fossero di modesta entità, la loro origine professionale è stata riconosciuta in base alle leggi che regolano le malattie indennizzabili.
Una condanna emblematica per la tutela dei diritti dei lavoratori
L’avvocato Bonanni ha sottolineato come questa sentenza rappresenti una vittoria non solo per Armeni, ma per tutti i lavoratori che, come lui, hanno subito un’esposizione a sostanze nocive durante la loro carriera e hanno visto negati i propri diritti. «Questo caso dimostra che è possibile ottenere giustizia, ma anche quanto sia fondamentale continuare a lottare per il riconoscimento delle malattie professionali legate all‘amianto», ha affermato.
Il Tribunale ha dunque stabilito che l’INAIL dovrà risarcire l’ex operaio per i danni subiti e rilasciare la certificazione ai sensi dell’art. 13, comma 7, della Legge 257/92 per accedere a eventuali ulteriori benefici. La decisione segna una svolta significativa. Afferma infatti un principio di giustizia per tutti quei lavoratori che hanno messo a rischio la loro salute svolgendo mansioni in ambienti pericolosi.
«È fondamentale che sia stata riconosciuta la malattia asbesto correlata, che purtroppo è altamente lesiva della salute umana, perché è ingravescente e può preludere alla evoluzione neoplastica e quindi in un cancro, potenzialmente letale. Ecco perché le malattie asbesto correlate non andrebbero mai sottovalutate. Il riconoscimento in questa sede è molto importante perché, nel caso in cui ci fosse un’evoluzione neoplastica, ci sarebbe la prova del nesso di causalità», conclude il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.
L’ONA è impegnato nella tutela delle vittime con un servizio di assistenza con il numero verde 800034294 e con lo sportello telematico.