LA CORTE D’APPELLO DI FIRENZE HA CONFERMATO LA CONDANNA DI ENEL A RISARCIRE OLTRE UN MILIONE DI EURO AI FAMILIARI DI UN OPERAIO MORTO PER MESOTELIOMA NEL 2016. IL CASO, SEGUITO DALL’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO, EVIDENZIA I RISCHI DELL’ESPOSIZIONE ALL’ASBESTO SUL LAVORO
La storia dell’operaio: una vita di lavoro, una morte evitabile in Enel
L’operaio, deceduto per mesotelioma nel 2016 all’età di 77 anni, aveva lavorato dal 1966 al 1986 come manutentore elettrico nelle centrali Enel di Livorno, in particolare nel reparto elettrico delle centrali riunite Marzocco. Durante la sua attività, si occupava della manutenzione delle turbine coibentate con amianto, lavorando a stretto contatto con sostanze altamente tossiche senza adeguate misure di protezione.
I testimoni ascoltati nel corso del processo hanno descritto un ambiente di lavoro privo di adeguati sistemi di aerazione e senza dispositivi di protezione individuale. «Il materiale tendeva a sbriciolarsi e nessuno dei lavoratori indossava mascherine», hanno dichiarato in aula, confermando che l’operaio era esposto quotidianamente a polveri di asbesto senza alcuna tutela.
Il contenzioso giudiziario: Enel nega, la giustizia conferma la responsabilità
La vicenda giudiziaria ha avuto inizio con la condanna dell’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (la principale azienda italiana operante nel settore dell’energia), in primo grado per la morte del lavoratore. Il tribunale aveva riconosciuto la piena responsabilità dell’azienda per l’omessa adozione di misure di sicurezza adeguate, disponendo un risarcimento complessivo superiore al milione di euro per i familiari della vittima.
Enel ha impugnato la sentenza, negando con fermezza l’esposizione dell’operaio alla “fibra killer” e contestando il nesso di causalità tra la patologia letale e l’ambiente professionale. L’azienda ha inoltre rifiutato di ammettere qualsiasi violazione delle normative in materia di sicurezza sul lavoro, cercando di sottrarsi alle proprie responsabilità.
La Corte d’Appello di Firenze, tuttavia, ha rigettato le argomentazioni difensive della società, confermando la sentenza di primo grado e sancendo nuovamente la responsabilità della stessa. I giudici hanno ribadito che la mancata adozione di misure protettive ha avuto un ruolo determinante nell’insorgenza del tumore, sottolineando come l’esposizione all’amianto fosse un rischio noto e prevedibile, che avrebbe dovuto essere adeguatamente prevenuto dal datore di lavoro.
Sul piano economico, la Corte ha parzialmente rimodulato l’importo del risarcimento: pur riducendo il danno patrimoniale riconosciuto alla vedova, ha significativamente aumentato il risarcimento del danno non patrimoniale destinato ai familiari della vittima. L’ammontare complessivo resta comunque superiore al milione di euro, in linea con la decisione di primo grado.
ONA in difesa dei diritti dei lavoratori
L’intero iter giudiziario è stato seguito con determinazione dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto(ONA), che ha commentato con fermezza la sentenza: «La giustizia ha confermato il diritto delle vittime dell’amianto e dei loro familiari a ottenere un equo risarcimento. Enel ha continuato a negare l’evidenza, ma i giudici hanno sancito con chiarezza la sua responsabilità. Questa sentenza rappresenta un’importante vittoria non solo per la famiglia della vittima, ma per tutti i lavoratori che hanno subito l’esposizione a questa fibra killer».
Bonanni ha inoltre evidenziato l’importanza del caso nel più ampio contesto della lotta per il riconoscimento dei diritti delle vittime dell’amianto in Italia: «Purtroppo, ci troviamo di fronte a una lunga storia di esposizioni, omissioni e negazioni. Ma questa sentenza dimostra che le battaglie per la giustizia possono essere vinte e che nessuna grande azienda può sottrarsi alle proprie responsabilità di fronte alla legge».
L’amianto nel settore energetico: un pericolo ancora presente
Il caso dell’operaio livornese non è isolato. Secondo il VII Rapporto ReNaM (Registro Nazionale Mesoteliomi), il settore della produzione e distribuzione di energia elettrica è uno dei più colpiti dall’esposizione all’amianto. Sono stati censiti 367 casi di mesotelioma tra i lavoratori di questo comparto, con un’incidenza dell’1,7%.
«Ancora una volta, Enel è stata condannata per le morti da amianto», ha dichiarato Bonanni, sottolineando come l’azienda continui a non riconoscere la propria responsabilità. «Non comprendo perché si ostini a non risarcire spontaneamente le vittime. L’ONA andrà avanti per ottenere giustizia».
Un iter giudiziario lungo e faticoso per le vittime e i loro familiari
Il caso dell’operaio livornese dimostra quanto sia complesso e lungo il percorso per ottenere giustizia. Nonostante il riconoscimento del diritto al risarcimento, i familiari delle vittime devono affrontare anni di battaglie legali per vedersi riconosciuti i danni subiti.
L’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) offre supporto legale e medico a chi ha subito un’esposizione all’amianto e ai loro congiunti. Per assistenza, è possibile contattare l’ONA tramite il sito ufficiale o il numero verde 800 034 294.