Il 6 Novembre 1881, nasceva l’Accademia Navale, Istituto di formazione erede delle antiche tradizioni delle quattro Repubbliche Marinare.
Per una strana coincidenza, il 6 Novembre 2018, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha deciso di annullare la Sentenza di Appello di Venezia che il 16 marzo 2017 aveva assolto, per intervenuta prescrizione, gli ex vertici della Marina Militare.
La Corte di Cassazione annulla la Sentenza di Appello di Venezia
Su di loro pendeva l’accusa di omicidio e lesioni colpose per la morte da mesotelioma di due sottufficiali.
Accusati inoltre di violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e omissione di misure per tutelare i militari.
Gli stessi militari che non erano stati informati dei rischi legati alla presenza di amianto a bordo delle navi.
Adesso, con un clamoroso colpo di scena, il processo tornerà per un nuovo giudizio. Ovvero, il terzo, questa volta dinnanzi la Corte Penale di Appello di Venezia.
Sempre la Corte d’appello aveva altresì attribuito le spese processuali sulle parti civili (Medicina Democratica e l’Associazione nazionale esposti amianto).
Mesotelioma nelle forze armate: aggiornamento 2021
L’Osservatorio Nazionale Amianto è dalla sua costituzione che si schiera in prima linea per la tutela dei lavoratori. In particolare per gli appartenenti alle forze armate e comparto sicurezza che rischiano la vita a causa dell’esposizione a cancerogeni.
Per saperne di più vi invitiamo a consultare l’episodio della trasmissione ONA News, avente per oggetto: Mesotelioma nelle forze armate e tutela degli orfani.
Processo amianto in Marina: il fatto
Nel 2005, dopo la morte per mesotelioma pleurico da asbestosi del capitano di vascello Giuseppe Calabrò e del meccanico di bordo Giovanni Baglivo, entrambi ricoverarti all’ospedale di Padova, il PM padovano Sergio Dini aveva avviato un’indagine volta ad individuare le responsabilità di tali decessi.
Il 22 marzo 2012 il giudice di Padova aveva tuttavia assolto i vertici della Marina perché “il fatto non sussiste”.
In secondo grado, era infine scattata l’assoluzione per la prescrizione dei termini.
La Cassazione aveva successivamente annullato con rinvio ai giudici d’appello, i quali hanno riconfermato l’assoluzione, di nuovo azzerata dalla Cassazione.
Perché è stato richiesto l’annullamento?
La richiesta si è basata sostanzialmente sia sul fatto che la Corte di Appello di Venezia, nella sentenza non aveva motivato la violazione di Legge che era stato oggetto del ricorso, sia perché la motivazione appariva illogica e contraddittoria.
Amianto nelle navi della Marina: dove si trova?
L’amianto a bordo delle navi si trovava ovunque. L’asbesto serviva a proteggere dal calore per questo era presente nelle guarnizioni, dentro i macchinari, nelle porte tagliafuoco e nei forni delle cucine.
I militari lavoravano a contatto con la fibra killer senza usare mascherine, guanti o altre protezioni. Perché quella sostanza non brucia i polpastrelli, non irrita gli occhi, non emana odori repellenti.
L’amianto veniva lavorato a mani nude ed i residui venivano usualmente raccolti con scopa e paletta e gettati nelle comuni immondizie.
Tutto ciò avveniva senza che i militari fossero stati avvertiti del pericolo, nonostante già nel 1906 lo scienziato inglese H.M. Murray aveva collegato il cancro al respiro dei “corpuscoli dell’asbesto”.
Un silenzio di tomba sul processo amianto in Marina
Le massime autorità della Marina, tuttavia hanno sempre dichiarato “di non sapere nulla dei rischi relativi alla presenza dell’amianto”, mette a verbale in Procura a Padova l’ammiraglio Mario Host.
Anche se poi ammette che nell’ambiente giravano voci: “Dagli scambi con ufficiali di altre Marine, a partire dagli anni 90, ho saputo che il primo abbinamento tra amianto e asbestosi è stato riscontrato durante la Seconda Guerra Mondiale nella Reich Marine hitleriana a carico degli equipaggi degli U-Boot.
E che nella U.S. Navy, nel primo Dopoguerra, dove l’amianto era ampiamente diffuso, di fronte a un consistente numero di casi di asbestosi, la politica governativa si era orientata a risarcire economicamente le vittime o le famiglie delle vittime, perché non era possibile sostituire questo materiale data l’enorme consistenza della flotta”.
Soldi, soldi, soldi… Il silenzio è stato mantenuto in nome del Dio denaro.
Del resto, per sostituire un solo interruttore Otomax ci vogliono 1.768 euro; una porta con telaio 3.276, un fumaiolo da 135 mila a 169 mila.
Non parliamo degli eventuali costi legati alle bonifiche e a quelli per i risarcimenti.
I parenti del meccanico alle caldaie Giovanni Baglivo hanno avuto 850 mila euro. E così quelli del puntatore Giuseppe Calabrò.
E qui è scattata la corsa al negazionismo da parte di Inail, vertici militari, Governi ecc…
Anche perché, come abbiamo detto più volte, questo tipo di cancro può rivelarsi a distanza di anni, ed il numero delle vittime dell’amianto può continuare a crescere fino a una vetta probabile nel 2020.
Oggi però assistiamo ad un vento di cambiamenti, sarà vero?