La Corte di Cassazione ha rigettato le richieste dei lavoratori siciliani. La giustizia chiusa in un cassetto, insieme alle carte che spiegano nero su bianco i diritti dei lavoratori delle Industrie Meccaniche Siciliane che hanno i polmoni pieni di amianto. Non solo. Anche la beffa di dover rimborsare l’Inps delle somme percepite negli anni precedenti.
Una lunga vicenda giudiziaria per la quale si è a buon diritto lottato, e pure sperato in una giustizia umana. I lavoratori e le loro famiglie lo hanno sperato in nome di un lavoro che li ha segnati: perdendo amici, colleghi; sottoponendosi ai periodici controlli medici i cui esiti possono sempre cambiare (in peggio).
E poi la paura per i familiari, mogli e figli, che hanno respirato le fibre di amianto portate anche tra le mura di casa. Loro non lo sapevano: nessuno li ha informati. E non avevano il tempo di pensarci: perché la mattina ci si alza per andare a lavorare. E la sera si è stanchi.
Lavoratori siciliani, tra l’amianto fino al 2010
La legge 257 del 1992 che vietava l’uso di asbesto, cosa ha cambiato?
Hanno continuato a lavorare le scorte di amianto almeno fino al 1998. E poi – mentre nel sito si avvicendavano diverse aziende – sono rimasti nello stesso stabilimento fino al 2010.
E la bonifica del sito contaminato? Nessuna. Ancora oggi è lì: deturpando paesaggio, rimanendo una bomba pericolosa per la salute di tutti i cittadini.
Cassazione e la storia di Calogero Vicario
Ripercorriamo a grandi linee il doloroso ma tenace percorso di Calogero Vicario, responsabile dell’Ona Sicilia, ma soprattutto operaio segnato dalle polveri respirate nelle Industrie Meccaniche Siciliane insieme agli altri lavoratori siciliani.
“E’ iniziata nel 1985 la mia attività lavorativa come saldatore nelle Industrie Meccaniche Siciliane a Siracusa – spiega il signor Calogero -. Si realizzavano opere di carpenteria pesante: piattaforme petrolifere e grosse colonne i cui materiali venivano saldati con temperature di 200-250 gradi. Per il tipo di attività era inevitabile l’utilizzo dell’asbesto perché i manufatti trattati venivano mantenuti sotto coperta amianto per evitare che si spaccassero.
Eravamo circa 180 lavoratori. Il nostro contatto con l’amianto era quotidiano perché con le alte temperature si utilizzava sia per le coperte dedicate ai manufatti sia per guanti, grembiuli e tutto ciò che serviva a proteggerci da quelle infernali temperature. Inoltre, per evitare che il calore si disperdesse, le operazioni avvenivano al chiuso. E quindi tutto quello che si sfaldava rimaneva dentro l’officina. Abbiamo respirato di tutto: materiali ferrosi, polveri d’amianto, e tante altre porcherie. Non ne sapevamo niente sui rischi legati all’asbesto, né ci hanno mai informato. Abbiamo svolto regolare attività sino alla legge del 1992, ma la lavorazione delle scorte è durata fino al 1998“.
Calogero Vicario: “Nessuna bonifica al sito”
“Il problema sostanziale è che tutto quello che si è usurato e sfaldato negli anni precedenti è rimasto lì: perché il sito non è mai stato bonificato – prosegue Vicario -. Così come l’enorme struttura aveva e continua ad avere tetti e pannelli in amianto. L’officina è stata chiusa definitivamente nel 2011. Mi chiedo perché quel sito sia ancora in essere, pregiudicando la salute dell’ambiente e delle persone.
Per tutti noi guardare quella vecchia officina significa ricordare gli oltre 30 morti per patologie asbesto correlate. Erano operai, amici, esseri umani che non hanno avuto il tempo anche solo di protestare, di dire no a certe ingiustizie.
Calogero: “I primi passi per i nostri diritti”
“Faccio qualche passo indietro. Era il 2008 e prima di allora non eravamo a conoscenza della possibilità di richiedere dei benefici previdenziali. Eravamo di certo logori e con i polmoni pieni di amianto. Allora abbiamo deciso di avviare sul territorio una battaglia senza precedenti per il riconoscimento dei nostri diritti.
Insieme e coesi, ci sottoponemmo ai primi controlli sanitari con i certificati che attestavano la presenza di amianto nei bronchi: pronto ad esplodere in qualsiasi momento. Successivamente abbiamo fatto domanda per i benefici previdenziali, ma fu rigettata senza neanche risponderci. Dopo le procedure amministrative avviate nel 2009, finalmente nel 2012 parte il procedimento legale con l’avv. Ezio Bonanni“.
Calogero e lavoratori siciliani: “Sentenza positiva nel 2018”
“Nel 2018 arriva la sentenza positiva con il riconoscimento del diritto ai benefici previdenziali e relativo prepensionamento. Infatti, la perizia del CTU mette nero su bianco tutte le attività da noi svolte all’interno dello stabilimento come saldatori, carpentieri o con altre mansioni metalmeccaniche. Come lavoratori che fino al 1999 erano stati esposti quotidianamente ad una grande quantità di fibre di amianto. Inoltre, in assenza di una bonifica del sito, non si escludeva l’ipotesi che l’esposizione fosse continuata anche negli anni successivi. Sulla base di queste motivazioni abbiamo avuto il riconoscimento di 6-8 anni di prepensionamento: scattato per chi aveva determinati requisiti.
Dopo la sentenza di primo grado a Siracusa abbiamo fatto per una settimana un sit-in davanti all’Inps per capire il motivo del suo accanimento nei nostri confronti malgrado avessimo dimostrato la presenza di amianto in tutte le sedi. Perché rincorrerci in appello con conseguente sperpero di denaro in consulenze?“.
Calogero: “La Corte di Catania dà ragione all’Inps”
“Infatti, dopo la sentenza positiva, l’INPS ha proceduto all’immediato ricorso in corte d’appello. Così siamo stati costretti a costituirci. Dopo due anni, nel 2020, in piena emergenza Covid, un giudice ausiliare ribalta la prima sentenza accogliendo le osservazioni dell’Inps che poggiavano sul fatto che non avevamo presentato la domanda prima del 2005. In realtà si sono attaccati a una serie di cavilli che ci hanno messo in ginocchio.
Non abbiamo abbassato la testa. Così è scattato l’immediato ricorso in Cassazione: eravamo nel giusto e pensavamo che i giudici avrebbero reso giustizia ai lavoratori siciliani.
La nostra battaglia a tutela dei lavoratori l’abbiamo portata avanti come Osservatorio Nazionale amianto, insieme all’avv. Ezio Bonanni, anche attraverso una serie di iniziative per sensibilizzare la politica, i medici e tutte le istituzioni.
Calogero e lavoratori siciliani: “siamo amareggiati”
“L’obiettivo era quello di gettare luce sulla forte discriminazione perpetrata nei confronti della Sicilia che non era stata inserita tra i siti a rischio amianto. Sin dalla sentenza dall’Appello abbiamo protestato per oltre cento giorni davanti al Comune con uno sciopero della fame parziale. Io stesso per protesta mi sono fatto crescere barba e capelli per 1030 giorni, tagliati solo dopo la fine dell’udienza in Cassazione. La nostra attività ha dato fastidio e doveva essere fermata.
La decisione della Corte di Cassazione di rigettare il ricorso alla sentenza presentato dall’ONA ci amareggia profondamente.
Non ci sentiamo tutelati come lavoratori, come esseri umani. Vedo una totale mancanza di umanità e di rispetto nei confronti di chi ha avuto il coraggio di combattere per i propri diritti.
E quello che mi addolora e preoccupa è la condizione dei lavoratori che, non avendo altre possibilità, hanno usufruito del prepensionamento. Hanno usufruito di qualcosa che gli spettava. E oggi l’Inps ha deciso che recupererà le somme sottraendole alle loro pensioni. Un’azione ingiusta nei confronti di chi, vista la sentenza, non può fare resistenza.
Un’azione ai danni di chi è stato fatto lavorare in violazione delle leggi dello stato. Di chi vive monitorato costantemente da controlli per verificare le condizioni di un apparato respiratorio intasato dalle fibre di amianto. Di chi vive ha portato quelle fibre a casa, tra le mani delle mogli che lavavano le tute da lavoro.
Tra i capelli dei figli che viaggiavano sulla stessa macchina. Al bar dove ci si incontrava per un caffè dopo il lavoro. Ma tutto questo non basta. La giustizia in questo Paese è a senso unico e i lavoratori li lascia dietro l’angolo. Spero che la politica non continui a dormire e sollevi il problema attraverso un’interrogazione parlamentare. I cavilli non possono prevaricare i diritti”.