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giovedì, Dicembre 12, 2024

Caso Eternit bis, chiesti 4 anni a Torino per Schmidheiny

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Caso Eternit: chiesta una condanna a 4 anni per Stephan Schmidheiny nel processo di Appello bis di Torino. L’imprenditore svizzero, proprietario dell’azienda che per decenni ha utilizzato amianto, dovrà attendere ancora per la sentenza. In questo procedimento è accusato di omicidio colposo plurimo aggravato dalla previsione dell’evento di due persone.

Si tratta di Rita Rondano e Giulio Testore, entrambi lavoratori nello stabilimento Eternit di Cavagnolo. L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Ona – Osservatorio nazionale amianto che si è costituita parte civile, assiste i familiari di Testore.

In due giorni Schmidheiny si è visto cadere sulla testa ben due richieste di condanna. Il 2 marzo scorso, infatti, la Procura di Napoli ha chiesto, per la morte di 6 operai e 2 cittadini della zona, sempre causata dall’esposizione all’amianto, 23 anni e 11 mesi di reclusione.

Caso Eternit, processo bis diviso in 4 tronconi

Il processo Eternit bis è stato, infatti, diviso e ora sono in corso diversi procedimenti penali a Torino, Novara, Napoli e Vercelli, per i siti industriali di Cavagnolo (TO), Casale Monferrato (AL), Bagnoli (NA) e Rubiera (RE).

Se il processo di Napoli, però è ancora al primo grado, a Torino andiamo verso la conclusione del processo di Appello. A Napoli l’accusa non è quella di omicidio colposo, ma di omicidio volontario, per questo la richiesta di condanna è molto più alta.

Stephan Schmidheiny, 75 anni, uno degli uomini più ricchi del mondo, ha sempre avuto un atteggiamento di noncuranza verso tutti i procedimenti giudiziari intentati contro di lui. Non si è mai presentato in udienza e anche con la stampa esterna quanto, secondo lui, sia “assurdo” che dopo 40 anni dai fatti venga chiamato a renderne conto davanti a un tribunale.

E’ forte della prescrizione del processo Eternit. I pubblici ministeri avevano previsto nel capo di imputazione il reato di disastro colposo (che si prescrive dopo 12 anni). Nel processo Eternit bis il capo di imputazione è stato riformulato in omicidio. Per il reato di omicidio volontario aggravato non esiste prescrizione.

Caso Eternit, respinto il ‘ne bis in idem’

La difesa di Stephan Schmidheiny, dopo la prescrizione intervenuta per il processo Eternit, aveva sollevato il principio del ‘ne bis in idem’. Secondo cui un imputato non può essere accusato due volte per lo stesso reato. In tutti e 4 i procedimenti Eternit bis però la questione è stata respinta e motivata con la riqualificazione del reato in omicidio.

L’inizio del procedimento giudiziario

La vicenda inizia nel 2009, quando Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier De Marchienne sono stati chiamati a rispondere, quali effettivi responsabili della gestione della società Eternit Spa, dei reati di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e di disastro doloso, aggravati dai disastri e dagli infortuni occorsi.

Louis De Cartier De Marchienne è poi deceduto e Schmidheiny è rimasto l’unico a rispondere della morte di oltre 250 persone.

I danni da amianto

Le aziende hanno utilizzato l’amianto per le sue caratteristiche che lo rendono “il minerale perfetto”. Al netto dei danni causati alla salute e delle morti che porta con sé. Già nei primi anni del Novecento gli esperti avevano notato un’alta mortalità dei lavoratori che maneggiavano l’asbesto.

Due studi negli anni ’40 ne hanno dimostrato la pericolosità e negli anni ’70 che fosse un minerale cancerogeno era ormai noto. Le aziende hanno, però, continuato ad utilizzarlo. Questo senza informare gli operai dei rischi e senza fornire, nella maggioranza dei casi, dispositivi di protezione.

L’Osservatorio nazionale amianto assiste le vittime e le loro famiglie. E denuncia, tramite il suo presidente, l’avvocato Bonanni, la strage silenziosa che ha ben delineato nella sua ultima pubblicazione: Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – ed. 2022“.

L’amianto causa infatti infiammazioni, asbestosi, mesotelioma e altri tumori. Molte di queste patologie sono riconosciute dall’Inail come malattie professionali. L’Inail raccoglie tutte le informazioni raccolte e i dati sono disponibili anche sul suo VII Rapporto ReNaM.

Oltre a fornire assistenza legale l’Ona spinge anche per le bonifiche dei siti ancora contaminati e per aiutare la mappatura ha creato anche una App apposita.

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