Il colonnello del Ruolo d’Onore Carlo Calcagni ha spento le venti candeline di malattia.
“Mi concentro sulle cose positive” dice al notiziario dell’Osservatorio nazionale amianto, Il Giornale sull’amianto, al telefono. Di lui, della contaminazione da uranio impoverito nel teatro di guerra della Bosnia Erzegovina, della sua passione per lo sport, nonostante tutto, abbiamo già parlato.

È un uomo con una forza incredibile, che ha combattuto e continua a combattere per la vita, per restare accanto ai suoi figli, Francesca e Andrea, che oggi hanno 17 e 14 anni e che nomina sempre con orgoglio. Ha dovuto subire, però, oltre a tutto quello che la malattia ha portato ed a tutto quello di cui mi ha privato, anche l’ennesima delusione.

Il Ministero della Difesa, oltre a negargli un risarcimento del danno, gli ha tolto anche la possibilità di indossare la divisa.
Calcagni testimonianza vivente di quanto accaduto nei Balcani
“Soltanto perché – dice Calcagni – ho osato dire la verità. Io sono la testimonianza vivente, il mio corpo ne custodisce la prova, di quanto è accaduto nei Balcani ed ho il dovere di far conoscere i fatti realmente vissuti”.

Andiamo con ordine per raccontare una vicenda che avrebbe dell’incredibile, se non se conoscessero già altre simili di questo “sistema” che nega la realtà dei fatti. Questo per nascondere le responsabilità di chi sapeva, ma non ha informato il personale. Né ha fornito l’equipaggiamento di protezione necessaria ad evitare la contaminazione da metalli pesanti.
Calcagni, come è avvenuta la contaminazione
Nel 1996 Calcagni è stato impiegato in Bosnia Erzegovina come pilota elicotterista.
In quelle zone di guerra ha effettuato numerose missioni di volo, tra cui anche missioni di recupero e soccorso, non solo di militari, ma anche civili. Il più nobile dei servizi alla collettività: salvare vite umane.

Proprio per aver portato a termine tutte le missioni affidategli, nonostante l’urgenza ed i pericoli, gli è stato tributato un encomio dal comandante della Forza multinazionale di pace, per aver dato “lustro” all’Esercito italiano ed all’Italia intera.
Risulta nel suo Stato di servizio, nella parte riservata a “Campagne di guerra – decorazioni – onorificenze – ricompense”:
“Pilota soccorritore con raro senso della responsabilità e spiccato spirito di sacrificio, recuperava feriti con eccezionale professionalità ed in assoluta sicurezza anche nelle situazioni di estremo disagio e pericolo non lesinando energie ed impegno. Chiaro esempio di soldato che ha dato lustro all’Esercito Italiano riscuotendo unanime ammirazione anche dalle Forze Armate Internazionali impegnante in Bosnia-Erzegovina (Sarajevo, 02 luglio 1996)”.
Calcagni, nel suo corpo 28 metalli pesanti
L’uranio impoverito e gli altri metalli pesanti li porta nel suo corpo. I dati clinici dimostrano la presenza di 28 metalli pesanti di vario genere che gli hanno causato ben 24 patologie.
Proprio durante l’impiego nei Balcani, ha subito una gravissima e massiccia contaminazione. Il suo organismo si è ammalato in maniera irreversibile, fino al punto di modificare anche il patrimonio genetico, con conseguenze devastanti sulla sua vita e
sui propri figli che hanno ereditato la “mancanza” di un gene.

Le patologie di cui soffre, tra le altre, sono: cardiopatia, linfomielodisplasia, polineuropatia cronica, degenerativa ed irreversibile con Parkinson. E ancora fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria, disfunzione dell’ipofisi e sensibilità chimica multipla, che lo costringono ad affrontare estenuanti terapie quotidiane. Sette iniezioni di immunoterapia, appena alzato, circa 300 compresse, quattro ore di flebo, ossigenoterapia per almeno 18 ore al giorno, ventilatore polmonare notturno, sauna e lettino a raggi infrarossi, plasmaferesi (una sorta di dialisi) settimanalmente e, spesso, interventi chirurgici d’urgenza.
Soltanto una ferrea determinazione ed uno sconfinato amore per la vita hanno permesso al Colonnello Calcagni di continuare a vivere, nonostante il dolore e le privazioni siano, ormai, parte integrante della sua esistenza.
Interventi chirurgici e 300 punti di sutura
Le tragiche conseguenze, che la missione di pace in Bosnia ha lasciato nel suo organismo, sono evidenti anche sulla sua pelle. Il 28 settembre 2002 (data indimenticabile perché coincide con il compleanno della madre Teresa) si sottopone ad un intervento chirurgico al fegato, presso la clinica chirurgica Prima di Padova, il primo di una lunghissima serie che, fino ad oggi, hanno “decorato” il suo corpo con oltre 300 punti di sutura.

Questo momento ha dato inizio al lungo e terribile calvario che lo vede protagonista attraverso fasi di profonda sofferenza. Sempre affrontate con un’eccezionale forza d’animo che non lo ha mai abbandonato.
Più volte ha lottato per la vita, due soltanto in quest’ultimo anno, per una setticemia e per un infarto.
“La mia giornata – ci ha detto – è scandita dalle terapie che non hanno sosta, né giorno di festa. Inizio appena alzato con 7 iniezioni di immunoterapia a basso dosaggio, nel corso della giornata prendo 300 pastiglie, 4-5 ore di flebo, almeno 18bl ore al giorno di ossigeno terapia, autoemoterapia, sauna infrarossi e dormo attaccato ad un ventilatore polmonare”.
In cura presso un ospedale del Regno Unito
Da 12 anni è sottoposto ad un piano terapeutico che lo porta ogni 3-4 mesi a ricoverarsi presso il Breakspear Medical, nel Regno Unito, che è l’unica struttura di altissima specializzazione in Europa per la cura della MCS, la Sensibilità Chimica Multipla.
La già gravissima malattia multi-organo si è complicata con l’insorgenza di altre gravi patologie, tra cui: cardiopatia diastolica ventricolare, fibrosi polmonare, demielinizzazione delle fibre nervose (soprattutto encefaliche) di tipo autoimmune, polineuropatia, atassia muscolare, fibromialgia e sindrome da
affaticamento cronico, fino alla diagnosi di una forma di sclerosi multipla con Parkinson risalente all’anno 2015.
Nel suo organismo sono stati trovati 28 metalli pesanti, dei quali è stata DIMOSTRATA la presenza, in quantità esageratamente superiore alla norma: Alluminio, Antimonio, Argento, Arsenico, Berillio, Cadmio, Cesio radioattivo, Cromo, Ferro, Manganese, Mercurio, Nichel, Oro, Palladio, Piombo, Platino, Rame, Rodio, Stagno, Stronzio, Tallio, Titanio, Torio, Tungsteno, Uranio radioattivo, Vanadio. Metalli pesanti, tossici, tra cui due radioattivi: Cesio e Uranio.
Valori impressionanti, anche 22 mila volte oltre i valori di riferimento.
Li hanno trovati nel fegato, nei polmoni, nel midollo osseo e, persino, nel DNA.
I rischi legati ai metali pesanti
La presenza di metalli tossici, dal punto di vista sia chimico sia fisico, può provocare numerose patologie di tipo cronico degenerativo, derivanti dalla loro elevata tossicità e dal tipo di contatto, che in alcuni casi può rivelarsi letale.
L’organismo umano infatti è in grado di metabolizzare soltanto piccole concentrazioni di questi composti, che si accumulano a livello di organi vitali come fegato, reni, tessuto osseo e soprattutto nel sistema nervoso centrale.
L’Ona e sil suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, forniscono assistenza legale fratuita anche per tutti coloro che ritengono di essersi ammalati perchè esposti a cancerogeni e metalli pesanti.
Una valida assestenza legale permette di ottenere il riconoscimento della causa di servizio. Questo dà diritto, poi, anche alla pensione privilegiata e all’equo indennizzo.
Ogni giorno il colonnello Calcagni si sottopone a terapie multiple, farmacologiche, sia domiciliari che ospedaliere, tra cui terapie infusionali e trasfusioni ematiche, allo scopo di stimolare il sistema immunitario, costantemente impegnato contro le frequenti infezioni batteriche che potrebbero evolvere in pericolose e letali setticemie.
Rischi per la salute, sofferenze e privazioni
“Da vent’anni sono seguito da centri di eccellenza, come il l’endocrinologia di Pisa, l’Umberto I° e la Sapienza di Roma, la Cardiologia e la Nefrologia di Brindisi ed il Policlinico Universitario di Bari. Proprio presso il Policlinico Universitario di Bari, sono stato inserito nella sperimentazione di un nuovo farmaco che mi ha salvato dall’ultima setticemia, grazie ad una intuizione del professor Loreto Gesualdo”.
Il Colonnello, mano a mano che racconta della sua vita e della sua situazione, diventa più preciso e ci svela fatti e pensieri più profondi.
“Due settimane fa ho perso un caro amico, Maurizio, che si era ammalato per l’esposizione ai metalli pesanti. Tanti, troppi, sono stati negli anni i colleghi e gli amici deceduti o che si sono ammalati”.
I numeri si conoscono: in totale sono oltre 400 i morti e oltre 7mila quelli che hanno contratto patologie legate – come ha riconosciuto anche il Parlamento nel 2017 – all’uranio impoverito.
La testimonianza nelle scuole
“Per questo – ha continuato – porto in tutta Italia la mia testimonianza, soprattutto nelle scuole. Lo devo a me stesso, ai miei figli, ai miei colleghi che non ci sono più ed alle nostre famiglie. Cerco di trasmettere ai ragazzi i valori che la divisa incarna, proprio quei valori per cui tanti hanno perso la vita o, come me, hanno riportato danni permanenti, nell’adempimento del dovere”.
Lo capiamo che c’è un “ma”, doloroso, non espresso, ma che rende l’atmosfera pesante.
Perché ad intristire il colonnello Calcagni non è la malattia.
Quella l’ha accettata, l’ha fatta sua e la combatte ogni giorno pur di avere una vita il più possibile normale e degna di essere vissuta. È consapevole della sua forza e dell’affetto dei suoi cari. Questo lo rende più sereno ed ancor più determinato.
A farlo soffrire è, invece, un Ministero della Difesa che:
- non lo ha, mai, informato su tutti i rischi a cui andava incontro durante quella missione nei Balcani;
- non gli ha fornito – a differenza dell’Esercito statunitense – i dispositivi di protezione necessari ad evitare questo calvario;
- ha dichiarato che lui non ha mai effettuato attività di volo nei Balcani, per negargli il risarcimento del danno;
- gli nega, dal 01.01.2022, di indossare l’uniforme che ha sempre servito con onore.
La richiesta bonaria di risarcimento
“Voglio chiarire a tutti che la mia non è una battaglia per il risarcimento economico del danno. Per anni non mi sono mosso con avvocati. Nel 2005 ho chiesto, infatti, il risarcimento in via bonaria.
Le commissioni mediche militari, prima, ed il comitato di verifica, successivamente, avevano già accertato, verificato e riconosciuto la dipendenza da causa e fatti di servizio, con una invalidità del 100%. Non avevo nulla da dover dimostrare, ero stato iscritto nel Ruolo d‘Onore, oltre ad aver ottenuto lo status di vittima del dovere ed il distintivo d’onore di MUTILATO per servizio. Invece il Ministero della Difesa, nel 2007 – spiega Clacagni – dichiara il falso e questo ha condizionato gli ultimi 15 anni!”.
“Soltanto dopo che il TAR Lazio – ha continuato al telefono il colonnello – ha condannato il Ministero della Difesa, hanno ammesso che si è trattato di un errore e, in autotutela, hanno annullato e sostituito integralmente il documento contenente quella falsa dichiarazione. Grazie a quella l’avvocatura dello Stato di Lecce nel 2017 aveva espresso parere negativo, quindi negato la risarcibilità del danno.
Caso Calcagni, attese infinite
È da evidenziare che l’avvocatura dello Stato, che aveva preso per buona la falsa dichiarazione del Ministero della Difesa, emette il parere negativo alla mia richiesta di risarcimento, non subito nel 2007, ma 10 anni dopo la richiesta del Ministero della Difesa. Probabilmente aspettavano la mia morte per raccontare ai miei figli un’altra storia: questo è un pensiero terribile! Nessuno mi informa del parere negativo e solo un anno e mezzo dopo ricevo una lettera dal Ministero della Difesa con la quale mi comunicano di aver rigettato la mia richiesta di risarcimento. Un diniego senza alcuna motivazione.
Dopo 17 anni di paziente attesa, ho pensato: avrò almeno diritto ad una spiegazione!? Allora ho incaricato un avvocato di Roma per procedere ad un accesso agli atti che viene prontamente rigettato. E così, sono costretto a chiedere ad un giudice di autorizzare l’accesso agli atti. Anche in questo caso il Ministero della Difesa nega l’autorizzazione, ma in questa occasione, deve motivare la decisione del rigetto.
Sul caso Calcagni cade il segreto di Stato
Così scopro che sulla mia documentazione personale era stato posto il SEGRETO di Stato. Ma io non mi arrendo e faccio ricorso al TAR che condanna il Ministero della Difesa. Finalmente riesco ad ottenere l’autorizzazione di accesso agli atti. Il mio avvocato vede finalmente il fascicolo nel giugno del 2019, mentre ero ricoverato in Inghilterra.
Dovete sapere che dal 7 febbraio 2019 ero entrato a far parte del gruppo di lavoro del Tavolo tecnico sull’uranio impoverito. Era stato istituito con decreto ministeriale, presso l’Ispettorato della Sanità Militare. Ero consulente del Ministro della Difesa Trenta.
Il Ministro Trenta sensibile al fenomeno uranio impoverito
Prima di lei, nessun altro Ministro della Difesa era stato disponibile a parlarne e ad affrontare il problema uranio impoverito. Il Ministro Trenta, invece, mi nomina consulente per quel Tavolo tecnico. In poco tempo, insieme ad altre 15 persone, abbiamo raggiunto l’obiettivo chiesto dalla dottoressa Trenta. Abbiamo chiuso i lavori con una relazione finale che abbiamo firmato tutti quanti i membri del Tavolo, 16 persone, 16 firme, compreso me. Peccato che quella relazione, veramente importante, è sparita nel nulla!
Torniamo al documento falso: leggo l’atto che mi gira il mio avvocato e mi si gela il sangue, perché ho pensato immediatamente ai miei figli. Se fossi morto prima, se non avessi lottato per la verità, anche i miei figli avrebbero dubitato delle mie parole, dei miei racconti, dei miei valori. Allora, invio al ministro Trenta il documento in cui era stato dichiarato il falso insieme ai documenti che invece dimostrano la reale attività svolta nei Balcani.
Il Ministro della Difesa, a quel punto, incarica l’ufficio competente di fare chiarezza e, alla luce del mio stato di servizio, emette un documento in cui si attesta la reale attività di volo effettuata nei Balcani e che annulla e sostituisce integralmente quello erroneamente redatto nel 2007. Tiro un sospiro di sollievo, pensando che la questione è finalmente risolta”.
Caso Calcagni, intervengono Le Iene
Il colonnello Calcagni dopo 19 anni è costretto a rivolgersi a Le Iene.
“Quando però chiedo informazioni sulla mia pratica di risarcimento, mi rispondono che la risposta l’ho avuta già, anni prima e che per loro è una pratica chiusa con quella lettera del 2018 in cui mi avevano comunicato il rigetto. Sono esausto, avvilito. Decido a quel punto di scrivere alla redazione de Le Iene e di raccontare la mia storia, allegando i documenti più importanti:
- il documento in cui avevano dichiarato il falso, nel 2007;
- la condanna dal parte del TAR Lazio nei confronti del Ministero della Difesa, con cui è stato eliminato il segreto di Stato sulla mia documentazione personale;
- la dichiarazione, in autotutela, con cui il Ministero della Difesa ammette l’errore e, soprattutto, dichiara i fatti realmente accaduti.
Il 25 maggio 2021 va in onda il servizio de Le Iene con l’intervista di Luigi Pelazza.
Spiego a loro e all’Italia tutta, in modo chiaro ed inequivocabile, che la mia battaglia è per il RISPETTO, tanto da essere persino disposto a rinunciare ad un risarcimento milionario, in cambio di un solo euro simbolico, ma davanti a scuse pubbliche nei miei confronti, nei confronti dei miei colleghi deceduti, dei miei colleghi ammalati e delle nostre famiglie che, troppo spesso, restano sole e ne pagano pesanti conseguenze. A quel punto, non soltanto la pratica di risarcimento non va avanti, ma accade l’incredibile: dopo aver prestato servizio per 11 anni in qualità di richiamato in servizio nel Ruolo d’onore, a domanda, il Ministero della Difesa mi revoca il richiamo in servizio, di cui avevo ottenuto già il decreto, e dal 01 gennaio 2022 mi è preclusa la possibilità di indossare la divisa”.
L’ultima beffa, preservato dal Covid
“Anche qui – ha concluso Calcagni – le motivazioni sono varie e disparate, sempre a seguito di un ulteriore ricorso al TAR. Prima il Ministero della Difesa dichiara che il provvedimento di revoca è solo una protezione nei miei riguardi. Proprio per le mie gravi e delicate condizioni di salute che sarebbe a rischio a causa dell’emergenza Covid (che era già arrivata in Italia da due anni!) se rientrassi in servizio. Successivamente, il Ministero della Difesa dichiara che la revoca è motivata dalla mancanza dei requisiti. Requisiti che però ho avuto per gli 11 anni precedenti in cui sono stato richiamato in servizio. Requisiti che, improvvisamente, sono spariti”.
Il Consiglio di Stato ha preso per buone le ragioni del Ministero della Difesa ed ha lasciato invariato il provvedimento del TAR.
Calcagni però è un sognatore che non molla, per nessun motivo.

Negli anni ha raccolto la vicinanza dei cittadini italiani, il popolo gli vuole un gran bene.
È di esempio e di ispirazione per tantissime persone. Ancor più per tutti coloro che affrontano gravi malattie o problemi di vario genere.
Il motto di Calcagni è “Mai arrendersi” che per lui è un vero e proprio stile di vita.
Ma la sua battaglia, che può essere assimilata a quella di Don Chisciotte contro i mulini a vento, continua. Ci ha dimostrato, in più occasioni, che lui andrà fino in fondo, fino all’ultimo respiro.
Segui l’intervento del colonnello Calcagni al convegno dell’Osservatorio nazionale amianto: “Guerra e pace, vittime del dovere“, a questo link (dal minuto 1.06.40).
Durante l’evento il presidente Ona, l’avvocato Ezio Bonanni, ha sollecitato il Ministero della Difesa a risolvere quello che è ormai dventato il “caso Calcagni”. Il presidente vorrebbe, infatti, che fosse restituita la divisa ad un uomo che ha servito lo Stato con grande abnegazione e che, proprio per questo, ha riportato una grave invalidità.