Nessun colpevole per le vittime dell’amianto dell’ex Fibronit di Broni. La Corte d’Appello di Milano ha assolto i due imputati per omicidio colposo nel processo che va avanti da 17 anni.
A maggio la Procura generale aveva chiesto la condanna di Michele Cardinale e Lorenzo Mo, 75 e 71 anni, ex vertici della Fibronit, per il primo di 3 anni e 2 mesi e per il secondo di 2 anni e 8 mesi. La Corte di Appello, presieduta dal giudice Valeria De Risi, a latere Francesca Vitale e Cristina Di Censo, hanno invece riformato la sentenza del tribunale di Pavia, che aveva condannato i due, assolvendoli.
Broni, la sentenza di primo grado
Il tribunale di Pavia nel 2017 in primo grado aveva condannato Cardinale a 4 anni e Mo a 3 anni e 4 mesi. La Cassazione, dopo una riduzione di pena in Appello, aveva annullato la sentenza di secondo grado rinviando a questo nuovo processo d’Appello.
“La giustizia italiana”, parole che pesano come un macigno quelle di Silvio Mingrino: entrambi i genitori sono morti di patologie asbesto correlate dopo essere stati esposti all’amianto in fabbrica. Il padre direttamente e la madre per aver lavato le tute del marito ogni settimana.
“14 anni fa oggi moriva mia mamma con mesotelioma pleurico. E la colpa è risultata – continuato Mingrino in un post amaro – non essere di nessuno. VERGOGNA Vergogna!!! Voi e gli altri siete stati uccisi dall’amianto respirato in fabbrica da papà e da te mamma, respirato per pulire i panni a papà o per le vie di Broni. Si è trattato sempre delle polveri di amianto prodotte dalla Fibronit”.
“Solleciteremo il Procuratore generale della Corte di Appello di Milano – ha dichiarato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, che assiste Mingrino costituitosi parte civile – ad impugnare in Cassazione. Confidiamo che la giustizia trionfi rendendo giustizia alle vittime e ai loro familiari”.
La Fibronit di Broni
Lo stabilimento produsse cemento amianto anche quando tutti gli altri si erano fermati, preoccupati per le troppe patologie asbesto correlate dei lavoratori e dagli studi che sempre più insistentemente dimostravano la cancerogenicità dell’asbesto. Fino al 1993 anno in cui la Legge 257 del 1992, che metteva al bando questo materiale in Italia, fu esecutiva. L’azienda fino alla fine avrebbe continuato a prendere commesse scartate dalle altre società, esponendo ancora e ancora i suoi lavoratori alla polvere killer.
Ora l’area della ex Fibronit è inserita tra i Siti di interesse nazionale, i Sin, che rappresentano un pericolo ambientale. La bonifica è stata completata nel 2021.
Oltre ai Sin riconosciuti a livello nazionale, ci sono secondo l’Ona un milione di piccoli siti contaminati dall’amianto. Per questo l’associazione ha creato una App per le segnalazioni e la mappature delle aree a rischio.
Il processo bis
La sentenza di oggi è un duro colpo per i familiari delle 27 vittime che rientrarono nel processo. I primi accertamenti parlavano di 275 morti.
C’è un secondo procedimento, avviato quando il primo filone era già partito. Riguarda 480 decessi successivi al periodo delle prime indagini. L’amianto, infatti, è subdolo e le malattie possono restare latenti anche per 30 – 40 anni. Da allora sono state conteggiate altre vittime. Operai dell’azienda, ma anche semplici cittadini che abitavano nelle vicinanze.
Purtroppo, come spesso denunciato dall’Ona, che assiste con una consulenza legale gratuita le vittime, i processi sono lunghi e faticosi, in particolare per i familiari delle persone decedute che ad ogni udienza ripercorrono anni dolorosi e non sempre ottengono giustizia. Eppure già dagli inizi del ‘900 la pericolosità dell’amianto era accertata.
Negli anni ’40 due studi la dimostrarono, così come negli anni ’60. Da allora tutta una serie di pareri discordanti crearono confusione e rallentarono una coscienza collettiva sul problema. Anche questa è stata la vittoria del profitto sulla salute dei lavoratori e dei residenti. Come ha spiegato egregiamente l’avvocato Bonanni nel: “Libro bianco delle morti di amianto in Italia – ed. 2022”. E come dimostrano i tantissimi casi di mesotelioma registrati dall’INAIL nel VII Rapporto ReNaM.