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mercoledì, Novembre 13, 2024

Bonifiche amianto ostacolate da norme disomogenee e costi elevati

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La necessità delle bonifiche amianto si scontra in Italia con l’assenza di una legge che obblighi in ogni caso alla rimozione del minerale killer e con i costi elevati, soprattutto per grandi superfici. Ma anche con un vuoto normativo che delega alle regioni e alle amministrazioni in generale l’elaborazione di linee guida e regolamenti.

Abbiamo approfondito quanto sempre sostenuto dall’Osservatorio nazionale amianto e dal suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, con la responsabile di Eco Agency che si occupa di smaltimento amianto a Bologna, Laura Schiavoni.

La dottoressa Schiavoni in cantiere

Dottoressa durante l’evento “Amianto: prevenzione e bonifica, tutela della salute e dell’ambiente”, organizzato dal responsabile Ona Bologna, Massimiliano Fabiani, ha spiegato come l’Emilia Romagna abbia elaborato delle linee guida per determinare se un manufatto contenente amianto sia o meno pericoloso, per capire poi come agire.

Non esistono linee guida nazionali?

Esiste la Legge 257/1992 che mette al bando l’amianto, ma non c’è un obbligo allo smaltimento se non in determinati casi di deterioramento. Vero è che esistono norme che tutelano la salute dei lavoratori negli ambienti in cui è contenuto amianto, ma non una legge che obblighi un proprietario privato o un’azienda a smaltirlo. Chi può intervenire è la Asl di competenza, in collaborazione con i Comuni. E’ la Asl che verifica la presenza dell’asbesto di solito su segnalazione. Poi invierà una lettera in cui obbliga la proprietà ad effettuare una valutazione sullo stato del manufatto. In seconda battuta può obbligare alla rimozione dando termini temporali anche molto lunghi: da 6 mesi fino anche a 2 o 3 anni.

Voglio comunque aggiungere che il lavoro di sensibilizzazione sul territorio e di valutazione della Asl è davvero prezioso. Va tenuto conto anche di questo: spesso sono sotto organico e cercano comunque di essere sempre presenti. Almeno per quanto riguarda l’Emilia Romagna, fanno davvero molto, considerando anche coprono lo stesso settore dell’infortunistica sul lavoro.

Per quanto riguarda le linee guida a livello nazionale non esiste nulla: ogni regione (come appunto l’Emilia Romagna, la Toscana, il Veneto), ha le sue, anche se sono in qualche modo concordanti. La stessa mancanza di uniformità si ritrova anche nella presentazione dei piani di lavoro.

Ci sono piattaforme diverse per la presentazione dei piani di lavoro?

Esatto. Secondo il D.lgs. 81/2008 è necessario presentare un piano di lavoro con la procedura di rimozione dell’amianto. Anche se la normativa nazionale individua dei punti fissi che vanno compresi nel piano di lavoro, ogni Asl, però, richiede un format diverso a seconda delle regioni. Quindi molte regioni, per esempio la Toscana e l’Emilia Romagna, hanno piattaforme diverse per le procedure.

Questo comporta che aziende che lavorano in più regioni devono conoscerle tutte e muoversi diversamente a seconda dello stabilimento interessato. Lo stesso per la validità dei corsi degli operatori che rimuovono il materiale. C’è un numero di ore fissate per legge e un esame finale. Avuto l’attestato, però, le regioni richiedono aggiornamenti con tempistiche diverse. Qualcuna ogni 5 anni, altre ogni 2 anni. Anche in questo senso non c’è una normativa che dica ogni quanto vanno aggiornate.

E’ chiaro quindi che amministrazioni più attente chiedono maggiori garanzie, altre meno. Dipende dalla sensibilità delle Regioni e dei Comuni sul tema. Questo comporta anche che alcune aziende possono lavorare con lavoratori meno aggiornati, e quindi meno tutelati, e anche una concorrenza sleale rispetto alle altre che invece devono prevedere più spesso corsi di aggiornamento. Ci sono comunque nuove tecniche di smaltimento e dispositivi di protezione migliori rispetto agli anni passati?

Qualcosa è cambiato nei prodotti incapsulanti per le bonifiche amianto, che sono migliori e l’incapsulamento risulta più idoneo, ma per il resto i Dpi sono rimasti gli stessi. Comunque le tecniche e dispositivi sono buoni, ormai sperimentati. Certo non si è investito molto, se non sul recupero dell’amianto, purtroppo però le sperimentazioni non hanno mai garantito che il materiale riutilizzato non rilasciasse fibre. Il risvolto negativo è che l’amianto ha come unica destinazione la discarica.

Sono molte le aziende o i privati che chiamano il laboratorio per un intervento?

Sono più sensibili i privati, perché si rendono conto che è la loro salute che è in gioco e quello della loro famiglia. Per quanto riguarda le aziende tanto dipende dalla sensibilità dei titolari. O dall’ampiezza dell’intervento. A volte hanno capannoni dismessi, che nemmeno utilizzano e li tengono così. In questi casi anche le amministrazioni comunali fanno fatica ad obbligare allo smaltimento. Altre volte è necessario bilanciare l’interesse a mantenere aperta un’azienda (il costo dello smaltimento potrebbe causarne la chiusura), e la salute dei dipendenti.

Ci sono contributi che possano incentivare le aziende a smaltire?

I privati hanno la detrazione del 50% e ora il benefit, per questo sono in qualche modo aiutati. Le aziende però non possono usufruirne. Ci sono i bandi Inail che escono ogni tanto, ma funzionano con il principio di chi prima arriva, gli altri restano fuori. Anche soltanto presentare la domanda ha dei costi, perché è così difficile che è necessario magari un consulente e tanti non ci provano neanche. Non è il modo più corretto. Sarebbe meglio una detrazione fiscale per una valutazione più organica degli interventi.

Bonifiche amianto, la missione dell’Ona

Il presidente Ona chiede da tempo agevolazioni per le aziende che realizzino bonifiche amianto e, invece, premi più alti per quelle che inquinano. L’avvocato Ezio Bonanni ha partecipato al convegno che si è svolto a Bologna il 10 marzo scorso.

Ha ripercorso la storia della lotta all’utilizzo di questo minerale fortemente cancerogeno, come delineata nella sua ultima pubblicazione “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia-Ed.2022“. L’asbesto causa mesotelioma e altre patologie asbesto correlate. Soltanto per la malattia sentinella (mesotelioma) ci sono state dal 1993 oltre 31mila vittime (VII Rapporto ReNaM dell’Inail). Ancora nel 2021 l’Ona ha stimato circa 7mila decessi (considerando anche quelli causati dalle altre patologie legate all’amianto).

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