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mercoledì, Gennaio 15, 2025

Amianto: tutto ciò che c’è da sapere sulla bonifica

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L’Italia fin dagli inizi del novecento è stata una delle principali produttrici di amianto a livello mondiale. Nel 1992 ha bandito la fibra killer, stabilendo con Legge n. 257 del 27/3/1992 il divieto di estrazione, importazione ed esportazione, commercializzazione e produzione di amianto e materiali contenenti amianto.

Una fibra killer che lascia impronte incancellabili

La legge richiama a successivi decreti e circolari a cura del Ministero della Salute in cui si riportano dettagliatamente le modalità attuative degli interventi di bonifica e le relative procedure. Queste vengono affidate esclusivamente ad aziende autorizzate e iscritte alla speciale sezione dell’albo dei gestori di rifiuti.

La messa al bando ha decretato la fine di un epoca in cui in nostro paese aveva largamente utilizzato l’amianto per le sue incredibili caratteristiche. Il tutto, ignorando la pericolosità del minerale, ma rimangono le contraddizioni.

L’obbligo di bonifica: qualche contraddizione

Infatti, la legge 257/92 non impone l’obbligo di bonifica dell’amianto e dei materiali che la contengono. Di conseguenza, ad oggi, ci sono tantissimi siti contaminati da bonificare e i quantitativi dei rifiuti tossici sono esorbitanti.

Purtroppo, però, i dati relativi ai siti contaminati sono approssimativi e sottostimati. Questo perché spesso, anche se le amministrazioni comunali tentano di mettere in piedi dei programmi di monitoraggio, non sempre le risposte arrivano ed inoltre la mappatura è incompleta.

Come si deve smaltire correttamente l’amianto?

Secondo le direttive italiane, i rifiuti contenenti la micidiale fibra killer dovrebbero essere trattati prima dello smaltimento in discarica e riciclati come componenti minerali nei materiali da costruzione. Le dinamiche di un processo delicatissimo.

Un mulino ad anello ad alta energia macina i rifiuti di cemento-amianto per un massimo di 4 ore. 

Durante ogni fase della macinazione, si effettua un monitoraggio delle polveri sottilissime, per verificare la trasformazione mineralogica e morfologica delle fasi dell’amianto. Anche l’efficacia tecnologica del processo di riciclaggio viene valutata preparando e testando malte idrauliche a base di calce e polvere macinata.

Ma dove va a finire l’amianto una volta che è stato rimosso dalle coperture?

Ovviamente dovrebbe andare in discarica, purtroppo però in Italia di discariche che accettano questo l’amianto sono solo 22, di cui due non funzionanti, stando all’ultimo rapporto Inail/Dipia.

Ciò non è sufficiente a gestire la mole di rifiuti prodotti nel nostro paese.

I dati forniti dall’INAIL/Dipia hanno anche evidenziato “le volumetrie di amianto accettate e le capacità residue di ogni impianto, di accettare ancora apporti di cemento amianto, indicando anche le volumetrie residue, cioè quanto amianto ancora le discariche possono accettare (al 30/6/2013 la volumetria totale residua su tutto il territorio nazionale, e cioè la capacità ancora disponibile a smaltire RCA in futuro, è stimabile ~ 2.400.000 mc, di cui oltre il 50% dedicato al codice 17.06.05*-materiali da costruzione contenenti amianto)”.

Quanto costa costruire una discarica?

Greenreport sostiene che costruire una discarica in Italia costerebbe circa circa 5 milioni di euro .

A fronte dei 2 milioni di euro che spendiamo per cure, previdenza, malati e bonifiche in emergenza, appare evidente che realizzare delle discariche per l’amianto costerebbe meno rispetto all’impatto ambientale e sanitario che ne consegue.

I rifiuti vengono portati all’estero

Per tali motivi, la maggior parte dell’amianto smaltito in Italia, viene portato in Germania o in altri paesi. Il minerale viene trattato con un procedimento chiamato vetrificazione che consiste principalmente nel trattamento dell’amianto a temperature maggiori di 900°, con la tecnologia delle torce al plasma. Il materiale ottenuto viene poi riciclato come materiale inerte.

Esportare ha ovviamente un costo, senza contare che il trasporto di questo materiale è decisamente costoso e soggetto alla scheda del Sistri, un sistema ideato per tracciare le movimentazioni di materiali pericolosi e non, da parte delle aziende che si occupano dello smaltimento.

Quali sono i rischi della bonifica?

Alcune aziende per ovviare ai costi esosi, offrono di smaltire i rifiuti a prezzi concorrenziali.

Peccato che spesso abbandonino i rifiuti o li smaltiscano in maniera irregolare, andando per prima cosa a mettere in pericolo la salute pubblica, con i relativi costi sanitari che ne conseguono che ricadono sulla collettività.

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