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domenica, Gennaio 26, 2025
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Morte per diagnosi errata: Asl condannata a risarcire

diagnosi errata

Errore medico: risarciti familiari del paziente deceduto

Errata diagnosi: confondono i sintomi di una leucemia con quelli di una colica renale. Per questo, perde la vita S.M., a soli 26 anni. Secondo la mia visione giuridica, anche in caso di perdita di chance sussiste la responsabilità e l’obbligo risarcitorio. Il caso in esame era stato trascurato anche dopo la morte del paziente. Grazie al supporto medico legale, e allo staff del mio studio (Studio Legale Bonanni), ho potuto dimostrare l’errore medico.

La ASL Roma 6, già Roma H, ha trascurato le mie sollecitazioni e quindi ho dovuto ricorrere al Giudice. Da qui, la condanna del Tribunale di Velletri.

Tribunale di Velletri: risarcimento record per diagnosi errata

Un errore medico, una diagnosi errata che ha portato alla morte, in soli cinque giorni, S.M., 26 anni di Anzio. La asl Roma H è stata condannata, con sentenza del Tribunale di Velletri, al pagamento di quasi ottocentomila euro. Questo importo è stato nel frattempo corrisposto. Infatti, in seguito al pignoramento, i familiari della vittima hanno ricevuto le somme dovute.

“Negligenza e imperizia medica non hanno consentito al paziente di avere un rallentamento nel decorso della malattia, privandolo dunque di avere una sopravvivenza più lunga e una migliore qualità della vita”.

Questa in sintesi la sentenza con la quale la ASL Roma H, ora Roma 6, è stata condannata al risarcimento record, che con gli interessi, ha sfiorato il milione di euro.

Leucemia fulminante: il paziente poteva essere salvato

Secondo quanto sostenuto dal medico legale di parte, qualora il paziente fosse stato trattato e stabilizzato, il decorso della malattia sarebbe stato bloccato. In ogni caso, quantomeno rallentato.

La malattia ematologica acuta, leucemia fulminante, è stata non diagnosticata dai sanitari dell’Ospedale di Anzio. Avevano, infatti, diagnosticato una semplice ‘colica renale’.

Certamente, un errore medico: la negligenza, imprudenza ed imperizia, che è costata la vita ad un giovane di 26 anni. Sì, perché S.M. aveva appena 26 anni, rientrato in casa, dopo due giorni, è sprofondato nel coma. Eppure, “i sintomi della leucemia erano chiaramente evidenti e la neoplasia facilmente diagnosticabile. Tuttavia, senza alcun esame strumentale, il paziente è stato dimesso, senza la presa in carico”, così, il medico legale di parte.

Diagnosi errata: fatale il ritardo nella diagnosi e delle cure

Un gravissimo errore medico costato la vita ad un ragazzo di appena 26 anni. S.M., quindi, è morto proprio per la negligenza dei medici in servizio al pronto soccorso dell’ospedale di Anzio e Nettuno. Il giorno in cui è arrivato con forti dolori all’addome doveva essere immediatamente trattato e stabilizzato.

Una diagnosi errata e ritardata che non ha permesso al giovane, che avrebbe potuto avere ancora tanti anni da vivere, tanti anni da potere dare e ricevere amore, di essere sottoposto a trasfusioni di plasma e piastrine. Questo trattamento avrebbe sicuramente permesso la sopravvivenza, ovvero maggiori chance di sopravvivenza, certamente maggiore a 5 giorni.

Una storia straziante: il paziente è dimesso senza cure

E’ il 4 dicembre di qualche anno fa. L’aria è gelida, le temperature quasi vicino lo zero. Si comincia a respirare aria di festa. Il Natale è vicino. Stefano è a casa. All’improvviso accusa lancinanti dolori all’addome. Spasmi che gli tolgono il respiro. Non ce la fa a resistere.

Stefano è giovane, solare, pieno di vita, non è ipocondriaco. Sta male sul serio. E’ in quel preciso momento che comincia il count down dei suoi ultimi cinque giorni.

Stefano è sorretto dai genitori. Sale in macchina e, insieme ai suoi affetti più cari, raggiunge il pronto soccorso dell’ospedale di Anzio e Nettuno. I medici lo visitano e poco dopo lo dimettono.

Sospetta colica reale sinistra”, questa la diagnosi. La cura? Antibiotici e riposo.

Diagnosi errata: il paziente in coma

Dopo due giorni S.M., mentre era a riposo a casa, come ‘prescritto’ dai medici dell’Ospedale di Anzio e Nettuno, perde conoscenza. Entra in un coma profondo dal quale non ne esce più perché muore dopo due giorni di ricovero nel reparto di rianimazione della casa di cura Città di Aprilia, trasportato d’urgenza nella struttura dai sanitari del 118. E’ nel pronto soccorso della clinica che i camici bianchi diagnosticano unaleucemia mieloide acuta.

Una patologia grave che sarebbe potuta essere accertata con un banale emocromo. Analisi di laboratorio, dunque, come stabilito dalle perizie mediche che hanno indotto il Tribunale di Velletri a pronunciare sentenza di condanna, riconoscendo quindi responsabilità medica, che avrebbero permesso la diagnosi.

Infatti, i risultati degli esami clinici, o meglio dell’emocromo, avrebbero evidenziato la leucemia. Infatti, sarebbero risultate completamente alterate. Così, avrebbero quindi messo in allerta i medici, capendo subito che la diagnosi di “sospetta colica renale” non poteva che essere errata.

Vittima di diagnosi errata: danno al paziente

S.M. con una patologia così grave non avrebbe potuto avere una vita lunghissima. Ma senza quel maledetto errore diagnostico, Stefano avrebbe sicuramente potuto avere la possibilità di essere sottoposto a trasfusioni di sangue e di piastrine. Un iter che permette ai malati ematologici di poter affrontare anche diversi cicli di chemioterapia. Ma tutto questo non è avvenuto a causa di una diagnosi errata.

E poi chissà se la vita avrebbe potuto riservargli anche una rinascita con un trapianto o un autotrapianto midollare. Chi può più dirlo, ora! A Stefano però, tutto questo è stato negato. Dai primi dolori, a chiudere per sempre gli occhi sono solo trascorse 120 ore. Le ultime, le più lunghe e interminabili che mamma e papà difficilmente dimenticheranno.

Lo squarcio nei cuori dei genitori, quella ferita che ha devastato la loro anima, rimarrà aperta per sempre. Un figlio non si dimentica. Un figlio continui ad amarlo anche non potendolo più accarezzare.

Diagnosi errata e risarcimento medico

Il diritto alla salute è il presupposto per l’esercizio di tutti gli altri diritti. Infatti, non vi può essere l’esercizio del diritto di libertà, piuttosto che del diritto al lavoro, se non si è in piena efficienza psicofisica. A maggior ragione, nel caso di S.M., che ha perso la vita proprio perché non è stato stabilizzato.

Recentemente tutta la normativa, in materia di responsabilità medica, ha trovato un definitivo assetto proprio in seguito alla c.d. Legge Gelli Bianco. Si tratta del riordino normativo di tutta la complessa materia della responsabilità medica, anche oltre la problematica del ritardo diagnostico.

Proprio il ritardo diagnostico è  uno dei temi fondamentali per quanto riguarda la responsabilità medica nei casi di mesotelioma, diagnosticati in ritardo. Questi profili sono stati attenzionati dall’ONA, che poi ha proseguito con la tutela anche per altri casi di errore medico.

Responsabilità medica in caso di diagnosi errata

Nel caso in cui ci si trovi di fronte ad errore diagnostico ed anche al ritardo nella diagnosi, sussiste il diritto al risarcimento di tutti i danni. Infatti, nel caso di S.M. il Tribunale di Velletri ha accolto la domanda di risarcimento del danno.

Il profilo più rilevante è proprio quello della responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, cui si aggiunge quello extracontrattuale.

Quindi, il paziente che subisce un danno può chiederne il risarcimento integrale. I danni risarcibili sono sia quelli non patrimoniali che patrimoniali.

Tra i primi, vi è il danno biologico, quello morale e quello esistenziale. Poi ci sono i danni economici. Inoltre, in caso di decesso, i familiari hanno diritto alla liquidazione di quanto maturato dal loro congiunto.

Risarcimento danni, diagnosi errata, errore medico

L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto, tutela quindi, anche i pazienti, senza dimenticare poi il ruolo importante dei medici, per l’assistenza sanitaria. In questa triste esperienza del Covid-19, il sistema sanitario nazionale e i sanitari hanno dato prova di capacità e dedizione. Per questi motivi, le azioni sono sempre intentate contro la struttura sanitaria e solo per ottenere il risarcimento del danno, in casi di effettiva responsabilità.

Consulenza, risarcimento danni diagnosi errata

Proprio perché non si può dimenticare il ruolo fondamentale dei medici, in particolare durante la pandemia Covid-19, nella quarta ondata del gennaio 2022, è necessario circoscrivere l’azione.

In sostanza, agire solo nei casi in cui vi sia un’effettiva responsabilità. Per questi motivi, si può approfondire sul tema malasanità proprio in questo sito.

Chiedi la tua consulenza legale gratuita errore medico, facendone richiesta scritta all’Associazione. Otterrete, gratuitamente, la consulenza legale gratis errore medico, con un parere completo con le norme ed i riferimenti giurisprudenziali. Così, in questo modo, sarà possibile orientarsi e determinarsi per agire per la tutela di diritti.

Diagnosi errata malattie amianto: tutela medica e legale

Nei casi di malattia asbesto correlata, in particolare in caso di mesotelioma, con ritardo diagnostico, è chiaro che c’è responsabilità. Ho, infatti, sempre sostenuto che la diagnosi precoce è fondamentale. L’esperienza mi ha dato sempre ragione. Sono centinaia i casi per i quali la diagnosi precoce ha evitato il peggio. In particolare, nei casi di mesotelioma e di tumore del polmone.

Infatti, per legge, coloro che sono stati esposti a cancerogeni, in particolare ad amianto, hanno diritto alla c.d. sorveglianza sanitaria. Il tutto, come stabilito dall’art. 259 del D. Lvo 81/08 (testo unico sulla sicurezza sul lavoro).

In questo modo, con queste misure di c.d. prevenzione secondaria, è possibile attenuare gli effetti delle esposizioni pregresse.

Per chiedere assistenza medica e legale ci si potrà rivolgere all’Associazione ONA: Tutela Legale ritardo diagnosi malattie asbesto correlate.

La tutela dei sanitari, vittime del Covid-19

In ogni caso, l’ONA supporta tutti i cittadini, dal punto di vista medico e legale. Con il recente Governo Draghi, sono stati implementati i fondi della sanità pubblica. Però, questo non è sufficiente. E’ indispensabile valorizzare il nostro personale medico e paramedico, adeguare le retribuzioni.

Per i nostri numerosi medici, infermieri ed altro personale medico che hanno subito danno per l’epidemia Covid-19, necessario anche il riconoscimento di vittima del dovere.

In questo momento particolare, se si fa riferimento ad una sentenza del Tribunale che condanna delle strutture sanitarie, non si può non ricordare il sacrificio dei nostri sanitari.

Questo non lo possiamo dimenticare. Ecco perchè, già nel marzo del 2020, quando cominciavano a morire con i loro pazienti, ne ho invocato la tutela.

Tanto è vero che, anche nella trasmissione di ONA Tv “lavoratori e tutele nell’era del coronavirus”, ne abbiamo parlato.

Mi sembra doveroso ed onesto, ricordare anche la memoria di tutti i nostri caduti nella guerra al Covid-19, che non si è ancora conclusa.

Allarme ambientale a Mondragone, il WWF scopre discarica abusiva di amianto

Allarme ambientale a Mondragone, il WWF scopre discarica abusiva di amianto

IL 14 GENNAIO 2025, LE GUARDIE GIURATE DEL WWF DI CASERTA HANNO SCOPERTO UNA DISCARICA ABUSIVA NEL COMUNE DI MONDRAGONE, IN PROVINCIA DI CASERTA. TRA I RIFIUTI ABBANDONATI, SPICCAVA LA PRESENZA DI AMIANTO SBRICIOLATO. SITUATA NEI PRESSI DEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI DELL’APPIA ANTICA E VICINA A VILLE ROMANE DI INESTIMABILE VALORE STORICO, L’AREA NECESSITA DI UNA BONIFICA URGENTE PER SCONGIURARE RISCHI SANITARI E PRESERVARE IL PATRIMONIO CULTURALE

La scoperta e l’intervento del WWF

La segnalazione della discarica è stata effettuata dall’ambientalista Alessandro Longo, simpatizzante del WWF che, durante un’escursione nell’area di Mondragone, ha notato i cumuli di rifiuti di plastica e materiali edili abbandonati, inclusi resti di amianto sbriciolato. Rendendosi conto della gravità della situazione, ha immediatamente allertato le Guardie Giurate dell’associazione, così da consentire un rapido intervento investigativo.

Il coordinatore regionale delle Guardie WWF, Alessandro Gatto, ha ribadito la necessità di un’azione immediata, sottolineando non solo il danno ambientale provocato dalla presenza di materiali pericolosi ma anche il rischio di contaminazione delle falde acquifere e del suolo circostante. 

Con l’arrivo della stagione calda, il pericolo che i rifiuti siano incendiati – una pratica spesso utilizzata per eliminare clandestinamente i materiali abbandonati – aumenta esponenzialmente. Questo scenario potrebbe provocare la liberazione di fibre di asbesto e altre sostanze tossiche nell’aria, con gravi conseguenze per la salute pubblica e per l’ecosistema. Gatto ha fatto appello alle autorità competenti per avviare con urgenza un piano di bonifica. Ha quindi sottolineato la necessità di coinvolgere esperti in smaltimento dei rifiuti pericolosi e di garantire un monitoraggio continuo dell’area per evitare ulteriori depositi illegali.

Un problema nazionale: la diffusione delle discariche abusive

La situazione di Mondragone non rappresenta un caso isolato ma è sintomatica di un fenomeno che interessa l’intero territorio nazionale. Le discariche abusive continuano a proliferare in modo preoccupante e si configurano come una delle emergenze ambientali più gravi del Paese. 

A Savona, ad esempio, nel corso del 2024, sono stati individuati circa trecento siti di smaltimento illegale, molti dei quali contenevano amianto. In Veneto, il WWF ha bloccato una proposta per una discarica ufficiale di amianto a Quaderni (in provincia di Verona), dimostrando come queste iniziative possano diventare una minaccia ambientale se non gestite adeguatamente. Anche in Sicilia, nel gennaio 2025, le autorità hanno scoperto una discarica abusiva nel Catanese, contenente rifiuti pericolosi all’interno di un allevamento di bestiame.

Questo fenomeno ha conseguenze drammatiche non solo per l’equilibrio ecologico ma anche per la salute pubblica, poiché i rifiuti pericolosi possono contaminare il suolo, le falde acquifere e l’aria.

L’Italia nel mirino 

Secondo i dati forniti dal ministero dell’Ambiente, l’Italia si trova da anni sotto osservazione da parte dell’Unione Europea per la gestione inadeguata dei rifiuti. Nel 2014, la Corte di Giustizia Europea ha emesso una severa condanna nei confronti del nostro Paese, evidenziando l’urgenza di intervenire su circa duecento siti contaminati. A seguito di tale sentenza, è stato imposto all’Italia l’obbligo di procedere alla bonifica di queste aree, pena il pagamento di sanzioni milionarie.

Nonostante alcuni progressi siano stati fatti, il problema rimane lontano dall’essere risolto. Molte regioni, specialmente nel sud del Paese, continuano a essere teatro di sversamenti illegali che alimentano un circolo vizioso di degrado ambientale e rischi per la popolazione. Questi siti spesso contengono materiali altamente tossici, come appunto l’asbesto, che richiedono interventi specialistici per essere rimossi in sicurezza.

La persistenza di discariche abusive non è soltanto una questione tecnica o amministrativa, ma riflette una mancanza di controlli adeguati, di politiche di prevenzione efficaci e di un sistema di gestione dei rifiuti capace di rispondere alle esigenze del territorio. Inoltre, la diffusione di queste pratiche è spesso legata ad attività illecite, connesse a organizzazioni criminali che traggono profitto dallo smaltimento illegale. Per questo motivo, la questione richiede un approccio integrato che coinvolga istituzioni, enti locali, forze dell’ordine e cittadini.

L’Osservatorio Nazionale Amianto e il ruolo dell’avvocato Ezio Bonanni

L’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), sotto la guida dell’Avvocato Ezio Bonanni, svolge un ruolo cruciale nella lotta contro l’amianto in Italia. Bonanni, figura di spicco nella tutela delle vittime dell’amianto, ha più volte denunciato la presenza di siti contaminati, chiedendo interventi immediati per bonificare le aree e proteggere la popolazione.

In una recente dichiarazione, il presidente ONA ha affermato: «LItalia è ancora in ritardo nella mappatura dei siti contaminati e nella loro bonifica. Le discariche abusive sono solo la punta delliceberg di un problema che necessita di maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Il rischio sanitario è enorme, e i ritardi nei processi di bonifica sono inaccettabili».

L’ONA ha inoltre promosso diverse campagne di sensibilizzazione, evidenziando la necessità di una prevenzione primaria e di politiche più severe per evitare l’abbandono incontrollato di amianto e altri rifiuti pericolosi.

Amianto e uranio: salute, sicurezza e giustizia per i nostri uomini in divisa

Il 20 gennaio, nella maestosa cornice della Sala Protomoteca in Campidoglio, si è svolto l’evento “Amianto e uranio: quale sicurezza sul lavoro per i nostri uomini in divisa“. Questo luogo, ha accolto esperti, vittime e rappresentanti delle istituzioni per affrontare una delle emergenze più pressanti del nostro tempo: la tutela della salute e della sicurezza contro i rischi dell’amianto e dell’uranio impoverito. Guidato dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), l’incontro ha dato vita a un vivace dibattito.

La cornice dell’evento “Amianto e uranio: quale sicurezza sul lavoro per i nostri uomini in divisa”

I relatori del convegno insistono sulla necessità di azioni urgenti

La Sala Protomoteca in Campidoglio, cuore della vita culturale romana, ha offerto uno scenario di straordinaria bellezza e solennità per il convegno. Il convegno incontro di studio “Amianto e uranio: quale sicurezza sul lavoro per i nostri uomini in divisa?” ha costituito l’occasione per una profonda riflessione sul tema della sicurezza sul lavoro. Infatti, anche per il cittadino-soldato si applicano le norme di tutela della salute sui luoghi di lavoro. Questi sono ormai i principi cardine della giurisprudenza. Nel corso del dibattito sono intervenuti anche militari e/o lavoratori esposti e vittime dell’amianto e/o familiari di coloro che purtroppo sono deceduti.

Al centro del meeting, moderato dalla giornalista Mediaset Valentina Renzopaoli, l’amianto e l’uranio impoverito, due questioni che continuano a rappresentare una minaccia devastante per la salute pubblica e per l’ambiente. L’evento ha affrontato le implicazioni di queste sostanze tossiche con particolare attenzione ai militari e ai lavoratori, categorie spesso esposte a rischi elevati e insufficientemente tutelate.

Amianto e uranio impoverito: gli atti del convegno


Il convegno, trasmesso anche in diretta televisiva, oltreché dai canali dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha visto la partecipazione di numerosi relatori, tra cui professionisti nell’ambito legale e criminologico, e testimoni diretti, vittime dell’amianto e di altri cancerogeni . Tra i relatori, Paola Vegliantei, presidente dell’Accademia della Legalità, ha posto l’accento sulle difficoltà dei lavoratori colpiti dagli effetti dell’amianto, definendo urgente una bonifica a livello nazionale. Ha quindi richiamato le istituzioni alla responsabilità, esortandole ad agire con maggiore incisività. «Abbiamo una Costituzione, abbiamo delle norme, tuttavia manca la cultura della sicurezza. Possiamo fare formazione, corsi sulla sicurezza, ma ogni giorno muoiono seimila persone per malattie professionali e incidenti sul lavoro. Non contiamo poi i militati, esposti a sostanze nocive presenti sulle navi o sugli aerei». Nel corso del convegno è intervenuta la Dott.ssa Olga Balafin, giornalista, modella, attrice e presentatrice della trasmissione Golden Hour, che tratta anche il tema della salute, ribadendo l’importanza della tutela alla salute pubblica e evidenziando l’importanza dell’impegno svolto dall’Avv. Ezio Bonanni e più in generale dall’Osservatorio Nazionale Amianto su scala nazionale.

ONA in prima linea

L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, aveva anticipato l’importanza di questa iniziativa attraverso un post pubblicato qualche giorni fa. In quell’occasione, aveva dichiarato: «Sto lanciando una forte mobilitazione per alimentare l’azione a tutela della salute e dell’ambiente, coinvolgendo il mondo dello sport e il Comitato Olimpico Internazionale. È essenziale mettere al bando globale l’amianto e gli altri agenti cancerogeni, tutelando le vittime e le loro famiglie». Ma vediamo qualche numero.

Per il presidente ONA, avv. Ezio Bonanni: «è necessario intensificare la prevenzione e la sorveglianza sanitaria per chi è stato esposto al killer silente»

Dati preoccupanti

Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), ogni anno in Italia si registrano circa settemila decessi legati all’esposizione all’amianto. Dal 2000 ad oggi, l’ONA stima che siano morte oltre 100mila persone per patologie asbesto-correlate, tra cui mesotelioma, tumori polmonari e altre malattie come asbestosi e placche pleuriche.

«Questi numeri allarmanti evidenziano come il mesotelioma sia solo la punta dell’iceberg, con molte altre patologie che restano sotto-tracciate o poco conosciute», spiega Bonnani. «Ragion per cui, è necessario intensificare la prevenzione e la sorveglianza sanitaria per chi è stato esposto al killer silente».

Il presidente ONA ha poi ribadito: «Questa iniziativa rappresenta un passo decisivo verso la tutela dei diritti delle vittime e delle loro famiglie. Dobbiamo costruire un futuro in cui la sicurezza e la salute siano priorità assolute».

Un vivace dibattito

Gaetano Veneto, presidente del Centro Studi Diritto dei Lavori, ha offerto un’analisi giuridica approfondita, evidenziando le lacune normative che continuano a ostacolare la protezione dei lavoratori. Il Prof. Veneto ha sottolineato la necessità di aggiornare il quadro legislativo per garantire tutele efficaci e ha proposto una serie di riforme per colmare queste mancanze.

Melissa Trombetta, criminologa e consulente dell’ONA, ha approfondito le implicazioni criminologiche delle violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro. Ha evidenziato come la mancanza di controlli adeguati e di sanzioni efficaci rappresenti un problema strutturale. «La negligenza non è solo un fallimento tecnico, ma una responsabilità morale e sociale che non possiamo ignorare», ha affermato.

Uranio impoverito: il caso della Somalia 

Un momento significativo del convegno ha riguardato il tema dell’uranio impoverito, con particolare attenzione alle missioni italiane all’estero. Il dibattito ha incluso una ricostruzione dettagliata del caso dei militari italiani esposti a inquinamento ambientale durante la missione in Somalia del 1992-1993, nell’ambito dell’operazione Restore Hope. Questa missione, nata con scopi umanitari, si è trasformata in un dramma per molti soldati, esposti a polveri tossiche generate dall’impiego di munizioni all’uranio impoverito da parte delle forze statunitensi.

I relatori hanno sottolineato come le conseguenze di tali esposizioni siano ancora oggi oggetto di studio, con gravi ripercussioni sulla salute dei militari. La vicenda della Somalia è diventata un simbolo delle lacune nei protocolli di sicurezza e della necessità di una maggiore attenzione nei teatri operativi.

In questo contesto, prezioso è stato il contributo di Sergio Cabigiosu, tenente della fanteria alpina, che ha raccontato le difficoltà operative affrontate dai militari esposti a sostanze pericolose durante le missioni. Cabigiosu ha richiamato l’attenzione sull’importanza di dotare i soldati di adeguate protezioni e di aumentare la consapevolezza sui rischi legati all’esposizione a sostanze tossiche.

Un appello alla responsabilità collettiva 

L’avvocato Ezio Bonanni ha rivolto un accorato appello alla comunità internazionale affinché vengano adottate misure concrete per eliminare definitivamente l’amianto e l’uranio impoverito. «Non possiamo permettere che questa tragedia continui a ripetersi. È tempo di agire con decisione e responsabilità per proteggere le future generazioni», ha concluso Bonanni.

Le prossime iniziative 

L’incontro si è concluso con l’annuncio di nuove manifestazioni, tra cui “Dall’ONU all’ONA. Sostenibilità ambientale e sport. Verso il World Fair Day Play”, previsto per il 27 gennaio 2025. Il presidente ONA ha sottolineato l’importanza di una partecipazione attiva di istituzioni e cittadini per costruire un’Italia libera dall’amianto e dalle armi all’uranio impoverito.

Ancora amianto in RAI: indagine della Procura e il dramma delle vittime

Ancora amianto in RAI: indagine della Procura e il dramma delle vittime (foto Lapresse)

LA SCOPERTA DI AMIANTO NELLA STORICA SEDE RAI DI VIALE MAZZINI, EMERSA A SEGUITO DI UN ALLAGAMENTO, HA RIPORTATO AL CENTRO DELL’ATTENZIONE UNA QUESTIONE IRRISOLTA. L’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO (ONA), CHIEDE MISURE IMMEDIATE DI SORVEGLIANZA SANITARIA PER I DIPENDENTI ESPOSTI, COSÌ DA EVITARE I GRAVI RISCHI A LUNGO TERMINE LEGATI ALLA FIBRA KILLER

La scoperta dell’amianto e l’avvio dell’indagine

Il 17 dicembre 2024, un guasto al sistema di condizionamento ha causato un allagamento al piano terra della storica sede della Radiotelevisione italiana S.p.A (RAI) in Viale Mazzini, portando alla luce la presenza di amianto in alcune aree dello stabile. I rilievi effettuati dalla ASL RM1 hanno rilevato un superamento dei livelli di sicurezza di fibre del killer silente, evidenziando un rischio sanitario significativo. Questa scoperta ha spinto la Procura di Roma ad aprire un fascicolo di indagine a modello 45, ossia senza indagati né ipotesi di reato, per verificare eventuali profili penali.

Il 14 gennaio 2025, dopo una comunicazione ufficiale della ASL, il Consiglio di Amministrazione della RAI, guidato dall’Amministratore Delegato Giampaolo Rossi, ha deciso di estendere lo smart working per i dipendenti che potevano lavorare da remoto e di accelerare il trasferimento degli uffici nella nuova sede di via Alessandro Severo. Questa decisione, adottata “in via del tutto precauzionale”, mira a garantire la tutela dei lavoratori presenti nei locali contaminati.

La Procura sta ora attendendo un’informativa dettagliata dalla ASL RM1, che includerà i risultati delle analisi ambientali e valuterà possibili responsabilità penali legate all’esposizione all’amianto e alla sicurezza sul lavoro, specialmente in caso di dipendenti che abbiano sviluppato patologie correlate.

Le origini del problema e il trasferimento della sede

La presenza di amianto nella sede di Viale Mazzini è nota sin dai primi anni 2000, quando furono avviate le prime bonifiche. Tuttavia, queste operazioni si sono rivelate incomplete, lasciando ancora residui pericolosi in alcune aree dell’edificio, tra cui gli impianti di aerazione e i rivestimenti. Secondo l’ONA, Questa contaminazione ha interessato non solo i dipendenti della sede principale, ma anche quelli delle strutture limitrofe.

Come accennato, nel 2024, la RAI aveva già avviato un piano per trasferire gradualmente i dipendenti nella nuova sede di via Alessandro Severo. Il trasloco era inizialmente previsto per il 2025, ma la scoperta di dicembre ha imposto un’accelerazione del cronoprogramma, con la presentazione di un piano vincolante entro il 27 gennaio. La ASL ha sottolineato che la vetustà degli impianti idrici potrebbe causare ulteriori perdite e aggravare il rischio di esposizione alle fibre di amianto.

Le “vittime eccellenti” dell’amianto: Franco Di Mare e Mariusz Sodkiewicz

L’impatto dell’amianto non è solo teorico. Diversi dipendenti RAI sono stati colpiti da malattie asbesto-correlate, tra cui due figure emblematiche: Franco Di Mare e Mariusz Sodkiewicz, morti a pochi giorni di distanza nel maggio 2024.

Di Mare, noto giornalista e conduttore televisivo, è deceduto dopo una lunga battaglia contro il mesotelioma, una delle patologie più aggressive legate all’esposizione al minerale.

Sodkiewicz, tecnico presso la sede di Viale Mazzini, ha condiviso lo stesso destino. Esposto per anni all’amianto durante il lavoro, ha sviluppato un mesotelioma aggressivo. Prima della sua morte, avvenuta il 13 maggio 2024, Sodkiewicz, assistito dall’ONA, aveva presentato una denuncia alla Procura di Roma. Il suo caso ha portato all’apertura di un procedimento per omicidio colposo, tuttora in corso, che ha posto l’accento sulle responsabilità legate all’esposizione all’asbesto.

L’avvocato Ezio Bonanni ha dichiarato: «La vicenda di Sodkiewicz dimostra quanto sia urgente un intervento deciso per tutelare i lavoratori e riconoscere i loro diritti. La RAI deve assumersi le proprie responsabilità per garantire giustizia alle vittime dell’amianto».

Le richieste dell’ONA: sorveglianza e trasparenza

L’Osservatorio Nazionale Amianto, ha richiesto l’adozione immediata di un protocollo sanitario per i lavoratori esposti all’asbesto. Il presidente, Ezio Bonanni ha evidenziato: «Ricordo che i tempi di latenza delle malattie collegate all’esposizione all’amianto possono arrivare anche a 60 anni. Per questo motivo, chiediamo che vengano effettuati esami diagnostici, come TAC toraciche e addominali, sotto la supervisione di medici qualificati. È una questione di prevenzione e di giustizia per chi ha subito gravi danni».

L’ONA ha inoltre sottolineato l’importanza di garantire la trasparenza sui risultati delle bonifiche effettuate e di monitorare eventuali residui del pericoloso minerale presenti nell’edificio. La richiesta di interventi immediati non riguarda solo i dipendenti attuali, ma anche il personale in pensione e i familiari delle vittime.

Le indagini in corso e il ruolo della giustizia

La Procura di Roma sta ora valutando se sussistano profili penali relativi alla gestione dell’amianto in RAI. Gli inquirenti si concentrano su possibili lesioni ai lavoratori e sulla violazione delle normative antinfortunistiche. La vicenda è particolarmente delicata, dato che coinvolge un’azienda pubblica che dovrebbe rappresentare un modello di trasparenza e sicurezza.

Gli sviluppi delle indagini saranno cruciali per determinare eventuali responsabilità e per prevenire ulteriori esposizioni. Come ha sottolineato Bonanni: «Questa vicenda deve rappresentare un punto di svolta. È necessario imparare dagli errori del passato per costruire un futuro più sicuro».

L’ONA offre supporto tramite il proprio numero verde (800 034 294) e il sito ufficiale.

Amianto: danno psichico, morale ed esistenziale, tra medicina legale e giurisprudenza

Amianto: una battaglia senza fine, tra diritti, giustizia e prevenzione

L’AMIANTO, TRISTEMENTE NOTO COME IL “BIG KILLER DEL TERZO MILLENNIO”, CONTINUA A MIETERE VITTIME E RAPPRESENTA UNA DELLE PRINCIPALI EMERGENZE SANITARIE E LEGALI. LA SUA PERICOLOSITÀ È STATA AL CENTRO DELL’ULTIMA PUNTATA DI ONA TV, DOVE SI È DISCUSSO DEL TEMA “AMIANTO: DANNO PSICHICO, DANNI MORALI E DANNI ESISTENZIALI, TRA MEDICINA LEGALE E GIURISPRUDENZA”. QUESTO INCONTRO, ORGANIZZATO DALL’ONA APS, HA OFFERTO SPUNTI DI RIFLESSIONE SUI GRAVI EFFETTI CAUSATI DALL’ESPOSIZIONE AL MINERALE

Le numerose insidie dell’amianto 

Moderato dalla giornalista Mediaset Valentina Renzopaoli, il dibattito ha visto la partecipazione di esperti illustri. L’avv. Ezio Bonanni, cassazionista e presidente dell’ONA, ha ribadito come le battaglie legali siano fondamentali per il riconoscimento dei diritti delle vittime, sottolineando che: «Ogni vittoria legale rappresenta un passo avanti verso la giustizia per coloro che hanno sofferto». La Dott.ssa Melissa Trombetta, criminologa e collaboratrice dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha approfondito gli effetti psicologici e sociali devastanti delle esposizioni prolungate, mentre il Dott. Pasquale Bacco, medico legale, ha evidenziato l’importanza di una documentazione rigorosa per attestare e quantificare i danni subiti. Il Prof. Matteo Villanova, docente dell’Università “Roma Tre”, ha invece sottolineato come solo un approccio interdisciplinare possa affrontare in modo efficace le problematiche legate all’esposizione all’amianto.

La sentenza e il caso del Maresciallo Abbate

Un esempio emblematico della lotta per i diritti delle vittime è rappresentato dalla recente sentenza del Tribunale di Taranto sul caso del Maresciallo Francesco Abbate. Dopo oltre 40 anni di servizio nella Marina Militare, con esposizione continua a materiali tossici come l’amianto, Abbate è deceduto nel 2020 per patologie correlate. Il ministero della Difesa aveva inizialmente rigettato la richiesta di riconoscimento dello status di vittima del dovere, ma grazie all’impegno legale dell’ONA e dell’avv. Bonanni, il tribunale ha emesso una sentenza schiacciante, riconoscendo alla famiglia della vittima una speciale elargizione e assegni vitalizi, per un totale di circa 500 mila euro. «Il ministero della Difesa aveva rigettato la domanda, nonostante fosse palese che la morte del Maresciallo fosse provocata dalla sua attività a bordo nave. Questa sentenza è un risultato significativo e una vittoria per tutte le vittime dell’amianto», ha dichiarato Bonanni.

La prevenzione: un imperativo irrinunciabile

Con la sentenza del Tribunale di Taranto sul caso del Maresciallo Abbate, ormai passata in giudicato, si rafforza ulteriormente l’urgenza di affrontare il tema della prevenzione. La necessità di evitare nuove esposizioni all’asbesto e ad altre sostanze tossiche e cancerogene resta al centro delle priorità. Questo impegno non si limita solo alla protezione fisica, ma si estende anche alla cosiddetta prevenzione terziaria, finalizzata al risarcimento dei danni subiti dalle vittime e dai loro familiari. Il risarcimento non solo allevia il peso economico della tragedia, ma contribuisce anche a sancire verità giudiziarie e storiche, elementi imprescindibili per una giustizia completa.

Le pronunce dei tribunali, infatti, costituiscono un pilastro fondamentale della prevenzione primaria, poiché creano precedenti significativi e alimentano una maggiore consapevolezza pubblica e istituzionale. È fondamentale considerare, oltre al danno biologico legato alla lesione dell’integrità psicofisica, anche i danni morali ed esistenziali, nonché quelli psichici derivanti dalle gravi condizioni di stress cui le vittime sono sottoposte. Questi aspetti, se adeguatamente riconosciuti e risarciti, rappresentano un passo avanti verso una società più giusta e responsabile.

Un pool interdisciplinare per combattere l’amianto

L’ONA APS ha istituito un pool interdisciplinare formato da medici legali, criminologi e tecnici, con l’obiettivo di offrire un sostegno completo alle vittime e ai loro familiari. Questo gruppo si impegna non solo a garantire un’assistenza legale efficace, ma anche a contrastare condotte pericolose che potrebbero causare nuove esposizioni o danni irreparabili.

In sostanza l’azione dell’avvocato è anche quella di prevenire danni più rilevanti e irreversibili, come chiarito dall’Avv. Paolo Nesta (Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma) nel corso del convegno che si è svolto il 23 novembre 2023, moderato dal compianto Franco Di Mare, poi deceduto per mesotelioma. 

Permane sempre l’emergenza che riguarda le Forze Armate. Sono tanti, infatti, gli uomini in divisa, alcuni dei quali sono stati anche inviati in missioni di pace, specie nel territorio balcanico, che hanno contratto patologie anche gravi, come il mesotelioma, per esposizione ad amianto e ad uranio impoverito. Non solo il caso sopra descritto del Maresciallo Abbate Francesco, ma anche la storia del Colonnello del Ruolo d’Onore Carlo Calcagni, che ha prestato servizio nell’Esercito Italiano e che oggi collabora attivamente con l’Osservatorio Nazionale Amianto, oltreché con l’Osservatorio Vittime del Dovere. Anche lo stesso componente del Direttivo Nazionale ONA, M.llo Nicola Panei, ha ricevuto la diagnosi di asbestosi, a causa della sua lunga esposizione ad amianto e altri agenti cancerogeni durante il servizio prestato nella sezione antincendi dell’Aeronautica Militare Italiana. 

Il ruolo dell’Accademia della Legalità 

In tale contesto, risulta quindi essenziale il ruolo svolto dall’Accademia della Legalità, presieduta da Paola Vegliantei, oltre a quello del Comitato del Ripristino della Festa del 4 Novembre, sotto la guida del Tenente Pasquale Trabucco. Prezioso anche il contributo nei confronti dell’Osservatorio Nazionale Amianto da parte del Dott. Arturo Cianciosi, che coordina il settore medico, oltre ad essere tra i pionieri nella battaglia contro l’amianto in Italia, al fianco dell’Avv. Ezio Bonanni. 

ONA, sotto il segno dell’interdisciplinarietà, ha lanciato una nuova puntata, disponibile sul canale YouTube dell’associazione, per parlare della tematica amianto, ribadendo l’importanza della collaborazione dei diversi professionisti, non solo in ambito legale. La rilevanza del danno psichico, morale ed esistenziale per esposizione ad amianto e delle relative tutele

L’Osservatorio Nazionale Amianto – ONA APS, con lo sportello amianto, continua a sostenere tutte le vittime e i loro familiari attraverso la consulenza raggiungibile al numero verde gratuito 800 034 294.

Il silenzio dell’amianto: la giustizia rende omaggio al Maresciallo Abbate

Marina Militare
Il silenzio dell’amianto: la giustizia rende omaggio al Maresciallo Abbate

IL TRIBUNALE DI TARANTO HA CONDANNATO I MINISTERI DELLA DIFESA E DELL’INTERNO PER LA MORTE DEL MARESCIALLO FRANCESCO ABBATE, RICONOSCIUTO VITTIMA DEL DOVERE. ASSISTITO DALL’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO (ONA), AI FAMILIARI È STATO ACCORDATO UN RISARCIMENTO DI 500MILA EURO.

Un uomo al servizio dello Stato e l’ombra letale dell’amianto


Il Maresciallo Francesco Abbate era nato a Taranto il 21 agosto 1943, in una città profondamente legata alla tradizione navale. Sin da giovane, aveva scelto di servire il Paese, entrando nella Marina Militare Italiana nel 1961, a soli 18 anni. Nel corso della sua carriera, Abbate aveva ricoperto numerosi incarichi, avanzando dal ruolo di motorista navale a quello di aiutante maresciallo con anzianità di grado. Tuttavia, per un lungo periodo della sua vita professionale, aveva operato (sia a bordo delle navi sia nelle officine meccaniche a terra) in ambienti fortemente contaminati da amianto. Questo materiale, ampiamente utilizzato per la coibentazione, si era dimostrato estremamente nocivo per la salute. Nonostante ciò, il militare non aveva mai ricevuto dispositivi di protezione adeguati né informazioni complete sui gravi rischi connessi all’esposizione prolungata.

Amianto: una minaccia silenziosa. La malattia e la lotta contro il tempo

Marina Militare
Il silenzio dell’amianto: la giustizia rende omaggio al Maresciallo Abbate

Le condizioni lavorative di Abbate erano emerse chiaramente durante il processo. A confermare la pericolosità dell’ambiente, oltre a diversi testimoni, era stato anche Omero Negrisolo, tecnico della prevenzione ambientale, secondo cui: ‹‹I motoristi navali, come Abbate, erano tra i più esposti. Le navi e gli arsenali erano pieni di amianto, e le informazioni sui rischi erano pressoché inesistenti››.

Nel 2017, il maresciallo si era sottoposto a una serie di esami diagnostici che avevano evidenziato un quadro clinico complesso, legato a malattie polmonari e altre patologie correlate all’esposizione all’asbesto. Consapevole della gravità della situazione, aveva inoltrato una richiesta di riconoscimento della causa di servizio e dello status di vittima del dovere. Tuttavia, le sue istanze erano state respinte dal Ministero, nonostante le evidenti prove mediche.

Dopo la morte di Abbate, avvenuta nel giugno 2020 all’età di 75 anni, la Commissione Medico Ospedaliera (CMO) aveva riconosciuto finalmente le patologie come causa determinante del decesso. Tuttavia, la Commissione di Verifica del Ministero aveva rigettato nuovamente la richiesta degli eredi. Fu allora che i figli, Antonia e Luigi Abbate, decisero di affidarsi all’ONA e al patrocinio legale dell’avvocato Ezio Bonanni.

L’intervento legale dell’ONA

La causa legale avviata dai figli di Francesco Abbate ha trovato solide fondamenta nel dimostrare il nesso causale tra la prolungata esposizione all’asbesto e la malattia che ne ha provocato il decesso. Con il supporto dell’ONA e del suo presidente, il caso è approdato dinanzi al Tribunale di Taranto, dove si è svolta una meticolosa indagine tecnico-peritale. Il 26 novembre 2024, la sezione lavoro, in composizione monocratica sotto la guida del dottor Lorenzo De Napoli, ha riconosciuto il militare come soggetto equiparato alle vittime del dovere. Nella decisione, il giudice ha evidenziato come ‹‹le condizioni ambientali e operative affrontate dal Maresciallo Abbate siano risultate particolarmente rischiose, a causa di una documentata e prolungata esposizione ad amianto, confermata anche da numerose testimonianze››.

La sentenza, ormai definitiva, ha sancito la responsabilità dei ministeri della Difesa e dell’Interno, condannandoli al riconoscimento ufficiale dello status di vittima del dovere. Questo riconoscimento ha comportato l’inserimento del nome di Abbate nella graduatoria delle vittime, consentendo ai familiari di accedere a un’indennità speciale e assegni vitalizi per un totale complessivo di 500mila euro.

L’avvocato Bonanni ha spiegato: ‹‹Abbiamo presentato una corposa documentazione e testimonianze decisive che hanno dimostrato il legame diretto tra l’esposizione ad amianto e la malattia fatale di Abbate. Questa sentenza ha rappresentato un riconoscimento fondamentale del sacrificio del maresciallo e un importante precedente per i diritti di chi, come lui, ha subito le conseguenze di ambienti di lavoro insalubri››.

Un monito per le istituzioni


‹‹Questa sentenza di condanna non lascia dubbi sulla grave esposizione all’amianto del Maresciallo, ed è schiacciante anche alla luce dell’indagine tecnico-peritale del Tribunale di Taranto. Si tratta dell’ennesimo risultato positivo che ci incoraggia ad andare avanti per la tutela dei nostri uomini in divisa››, ha dichiarato Bonanni, sottolineando l’importanza del lavoro svolto dall’ONA.
‹‹È fondamentale che le istituzioni riconoscano le loro responsabilità nella tutela della salute dei lavoratori, specialmente di coloro che servono lo Stato in condizioni di rischio. La prevenzione deve diventare una priorità assoluta››.