A sbiancare i coralli della Barriera Corallina sono alcune alghe. Rimuoverle potrebbe essere una soluzione
Barriera corallina a rischio
La Grande Barriera Corallina è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità.
Ricchissima di biodiversità, fornisce un supporto vitale a centinaia di milioni di persone, sotto forma di cibo e indotto economico.
La zona che si estende dalla penisola di Cape York, nel Queensland (il punto più settentrionale dell’Australia), fino a Bundaberg, nel sud del continente, corre tuttavia seri pericoli.
Oltre ai cambiamenti climatici e alle influenze antropogeniche, arrivano nuove minacce.
Lo sostengono ricercatori dell’agenzia meteorologica e oceanografica Usa, National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa).
Anche l’ultimo report del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite, non lascia intravedere spiragli di positivismo.
Grande Barriera Corallina: l’allarme degli scienziati
Giusto qualche mese fa, un team di ricercatori aveva espresso una certa preoccupazione per le condizioni di salute della barriera.
Al largo della costa di Magnetic Island (nel nord del Queensland), i coralli presentavano infatti un aspetto alquanto pallido e malsano.
A causare lo sbiancamento dei coralli (coral bleaching), sono diversi fattori, inclusa la presenza infestante di alcune alghe simbiotiche.
Purtroppo questo fenomeno può uccidere i coralli e non sarebbe la prima volta che ciò accade.
Dal 1998, si sono verificati altri cinque eventi simili. Nel 2002, 2016, 2017 e 2020.
Quello del 2016 è stato addirittura descritto come “il più grande sbancamento mai registrato“.
Relazione fra alte temperature, alghe e sbiancamento
La temperatura ideale dell’acqua sulla Grande Barriera Corallina dovrebbe essere compresa tra 22 e 30°C. In questi giorni,la temperatura dell’acqua al largo di Magnetic Island è arrivata tuttavia a 31°C. Il calore eccessivo, soprattutto nel lungo termine, interrompe la relazione tra i coralli e le loro alghe fotosintetiche simbionti.
Di conseguenza, le alghe unicellulari che vivono in simbiosi con i polipi del corallo, non sono più in grado di fornire loro nutrimento, e vengono espulse dallo scheletro calcareo. Quest’ultimo diventa bianco (perché sono le alghe a colorarlo), mentre i polipi si indeboliscono e muoiono, perché non hanno cibo a sufficienza. Anche quelli che riescono a insediarsi, non ricevono abbastanza luce per crescere bene.
Pertanto possono essere spazzati via dalle alghe galleggianti o addirittura danneggiati dalle sostanze chimiche e dagli agenti patogeni contenuti naturalmente nelle stesse.
Tradotto in parole povere?
Se le temperature dovessero continuare a innalzarsi, entro il 2050 il 95% dei coralli potrebbe correre seri rischi (ad affermarlo, tra gli altri, un rapporto del 2020 redatto dalla Coral Reef Monitoring Network).
Altri fattori di morte
- Inquinamento
- Pesca indiscriminata
- Distruzione dell’habitat
Il piano dell’ARC Center: rimuovere le alghe
I ricercatori dell’ARC Centre of Excellence for Coral Reef Studies, hanno già messo a punto qualche piano per evitare un nuovo episodio di sbancamento del corallo.
Innanzitutto ritengono che sia necessario estirpare le alghe più grosse, tra cui il sargasso, la più diffusa all’interno della barriera corallina. Il sistema di “estirpazione”, è stato testato nel 2018 da un team di ricerca condotto dalla dott. Hillary Smith, National Geographic Explorer ed ecologa all’Università James Cook di Queensland.
La dottoressa aveva già fatto eseguire il “diserbo” in diversi punti della barriera. In media, gli snorkelisti e i sub volontari avevano estirpato oltre 86 kg di alghe (il 90% erano sargassi).
Parlando del procedimento “è molto semplice, proprio come pulire il giardino dalle erbacce. Basta afferrare e tirare”, ha spiegato la dottoressa. “L’attività si è svolta sotto la supervisione degli esperti, per controllare che i volontari non si lasciassero prendere dall’entusiasmo, mettendo a rischio i coralli” ha poi precisato.
I risultati dello studio di Hilary Smith e del suo team, sono apparsi sulla rivista scientifica Restoration Ecology. Stando ai ricercatori, pulire i coralli della Grande barriera corallina ha favorito il triplicarsi del numero di nuovi coralli, sia nel 2019 che nel 2020.
Anche il Governo australiano interviene
Intanto il Governo australiano ha annunciato che investirà un miliardo di dollari australiani (da spendere nei prossimi nove anni), per proteggere la Grande Barriera Corallina.
Al tempo stesso cercherà di sostenere i circa 64.000 abitanti del Queensland che vivono grazie all’economia legata alla barriera corallina.
Il progetto prevede di:
- Implementare dei sistemi avanzati di monitoraggio;
- Prevenire la pesca illegale;
- Sostenere la ricerca;
- Ripristinare l’habitat;
- Avviare programmi di volontariato;
- Eliminare i rifiuti marini.
Conclusioni: spedizioni per salvare la barriera
Utile ricordare che a febbraio, l’Unesco aveva pesantemente bacchettato il governo australiano per la cattiva gestione della Grande Barriera Corallina.
Intanto, scienziati, ambientalisti, cittadini australiani e volontari di tutto il mondo, stanno organizzando diverse iniziative per tutelare i coralli e ripristinare le barriere degradate.
Anche una missione di Unesco visiterà la barriera corallina allo scopo di monitorarne lo stato di salute.
ONA:
L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), da oltre 25 anni si occupa di tematiche legate l’ambiente e alla salute, rappresentando le istanze di cittadini e lavoratori che si sono ammalati a causa dell’esposizione ad agenti patogeni, tra cui amianto e uranio impoverito.
Fonti
Rosenberg Y., Blecher NS, Lalzar M., Yam R., Shemesh A., Alon S., Perna G., Cardenas A., Voolstra CR, Miller DJ, Levy O. 2022. “L’urbanizzazione altera in modo completo i ritmi negli olobionti di corallo ‘. Biologia del cambiamento globale.