A oltre trent’anni dal divieto di utilizzo, l’amianto continua a minacciare la salute pubblica e a mietere vittime nel silenzio quasi totale delle istituzioni e dei media.
Nonostante la messa al bando risalga al 1992, si stima che sul territorio nazionale siano ancora presenti più di 40 milioni di tonnellate di asbesto, molti dei quali si trovano in edifici pubblici come scuole, ospedali e strutture comunali.
I numeri sono drammatici: ogni anno, oltre 1.500 persone muoiono di mesotelioma, un tumore maligno direttamente associato all’esposizione all’amianto. Una cifra che parla da sola, soprattutto considerando che si tratta di un rischio teoricamente eliminabile.
Le istanze di REA – Rivoluzione Ecologista Animalista
Gabriella Caramanica, segretario nazionale del movimento politico REA di Roma, lancia in un comunicato pubblico un grido d’allarme chiaro: “Mancano piani nazionali vincolanti di bonifica, risorse adeguate e una cabina di regia governativa. La mappatura dei siti contaminati è incompleta in molte regioni e le istituzioni locali non intervengono. Il risultato è: discariche abusive all’aperto, alcune sotto sequestro, lasciate per anni allo stato di abbandono sotto alle intemperie con conseguenze disastrose su ambiente e salute dei cittadini”.
Il tema al centro anche della cronaca giudiziaria
Il Tribunale del Lavoro di Napoli ha recentemente emesso una sentenza a favore di un ex operaio saldatore, oggi settantenne, che per 12 anni ha prestato servizio presso un’azienda di Pozzuoli, operando in ambienti contaminati senza alcuna protezione. L’uomo ha sviluppato gravi patologie correlate all’amianto. L’INPS aveva inizialmente respinto la sua richiesta di riconoscimento dei benefici contributivi, malgrado una certificazione dell’INAIL. Grazie all’intervento legale dell’Avv. Ezio Bonanni dell’Osservatorio Nazionale Amianto, il ricorso ha avuto esito positivo. Ma resta il simbolo di una battaglia che molti lavoratori devono ancora affrontare da soli.
Da REA arriva un appello forte e diretto
REA chiede l’istituzione immediata di un fondo nazionale per le bonifiche e l’obbligo di rendere pubblici tutti i siti contaminati.
“Non possiamo più tollerare ritardi istituzionali mentre l’amianto continua a uccidere. Il Governo anziché pensare ad un aumento del pil per la difesa, deve dare un’accelerazione agli interventi su scala nazionale e dare garanzie ai suoi cittadini”, conclude Gabriella Caramanica.