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venerdì, Marzo 29, 2024

Amianto nelle ferrovie: un triste primato

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L’uso sconsiderato dell’amianto nelle Ferrovie di Stato

La questione relativa all’amianto nelle ferrovie è una delle grandi “battaglie” dell’ONA (Osservatorio Nazionale Amianto). La Onlus, presieduta dall’avvocato Ezio Bonanni, si è distinta nel corso degli anni per il suo impegno a tutela delle vittime della fibra killer. Ma la strada è ancora in salita sotto tutti i punti di vista. Incluso l’aspetto giuridico.

Le sentenze contro le FS, ree di aver cagionato la morte di centinaia fra lavoratori e viaggiatori, non si contano. Sicuramente ha avuto un grande impatto quella del 2019, nella quale la Cassazione ha confermato la condanna della Corte d’Appello (del 2014) per il decesso di F.A, ammalatosi di mesotelioma.

In riferimento alla sentenza, il presidente Ezio Bonanni, ha dichiarato: “le Ferrovie dello Stato hanno utilizzato amianto in modo abnorme. Questo nonostante se ne conoscessero le capacità lesive per la salute umana. Solo in serio alle numerose condanne le ferrovie hanno avviato un seppur tardivo processo di bonifica. Ora però occorre il risarcimento dei danni”.

Scopriamo cosa ha trasformato un minerale, considerato rivoluzionario e innovativo, in un incubo.

Storia dell’amianto nelle ferrovie

Con lo sviluppo industriale, le ferrovie hanno avuto un impatto significativo sui trasporti e sul commercio. Hanno contribuito a migliorare la vita di milioni di persone che avevano bisogno di un modo economico ed efficiente per spostarsi da una città all’altra.  

Tra i materiali utilizzati nell’industria ferroviaria per tutto il XX secolo, l’asbesto ha avuto un triste posto di rilievo. 

Grazie alla sua capacità di resistere al calore e prevenire gli incendi fu, infatti, impiegato sia nella costruzione di carrozze ferroviarie sia motori delle locomotive. Quale elemento strutturale all’interno delle stazioni, fu utilizzato per tramezzi, intradossi, grondaie, lastre di copertura in cemento amianto e come isolante attorno a tubi e caldaie. 

L’industria ferroviaria faceva affidamento anche su una serie di altri prodotti in amianto. Isolamenti, piastrelle per pavimenti, traversine ferroviarie, motori a vapore. Per via della sua forza e resistenza al calore e all’attrito, per pastiglie dei freni, frizioni guarnizioni dei freni e cemento sigillante.   

Questi materiali che contenevano l’amianto furono inoltre utilizzati anche a nelle vetture e nelle macchine, mettendo a rischio di esposizione passeggeri e ferrovieri.

Lavoratori delle ferrovie ignari dei rischi dell’amianto

I lavoratori delle ferrovie furono in gran parte responsabili del cambiamento epocale. 

Le loro mansioni includevano la gestione, la costruzione, l’ispezione, la manutenzione e la riparazione di migliaia di binari che attraversavano il Paese.

Sembrava che tutto filasse liscio come l’olio e che il progresso fosse foriero di prosperità e salute ma un nemico invisibile avrebbe ben presto trasformato il sogno della conquista in un incubo: l’uso dell’amianto.

Purtroppo, a quel tempo, molti dipendenti che lavoravano nel settore non erano consapevoli dei pericoli rappresentati dal pericoloso agente patogeno. Addirittura pare che i giovani apprendisti, ricavassero delle singolari “palle di neve” dalla fibra killer, che si lanciavano a vicenda.

Aria insalubre nelle fabbriche 

Poiché nelle fabbriche l’aria era piena di polvere di amianto e non esistevano adeguati sistemi di ventilazione e aspirazione, nel corso degli anni, molti lavoratori svilupparono patologie asbesto correlate. Cioè: mesotelioma, ispessimento pleurico e asbestosi. 

L’esposizione all’amianto non si verificava solo durante la costruzione ma anche durante la riparazione dei motori e nel corso dei lavori di manutenzione. 

In questi ultimi casi, la polvere di amianto “disturbata” dalle sollecitazioni, si liberava nell’aria divenendo altamente nociva. Quando i vagoni ferroviari più vecchi si deterioravano, l’amianto infatti diventava friabile, provocando il rilascio delle fibre killer.

Oltre all’esposizione all’amianto durante le lavorazioni, i lavoratori delle ferrovie si imbattevano nell’asbesto naturale durante gli scavi delle gallerie.

Anche i lavoratori delle ferrovie che non lavoravano direttamente con i materiali contenenti asbesto erano a rischio di esposizione. Questo a causa della prevalenza della tossina all’interno delle fabbriche.

Smaltimento e stoccaggio dell’amianto nelle ferrovie

Un altro problema era quello legato alla produzione e allo smaltimento di rifiuti tossici, incluso il terribile minerale. Questi, infatti, venivano smaltiti con altri rifiuti su discariche o stoccati in altre aree in loco, all’interno di fosse molto grandi. 

Di conseguenza, i lavoratori che passavano nelle aree limitrofe, si trovavano a contatto inevitabilmente con le minuscole particelle rilasciate nell’aria.

Dalle locomotive a vapore alle carrozze moderne fino alla messa al bando dell’amianto

Se già negli anni ’30 le prime locomotive a vapore contenevano quantità significative di amianto crisotilo. Fu solo verso la metà degli anni ’50 che il suo utilizzo si intensificò fino a raggiungere il culmine negli anni ’80. 

Bisognerà attendere tuttavia la legge 257/92 per porre fine alla parola amianto in italia.

Grazie alla legge, furono banditi tutti i prodotti contenenti amianto. Fu vietata l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la sua produzione.

Peccato che ormai fosse troppo tardi: l’ecatombe era già in atto.

Amianto: cosa accade a livello degli organi 

Quando vengono disturbate, le fibre di amianto possono essere inalate o ingerite. Molte vengono espulse, ma alcune possono depositarsi nel rivestimento degli organi e rimanere lì per tutta la vita. 

Le fibre microscopiche creano tessuto cicatriziale e nel tempo possono portare a rischi per la salute, tra cui mesotelioma, asbestosi, cancro ai polmoni e altre malattie polmonari.  

Tra i lavoratori delle ferrovie, l’incidenza di mortalità  per mesotelioma si è attestata intorno al 17,6% (stima per difetto).

Poiché non esiste un rischio zero e poiché i tempi di latenza della malattia sono lunghissimi 20-50 anni –, chi è stato a contatto con la pericolosa fibra può contrarre patologie asbesto correlate in qualsiasi momento di questo arco di tempo.

Ciò vuol dire che i tassi di mesotelioma tra i lavoratori delle ferrovie potrebbero rimanere stabili per decenni, nonostante le stime secondo cui il numero di lavoratori nel settore diminuirà del 3% entro il 2026.

Prove su prove

Nonostante le numerose evidenze scientifiche sulla pericolosità della fibra, nonostante una legge e nonostante il numero dei morti continui a crescere, il problema amianto in Italia è solo parzialmente risolto.

I dati sono approssimativi: il Registro Nazionale dei Mesioteliomi (ReNaM) riporta per il settore della costruzione dei rotabili ferroviari 355 casi (riferiti sia al personale viaggiante sia agli addetti alla manutenzione) nel periodo che va dal 1993 al 2008. L’aggiornamento dei casi è nel VII Rapporto ReNaM.

Tenendo presente che inizialmente non tutte le Regioni avevano istituito il registro (tutt’oggi manca per la provincia autonoma di Bolzano e per il Molise) e che comunque alcuni casi non risultano censiti, l’incidenza può essere calcolata in circa 400 casi. 

Inoltre, considerando che il registro annovera circa 40 casi l’anno, con un conteggio fermo al 2008, si possono stimare non meno di 600 casi (censiti dal centro di ricerca contro il cancro Ramazzini di Bologna). 

Altri studi confermano la pericolosità dell’esposizione alle fibre di amianto 

Ne elenchiamo giusto un paio.

1) Il Dr. Wilhelm C. Hueper ha condotto una ricerca che ha dimostrato che i casi di cancro ai polmoni erano più di tre volte più numerosi tra i lavoratori ferroviari “operativi” (ingegneri, vigili del fuoco, frenatori, conduttori, commutatori e personale di turno) rispetto ai lavoratori “non operanti”;

2) Uno studio condotto dal Dipartimento di Medicina del Brigham and Women’s Hospital del Massachusetts dal titolo “Esposizione passata all’amianto tra i lavoratori ferroviari attivi”, ha rilevato che prima della transizione dalle locomotive a vapore alle locomotive diesel durante gli anni ’50, i lavoratori delle ferrovie erano  a rischio di esposizione significativa all’amianto;  

3) Altri studi condotti dallo stesso dipartimento hanno dimostrato che i lavoratori più anziani con lavori associati alla riparazione di locomotive a vapore avevano la maggiore esposizione.

Il 21% (50 su 242) dei lavoratori di età pari o superiore a 50 anni aveva una probabile esposizione all’amianto.

Il 3% (nove su 275) dei lavoratori di età inferiore ai 50 anni ha avuto una probabile esposizione all’amianto.

La durata dell’esposizione dei lavoratori attivi più anziani è stata breve.  

La mediana era di tre anni e l’intervallo è compreso tra sei mesi e 15 anni.

Amianto nelle ferrovie: parla il presidente ONA, avv. Ezio Bonanni

Purtroppo, desta preoccupazione il fatto che l’argomento sia ancora poco dibattuto sia dai media sia dalle Istituzioni.

La Onlus ONA, presieduta dall’avvocato Ezio Bonanni, oltre a fornire un riepilogo dei principali requisiti legali e informazioni dettagliate sull’amianto, non intende “deragliare” e nel corso degli anni ha sempre mantenuto caldo il tema.

Secondo il legale, i casi “costituiscono la prova provata di una epidemia che iniziata già negli anni ’90 prosegue tutt’oggi”.

L’Osservatorio afferma, inoltre, che, presso l’OGR (Officine Grandi Riparazioni di Bologna), “muore di patologia asbesto correlata (tra lavoratori in pensione e persone che vi lavorano ancora ma che sono in malattia professionale) una persona alla settimana”. 

Cosa che rende necessario un monitoraggio costante ed esteso

Per tali motivi, l’ONA, oltre a proseguire nella sua azione di informazione a tutela dei cittadini, lavoratori esposti o ex esposti, offrendo gratuitamente consulenza legale, sociale e scientifica”, annuncia “una serie di esposti querela” nelle diverse sedi competenti sul territorio nazionale per la morte da mesotelioma pleurico di alcuni ex dipendenti delle Ferrovie.

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