La Corte di Appello di Firenze ha confermato la condanna dei ministeri dell’Interno e della Difesa a riconoscere Antonio Ballini, che aveva svolto il servizio di leva presso la Marina Militare, vittima del dovere. Così come a risarcire la vedova.
Vittima del dovere, alla vedova rendita mensile
L’uomo, di Monte Argentario, è morto all’età di 69 anni, per un mesotelioma pleurico dovuto all’amianto. Per questo la vedova e il figlio si erano rivolti all’Osservatorio nazionale amianto e all’avvocato Ezio Bonanni, per ottenere giustizia. E in primo grado la moglie, Delfina Lucignani, aveva ottenuto una rendita mensile. I ministeri avevano presentato appello contro la sentenza 99/2022 del Tribunale di Grosseto, che aveva riconosciuto l’uomo vittima del dovere, e aveva disposto il pagamento degli assegni vitalizi e della speciale elargizione alla vedova.
Ballini, durante il servizio militare, tra il 1965 e il 1967, è stato impiegato su navi militari, sia in attività di manutenzione che di conduzione, con diretta manipolazione di componenti contenenti amianto. In particolare ha lavorato sulla motovedetta CP227, risalente agli anni ’60 dove venivano usati materiali con asbesto. La sua attività consisteva nell’armamento di mezzi nautici, nella cura dei materiali e dei mezzi e nella manutenzione degli stessi, nello svolgimento di servizi di coperta, di comunicazione e di banchina presso la Capitaneria di Porto di La Spezia e di Civitavecchia.
Amianto: esposizione remota ha una valenza maggiore
Nella sentenza di primo grado il giudice ha sottolineato come “l’esposizione ad amianto del Ballini sia avvenuta in occasione dello svolgimento di attività di servizio” e soprattutto che “l’esposizione remota ha una valenza maggiore rispetto alle esposizioni successive”.
Gli studi attribuiscono, infatti, maggiori livelli di rischio alle esposizioni precoci rispetto a quelle intervenute in età successiva. Ballini, dopo il servizio di leva, aveva lavorato per 25 anni nel cantiere navale di Porto Ercole. Qui era stato sicuramente esposto all’amianto. Questo però non è stato motivo di accoglimento del ricorso dei ministeri. La Corte d’Appello ha spiegato che l’esposizione nel periodo del servizio militare si pone come “concausa” della malattia. E ha ricordato un lavoro dell’Inail dell’8 novembre del 2012.
In questo documento viene affermato che “una volta che sia innescato il processo che irreversibilmente conduce alla manifestazione della malattia, ogni esposizione successiva non ha effetto. Il tempo trascorso dall’esposizione assegna un peso maggiore alle esposizioni più remote”. Neanche il fumo di sigaretta è stato considerato. Il fumo, infatti, porterebbe ad un aumento esponenziale del rischio di sviluppare tumori ai polmoni. Invece “per i mesoteliomi… non sembra esservi alcuna interazione”.
Giustizia per la vedova, ma non per il figlio non a carico
Anche in questo caso, purtroppo, è stato rigettato il ricorso del figlio di Antonio Ballini, Marco. L’uomo chiedeva gli stessi benefici della madre. Quando il padre è venuto a mancare, però, aveva 40 anni, non era a carico del genitore e non ne ha diritto. Almeno secondo l’ultimo orientamento della Corte di Cassazione. “Una discriminazione – continua ad insistere l’avvocato Bonanni – che non tiene conto delle sofferenze degli orfani non a carico”.