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giovedì, Marzo 27, 2025

Amianto e giustizia: un milione di euro alla famiglia di un militare morto per mesotelioma

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DOPO ANNI DI BATTAGLIE LEGALI, IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA HA EMESSO UNA SENTENZA DEFINITIVA CHE CONDANNA IL MINISTERO DELLA DIFESA A RISARCIRE CON UN MILIONE DI EURO LA FAMIGLIA DEL SOTTOCAPO NOCCHIERE CLEMENTE CRISCI, DECEDUTO NEL 2015 PER UN MESOTELIOMA PLEURICO CAUSATO DALL’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO DURANTE IL SERVIZIO NELLA MARINA MILITARE. L’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO E LEGALE DELLA FAMIGLIA, HA DEFINITO LA SENTENZA «UN PUNTO DI SVOLTA»

Amianto in Marina. Il caso Clemente Crisci: una storia di ingiustizia e sofferenza 

Clemente Crisci, originario di Maddaloni (Caserta), aveva prestato servizio nella Marina Militare tra il 1966 e il 1971, un periodo in cui molte unità navali della flotta italiana erano ancora costruite con materiali altamente pericolosi. Nello specifico, le navi su cui fu imbarcato contenevano elevate concentrazioni di amianto, una sostanza che, una volta inalata, può causare malattie polmonari gravissime, tra cui il mesotelioma pleurico, un tumore particolarmente aggressivo e letale.

Per cinque anni, il marinaio visse e lavorò in ambienti saturi di fibre di asbesto, senza alcun tipo di protezione individuale. Gli spazi più contaminati erano i locali motori, i corridoi, i rivestimenti delle condotte di scarico e persino gli ambienti destinati alla vita quotidiana dell’equipaggio. Le particelle killer, disperse nell’aria e invisibili a occhio nudo, venivano inalate continuamente dai militari a borso, aumentando drasticamente il rischio di sviluppare patologie letali nel corso degli anni.

In effetti, nel 2014, oltre quarant’anni dopo la fine del servizio militare, Crisci ricevette la terribile diagnosi: mesotelioma pleurico. La sua battaglia legale iniziò subito dopo, con la richiesta di riconoscimento della causa di servizio e dello status di vittima del dovere, diritti che gli sarebbero spettati per legge. Tuttavia, il ministero della Difesa negò inizialmente ogni responsabilità, costringendolo a intraprendere un lungo e doloroso iter giudiziario.

Clemente Crisci morì il 19 agosto 2015, senza aver ottenuto alcun riconoscimento ufficiale da parte dello Stato per i danni subiti a causa della sua esposizione all’amianto.

L’iter legale: un percorso lungo e sofferto

Nel 2018, la Commissione Medica Ospedaliera (CMO) di Roma certificò ufficialmente il legame tra l’esposizione all’amianto durante il servizio militare e la malattia che aveva portato alla morte di Crisci. L’anno successivo, nel 2019, anche il Comitato di Verifica del Ministero della Difesa confermò il riconoscimento.

Nonostante queste conferme ufficiali, la famiglia del militare dovette continuare a combattere per ottenere un risarcimento adeguato. La causa legale si trascinò per anni, fino alla recente sentenza del Tribunale Civile di Roma, che ha condannato il Ministero della Difesa a pagare un risarcimento di un milione di euro alla vedova e alle due figlie.

Il presidente ONA, l’avvocato Ezio Bonanni, che ha seguito il caso dall’inizio, ha commentato con parole cariche di emozione e di denuncia:

«Ricordo Clemente Crisci gravemente malato. Era molto scettico nella possibilità di ottenere il riconoscimento contro il Ministero della Difesa. Si riteneva tradito come uomo, cittadino e militare e sapeva di dover morire. Ricordo un’ultima telefonata prima della sua morte. La voce lasciava trasparire la fame d’aria e d’ossigeno. Dopo la sua morte, in un’assemblea di vittime dell’amianto che si è tenuta a Napoli, intervennero la vedova ed una delle orfane. Ricordo il loro sconforto, la loro tristezza e anche la loro disperazione. Eravamo impotenti davanti a questa morte e anche al colosso dello Stato e della Marina Militare, che all’epoca non avevano ancora riconosciuto il diritto. Ora abbiamo ottenuto una sentenza passata in giudicato. Questo non restituirà la vita a Clemente, né lo restituirà ai loro familiari, tuttavia è un punto importante di svolta perché imporrà la definitiva bonifica delle navi della marina dall’amianto e quindi salverà vite umane».

Amianto nella Marina Militare: un problema sistemico

Il caso di Clemente Crisci non è isolato. L’amianto è stato ampiamente utilizzato nelle costruzioni navali fino agli anni ’90, e centinaia di militari italiani hanno subito esposizioni prolungate e non protette.

Molti di loro hanno sviluppato gravi patologie asbesto correlate. La lentezza nel riconoscere le malattie professionali legate al pericoloso minerale ha costretto molte famiglie a lunghi contenziosi legali contro lo Stato per ottenere giustizia.

Negli ultimi anni, numerose sentenze hanno condannato il Ministero della Difesa a risarcire le vittime e i loro familiari, ma il problema resta ancora aperto. L’Osservatorio Nazionale Amianto, guidato da Ezio Bonanni, continua a denunciare la mancanza di un piano di bonifica completo per le unità navali della Marina Militare e la necessità di maggiori tutele per gli ex militari esposti a questa sostanza mortale.

Una vittoria amara, ma un segnale di speranza

La sentenza che riconosce il risarcimento alla famiglia di Clemente Crisci rappresenta un’importante vittoria legale, ma arriva troppo tardi per l’uomo che ha sacrificato la sua salute al servizio dello Stato.

La sua storia è un simbolo della negligenza istituzionale che per decenni ha ignorato i rischi dell’amianto, lasciando migliaia di militari esposti senza protezione. Tuttavia, grazie a battaglie come questa, qualcosa sta cambiando.

La speranza è che la morte del sottocapo nocchiere non sia stata vana e che, grazie alla sua storia, nessun altro militare debba mai più subire lo stesso destino.

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