Le paure connesse alla pericolosità dell’amianto sono reali e fondate. A seguito della scoperta della sua pericolosità, avvenuta ormai circa cinquanta anni fa, è passato parecchio tempo prima dell’effettivo divieto di utilizzo e commercializzazione di questo materiale. Anzi, è da ricordare che l’asbesto è stato largamente utilizzato, in particolar modo nelle ricostruzioni effettuate a seguito delle demolizioni avvenute durante la seconda guerra mondiale e nel periodo del boom economico.
Non tutti sono però a conoscenza di alcuni metodi attraverso i quali è possibile smaltire l’amianto in maniera sostenibile. È importante, infatti, smaltire questa sostanza cancerogena quando ne vengono trovate tracce, soprattutto nelle costruzioni, in maniera del tutto sicura per l’ambiente e per la salute pubblica.
I danni che provoca l’amianto alla salute e all’ambiente
Seppure è stato fatto per parecchio tempo un ampio utilizzo di questo materiale, l’amianto rimane una delle sostanze più pericolose e nocive, per la salute ma anche per l’ambiente che ci circonda. Il grado di pericolosità di questa sostanza, infatti, aumenta in base allo stato in cui si presenta, a seconda del processo di conservazione che ha subito. Spesso, infatti, l’asbesto veniva utilizzato in misture impiegate poi nella costruzione di edifici in cemento, oppure nei rivestimenti esterni delle abitazioni. Per questo motivo, il più delle volte era esposto alle intemperie, non garantendone la corretta conservazione e, di conseguenza, aumentandone la friabilità. Proprio questa sua caratteristica rende possibile la formazione di polveri e fibre di amianto. Quest’ultime, aerodisperse, diventano potenzialmente pericolose oltre che per l’ambiente, anche per chi le inala, e quindi per la salute umana.
Sono tanti i danni e le patologie che può provocare questa sostanza alla salute. Tra questi, le più diffuse sono quelle all’apparato respiratorio. L’asbesto, così come le fibre e le polveri che ne derivano, è causa del mesotelioma. Si tratta di un tumore maligno che colpisce le cellule mesoteliali, coloro che formano il mesotelio, lo strato di tessuto che avvolge i polmoni. La pericolosità di questa patologia risiede principalmente nel fatto che i sintomi iniziano a manifestarsi solamente in uno stadio avanzato, quando risulta ormai impossibile intervenire. L’amianto è però deleterio anche per l’ambiente. Infatti, la sua dispersione aumenta l’inquinamento di corsi e pozzi di acqua, facendo morire la fauna e alternando la flora presente in essi. Per i motivi sopraelencati, è importante procedere sempre con una bonifica e un conseguente smaltimento, che può avvenire anche in maniera sostenibile.
Metodi sostenibili per lo smaltimento
Oggi sono utilizzati per lo smaltimento dell’amianto principalmente tre metodi. La rimozione, si occupa dell’eliminazione definitiva dei materiali inquinanti. Purtroppo, questo sistema tende ad esporre gli operatori spesso all’inalazione delle polveri e fibre di asbesto, provocando inevitabilmente un ulteriore danno alla salute. In alternativa, è possibile procedere con l’incapsulamento, molto più sicuro. Attraverso l’utilizzo di prodotti, questi penetrano e ricoprono completamente le fibre di amianto che vengono così inglobate in una pellicola protettiva. In questo modo, oltre a non essere prodotti rifiuti, infatti, viene tutelata anche la salute degli operatori che svolgono queste mansioni. Infine, c’è il confinamento, che consiste nel creare una barriera che divide l’amianto dal resto della costruzione. Ma quest’ultima operazione prevede inevitabilmente l’incapsulamento della materia nociva.
Non tutti sono a conoscenza dell’estistenza di ulteriori metodi per lo smaltimento delle fibre di asbesto, magggiormente sostenibili. In particolare, questi provocherebbero una significativa riduzione dell’inquinamento ambientale a seguito della bonifica dei siti contententi amianto. Tra questi ci sono l’inertizzazione e la vetrificazione. Attraverso queste operazioni, infatti, i rifiuti di eternirt vengono distrutti in inceneritori a temperature di almeno 1600°C. Esposte a tale calore, infatti, le fibre vengono distrutte definitivamente. A seguito della fusione si ricava un prodotto inerte ed insolubile, simile al vetro, che può essere addirittura rimesso in commercio per vari usi. Infine, c’è la nodulizzazione. Quest’ultima operazione prevede la polverizzazione della sostanza nociva in impianti specializzati e la successiva ricomposizione con specifici materiali collanti, che ne permettono lo stoccaggio in ulteriori siti.