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martedì, Settembre 17, 2024

Amianto in Calabria: la rabbia dei testimoni inermi

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La situazione dell’amianto in Calabria continua a fare rumore. Nonostante i tentativi di stilare e attuare un piano definito, come affermato dall’ingegnere Infusini, tutto tace. Questo crea una forte indignazione, soprattutto tra chi ha visto morire i propri cari in un battito di ciglia, a causa dell’amianto. Un grido di rabbia verso le istituzioni. Un grido di dolore per le vite spezzate. Un grido di battaglia per dare forza a chi vive ogni giorno queste tragedie. A dare una visione ampia e d’impatto della situazione è Massimo Alampi, coordinatore dell’ONA Reggio Calabria, che ci racconta la sua esperienza personale con il mesotelioma.

Amianto, Massimo Alampi: “Ho perso mio padre”

«Tutti sanno quanto l’amianto sia tossico e nocivo, ma nessuno fa niente per avviare una bonifica», ci racconta Massimo Alampi. «Recentemente, mentre camminavo per la città, ho trovato una serie di rifiuti bruciati e sotto c’erano tubi di amianto. Con il calore, il rischio di dispersione nell’ambiente aumenta, inquinando l’aria e i polmoni delle persone».

Qual è la situazione “amianto” a Reggio Calabria?

Secondo la testimonianza di Massimo, a Reggio Calabria sono “all’anno zero” per la questione amianto. Oltre le leggi nazionali, che ci sono dal 1992, la Calabria è dotata di un piano regionale chiamato PRAC. Al suo interno c’è una serie di prescrizioni che dicono passo passo cosa fare. In primo luogo bisogna fare la mappatura georeferenziata aggiornata. L’ultima a Reggio risale al 2016. Poi si deve applicare il piano comunale.

«Il rischio, ed è già successo, è che senza mappatura chiunque decida di togliere l’amianto dal proprio edificio e buttarlo in giro, provocando danni ambientali e alle persone, non può essere rintracciato. Secondo l’ultimo report, sicuramente sottostimato, su Raggio Calabria abbiamo circa 30 ettari. Può capitare che alcuni edifici abbiano il tetto con uno strato di eternit sotto, ricoperto poi da lamiere, che lo rende occultato e non percepibile. Esiste anche la manutenzione dell’amianto, infatti se non è ammalorato, basta incapsularlo con delle vernici particolari».

Quindi non c’è stata alcuna manovra per la questione?

«Assolutamente nulla. Solo nel 2014 è stato fatto un piccolo censimento. La mossa è stata giusta, ma si è fermato tutto. È stato fatto il primo passo, ma non i successivi».

Che impatto ha avuto l’amianto sulla sua vita privata?

«Ho perso mio padre, è stato devastante. Nessuno l’ha mai chiamato, nonostante fosse un esposto riconosciuto dall’INAIL, nessuno gli ha mai consigliato di fare sorveglianza sanitaria. Ci siamo trovati con i primi sintomi e nel giro di 5 mesi è morto a causa del mesotelioma pleurico – racconta Massimo –. Io ricordo che è stato ricoverato in ben due ospedali di Reggio. Decine di analisi e non risultava nulla. Poi è stato trasferito a Messina e, dopo aver ripetuto le analisi, eseguito toracentesi e talcaggio, il medico mi ha rivolto una domanda che nessuno aveva posto prima: “Suo padre dove lavorava?”. Domanda lecita, visto che durante l’intervento ha trovato i polmoni pieni di amianto e la biopsia ha poi rivelato il mesotelioma pleurico sarcomatoide maligno. Chiedendo che tipo di terapia si potesse iniziare per combattere la malattia, il medico ha risposto semplicemente la terapia dell’accompagno», afferma con una forte commozione.

Com’è entrato in contatto con l’ONA?

Non sapendo nulla sull’amianto, il giorno che suo padre è morto ha cercato sul web “mesotelioma pleurico” ed è comparso l’Avv. Ezio Bonanni. L’ha contattato, iniziando il percorso per avere i riconoscimenti dovuti. «Si è creato un legame così forte da ritrovarmi un giorno una mail con la nomina di coordinatore dell’Osservatorio di Reggio Calabria – ci dice Massimo –. Onestamente, io faccio il volontario, faccio quello di cui avevo bisogno io nel 2016, quando non ho trovato nessuno che potesse indirizzarmi».

Cosa fate per i parenti e le vittime di amianto in Calabria?

«L’unica cosa che possiamo fare è solo informazione a 360°, soprattutto utilizzando i canali social. Purtroppo, un coordinatore qui su Reggio, volendo andare oltre utilizzando le leggi vigenti, il piano regionale e altro, ha un po’ le mani legate. Dove ci sono le criticità cerco di dare quello che so. Qui su Reggio Calabria il discorso amianto” è tabù».

Cosa direbbe alle autorità sull’amianto in Calabria?

«La minaccia dell’amianto non è solo mia, ma di tutti, compresi gli amministratori. Loro hanno l’obbligo morale, si parla di salute pubblica, non di un fatto privato». Massimo ha spiegato molte volte alla Commissione Ambiente i passi da compiere e la sequenza da sviluppare. Ha sottolineato in numerose occasioni che si tratta di un problema di tutti. «Ricevo tanti sì, ma nessuno si muove. Avevo proposto l’apertura di uno sportello amianto comunale, gestito da dipendenti del comune, ma niente». Al bando del 2020 per i fondi per la bonifica degli edifici, circa 43 milioni di euro, Reggio non ha pertecipato. «Alcuni hanno affermato che i fondi erano solo per rimuovere l’amianto, e non per ricostruire i tetti. Perciò l’amministrazione avrebbe dovuto mettere i soldi. Il problema è che i politici vogliono la primogenitura e in questo caso non converrebbe. Quando si tratta di amianto, nessuno vuole metterci il nome».

Amianto in Calabria: intervento dell’Avv. Bonanni

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