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mercoledì, Gennaio 15, 2025

Amianto all’Istituto Poligrafico di Foggia: INAIL e INPS condannate a risarcire un ex dipendente

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LA CORTE D’APPELLO DI ROMA HA CONDANNATO L’INAIL A RISARCIRE CON 15MILA EURO UN EX DIPENDENTE DELL’ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO DI FOGGIA, O.G., OGGI 63ENNE, PER PLACCHE PLEURICHE CAUSATE DALL’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE ALL’AMIANTO. CONTESTUALMENTE, L’INPS È STATA OBBLIGATA AD ADEGUARE LA POSIZIONE CONTRIBUTIVA DEL LAVORATORE.

IL CASO È STATO SEGUITO DALL’AVVOCATO EZIO BONANNI, PRESIDENTE DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO (ONA), CHE HA DICHIARATO: «LA CORTE HA FATTO VALERE IL RICONOSCIMENTO AMIANTO SULLA BASE DEGLI ATTI DI INDIRIZZO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE, CHE HANNO ACCERTATO UNA ESPOSIZIONE DEI LAVORATORI FINO ALL’INIZIO DELLE BONIFICHE»

Amianto e lavoro: il Poligrafico di Foggia e il rischio nascosto

Per comprendere appieno il significato di questa sentenza, è necessario calarsi nel contesto lavorativo degli anni ’80 e ’90, quando il Poligrafico di Foggia operava a pieno regime con circa 1.400 dipendenti. L’azienda, allora un ente pubblico economico sotto la vigilanza del Ministero del Tesoro, era un pilastro della produzione cartaria nazionale, generando carta destinata a usi istituzionali e ufficiali.

Lo stabilimento produceva materiale destinato a usi istituzionali, lavorando la cellulosa di paglia ottenuta dal grano del Tavoliere delle Puglie.

Un pericolo nascosto

Dietro questa attività apparentemente ordinaria si celava una minaccia silenziosa ma mortale: l’amianto. Nel processo produttivo, il cloro – essenziale per lo sbiancamento della carta– veniva ricavato attraverso celle elettrolitiche che utilizzavano separatori in asbesto.

Questo materiale, a causa delle sue proprietà isolanti e resistenti al calore, era infatti considerato indispensabile per garantire il corretto funzionamento degli impianti.

Ogni fase del ciclo, dall’apertura manuale dei sacchi di asbesto fino alla miscelazione e al riempimento dei contenitori cilindrici, si svolgeva in ambienti privi di sistemi di aspirazione adeguati. Questo faceva sì che l’aria fosse costantemente satura di polveri sottili rilasciate dal “killer invisibile”, esponendo di fatto i lavoratori a un contatto continuo.

O.G., assunto a soli 20 anni come perito chimico cartaio, ha trascorso quasi due decenni a contatto diretto con questo ambiente malsano, in assenza di dispositivi di protezione individuale efficaci. Il suo lavoro lo portava a operare nei laboratori di analisi e nei reparti di trattamento termico, dove guanti, caldaie, valvole e tubazioni erano rivestiti con il pericoloso minerale. 

Il risultato? Dopo anni di lavoro, O.G. ha sviluppato placche pleuriche, una patologia che, sebbene inizialmente benigna, rappresenta un segnale inequivocabile dell’esposizione all’amianto e può evolvere in malattie più gravi come l’asbestosi o il mesotelioma.

Dalla malattia alla giustizia: il ruolo dell’ONA e dell’avvocato Bonanni

Ezio Bonanni, avvocato e paladino dei diritti dei lavoratori esposti all’amianto, ha impugnato il caso di O.G., portandolo fino alla Corte d’Appello. «La battaglia per il riconoscimento del danno da amianto non riguarda solo l’individuo, ma coinvolge la collettività e la memoria di chi non ha avuto giustizia» ha dichiarato il presidente ONA, sottolineando l’importanza di una sentenza che si inserisce in un quadro più ampio di tutela della salute pubblica.

Un verdetto esemplare: il significato della sentenza della Corte d’Appello di Roma

La decisione della Corte non si è limitata a confermare l’indennizzo di 15mila euro per malattia professionale, ma ha imposto all’INPS di adeguare la posizione lavorativa del ricorrente, sancendo così un principio fondamentale: la tutela del lavoratore deve proseguire anche dopo la cessazione dell’attività.

Questa sentenza, dunque, assume un valore paradigmatico, aprendo la strada a nuovi ricorsi e incoraggiando altri lavoratori a far valere i propri diritti.

Amianto: un killer silenzioso ancora presente

Nonostante i divieti imposti nel 1992, l’amianto continua a rappresentare una minaccia concreta. Si stima che oltre 40 milioni di tonnellate siano ancora presenti in edifici pubblici e privati in Italia, dalle scuole agli ospedali, fino ai vecchi impianti industriali.

Le bonifiche procedono lentamente, spesso ostacolate da burocrazia e mancanza di fondi. L’ONA denuncia questa inerzia, ricordando che ogni ritardo nella rimozione dell’amianto si traduce in vite umane compromesse.

La strada verso un futuro libero dall’amianto

La vicenda di O.G. e la sentenza ottenuta rappresentano un passo avanti nella lotta per la giustizia sociale e ambientale, ma il cammino non si arresta qui. È necessario intensificare le campagne di sensibilizzazione, accelerare le bonifiche e garantire monitoraggi sanitari continuativi per tutti coloro che, come O.G., hanno vissuto anni di esposizione inconsapevole.

L’amianto è un nemico silenzioso che continua a mietere vittime. La giustizia per il Sig. O.G. deve fungere da monito e stimolo per non dimenticare e per prevenire nuove tragedie.

L’ONA, attraverso il suo sito e il numero verde 800 034 294, continua a raccogliere testimonianze e a fornire assistenza legale ai lavoratori esposti. L’associazione si batte per:

Il riconoscimento delle malattie professionali legate all’amianto

La bonifica degli edifici contaminati

Il monitoraggio sanitario gratuito per i lavoratori esposti

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Numero verde ONA

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