Big Ben amianto: per la riparazione della Elizabeth Tower del Parlamento che ospita il Big Ben, il budget previsto è lievitato di ben 18,6 milioni. È passato da £ 61,1 milioni a £ 79,7 milioni ($ 79,7 milioni a $ 104 milioni).
Un’icona nazionale in pericolo
La torre di 96 metri (iniziata nel 1934 e completata nel 1858), patrimonio dell’Unesco, è avvolta dalle impalcature da quando sono iniziati i lavori per ripristinarla nel 2017.
Oggi la sua ristrutturazione rappresenta un’operazione estremamente complessa e gli alti costi sono stati criticati da numerosi parlamentari.
I risultati del sondaggio strutturale
La necessità di richiedere ancora più finanziamenti, avendo concordato ulteriori 32 milioni di sterline nel 2017, è avvenuta a seguito di un sondaggio strutturale, i cui esami hanno rivelato:
1) decadimento e danni a centinaia di intricate incisioni
2) amianto nel campanile (la campana è stata smontata e rimossa per una revisione completa).
3) ampio uso di vernici al piombo tossiche
4) vetri rotti nei quadranti dell’orologio
5) la necessità di un esperto di orologi specializzato
6) i quattro quadranti di orologio all’esterno della torre contengono un totale di 1.296 pezzi singoli di vetro. Ognuno di questi deve essere sostituito come parte dei lavori di restauro.
7) danni causati dall’acqua in tutto il palazzo, con i vecchi tubi e le parti elettriche dell’edificio che destano particolare preoccupazione.
Ad oggi sono state effettuate ben 700 riparazioni di pietre, 300 in più rispetto alle previsioni del noziali. Ogni nuovo pezzo di pietra deve essere accuratamente restaurato.
L’allerta di alcuni funzionari parlamentari.
Le Commissioni della House of Commons e della House of Lord, attraverso l’esame scrupoloso della torre, hanno scoperto il decadimento e il danneggiamento della struttura.
Ad essere preoccupato è sopratutto Ian Ailles, direttore generale della Camera dei Comuni. Egli ha dichiarato che il restauro della Elizabeth Tower -(così fu ribattezzata la torre nel 2012, in occasione del Queen’s Diamond Jubilee)- iniziato nel 2017, dovrebbe continuare fino al prossimo anno.
“Con un ingombro di 12 metri quadrati e una posizione privilegiata nel bel mezzo di un parlamento di lavoro, comprendere fino in fondo l’impatto del danno alla torre era impossibile fino a quando le impalcature non fossero state sollevate”.
“Accanto ad altre questioni, come l’impatto dei metodi di conservazione spesso inappropriati utilizzati dai nostri predecessori, i livelli corrosivi di inquinamento nell’atmosfera e la scoperta dell’amianto in luoghi inaspettati, solo ora siamo stati in grado di comprendere appieno l’intero investimento richiesto per questo progetto” ha aggiunto.
L’origine dei danni tra smog e guerra
Oltre ai problemi di inquinamento riconducibili a smog, la torre di Westminster, è stata danneggiata dalle incursioni aeree tedesche durante la seconda guerra mondiale.
Ricordiamo a tal proposito che durante i Blitz tra il 1940 e 1941 furono uccisi circa 43.000 civili britannici e distrutti molti edifici.
Amianto nel campanile del Big Ben
Storia a parte riguarda la presenza di amianto nel campanile del Big Ben.
Già alla fine del 1800 l’amianto è stato largamente utilizzato in applicazioni che richiedevano elevata resistenza. Per esempio al fuoco e al calore, al vapore, all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione e all’usura.
Nel 1834, anno in cui venne edificato il Big Ben, i costruttori pensarono di sfruttare le “straordinarie” ma letali proprietà della pericolosa fibra.
Paradossalmente, la diffusione del primo resoconto sulle pesanti conseguenze dell’inalazione delle polveri di asbesto per gli operai che lo lavoravano, è avvenuta proprio in Inghilterra nel 1898.
A darne l’allarme fu l’ispettrice britannica Lucy Deane, che vigilava sulla sicurezza del lavoro in fabbrica.
Lucy Deane descrisse “una malattia dei bronchi e dei polmoni causata dalle polveri di amianto presenti negli ambienti di lavoro”.
Si trattava dell’asbestosi, patologia che fino a quel momento non aveva ancora un nome. Del minerale, da lei definito “diabolico” Deane chiese anche un’analisi al microscopio, che rivelò “la struttura aghiforme e affilata delle fibre, simili al vetro, che rimanendo sospese nell’aria in quantità elevate generano effetti deleteri”, scrisse nel suo rapporto.
Insomma, all’epoca sella costruzione della torre gli inglesi sapevano già dei rischi legati alla fibra killer, eppure oggi la presenza di amianto all’interno del campanile non è particolare attenzionata dai media, sebbene i danni provocati dalle sottilissime fibre, su tutti il temibile mesotelioma, siano orami arcinoti.
Il futuro
Al momento sappiamo solo che si attende l’approvazione del nuovo bilancio dell’edificio neogotico, che dovrà essere avallato dai contabili delle Camere del Parlamento. Nel frattempo, entrambe le Camere del Parlamento potrebbero trasferirsi fuori dal Palazzo.
Piani di restaurazione più intensi dovrebbero iniziare intorno al 2025 ed una volta completati i lavori, i visitatori potranno utilizzare un ascensore all’interno della struttura. E sulla rimozione amianto? Il Big Ben dice stop?
ONA: il commento del presidente, Avvocato Ezio Bonanni
L’Osservatorio Nazionale Amianto si batte fermamente per la tutela degli esposti alle fibre e guarda con estrema attenzione agli sviluppi della situazione londinese. Desta preoccupazione il fatto che purtroppo ad oggi si sia dato ampio spessore più al lato economico che non a quello relativo alla salute.
Secco il commento del Presidente ONA, Avv. Ezio Bonanni “Ciò che è emerso dai lavori di ristrutturazione di uno dei simboli monumentali della storia del Regno Unito, è solo un esempio dell’uso massiccio che è stato fatto dell’amianto dalla terza nazione più potente al mondo, dopo gli Usa e la Russia.
Il fatto che le istituzioni inglesi siano più preoccupate più per gli elevati costi di bonifica dall’amianto dei locali del Big Ben, che per la tutela della salute dei cittadini inglesi, la dice lunga su quelli che sono gli obiettivi della politica britannica.
In merito alla problematica dell’amianto, il Regno Unito, insieme ad altri paesi come l’Olanda e la Danimarca, oppone da sempre resistenza alla formazione di nuove leggi, trattati multilaterali e convenzioni sulle norme in materia di lavoro al fine di eliminare la presenza di questo materiale dalle alte potenzialità cancerogene, tutelando più il business delle lobby dell’industria dell’amianto.
Essendo stato il Regno Unito una delle poche nazioni, insieme alla Finlandia, alla Francia ed alla Danimarca in grado di fornire per la ricerca scientifica dati statistici sul mesotelioma sulla base di informazioni pubbliche, spero che le istituzioni Inglesi si adoperino al più presto nell’eliminare con mirate opere di bonifica l’amianto presente in luoghi pubblici e di lavoro“.
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