La salute dell’America Latina è costantemente minata da fattori politici, sociali, economici e religiosi, che solo un dialogo “senza frontiere” può guarire.
America Latina: una tavola rotonda aperta al dialogo
Dopo la pandemia riprendono gli incontri internazionali promossi da Mediatrends America-Europa, un Osservatorio indipendente che studia le tendenze dell’informazione internazionale.
La prima tavola rotonda si è tenuta a Roma, alla Fundacion Promocion Social, partner principale con sede al Forum del Palazzo San Calisto, nel quartiere di Trastevere.
Ad aprire il dialogo, l’ospite d’onore Rodrigo Guerra, Segretario del Consiglio Pontificio per l’America Latina.
L’incontro, organizzato dal giornalista Roberto Montoya, con la collaborazione del giornalista argentino Hernan Sergio Mora, ha visto la partecipazione di diversi Ambasciatori, insieme ad autorevoli rappresentanti della Comunità latino-americana a Roma.
Tema: “La salute spirituale e culturale dell’America Latina”
Fulcro dell’incontro, lo “stato di salute” politico, economico, fisico e spirituale del grande Continente latino-americano.
Rodrigo Guerra si è soffermato sulle grandi potenzialità ma anche sulle incongruenze del Continente. «Paradossalmente – ha dichiarato Guerra – abbiamo dei gravissimi problemi sociali, eppure siamo forse il Continente più ricco del Pianeta per quanto riguarda le materie prime e i beni ambientali. Dovremmo semplicemente saperli gestire meglio e in armonia».
Relativamente all’America Latina, cosa vuol dire “salute”?
«Chi studia medicina – spiega il relatore – sa che la salute è un equilibrio omeostatico del sistema organico. Quando il nostro organismo è in equilibrio energetico, siamo in salute. In realtà, nessuno di noi sta bene del tutto o sta male del tutto. La medicina ci aiuta a recuperare il nostro stato fisico».
Analogamente, l’America Latina è viva nel suo sentire biologico, però la sua realtà sociale, politica, economica e religiosa sta vivendo un momento di disequilibrio omeostatico.
Questo accade perché, gli aneliti dei grande uomini del passato, i quali avevano sognato un’America Latina unita e collaborativa, si sono persi.
Eppure, un organismo vive solo quando tutte le parti collaborano sinergicamente per mantenere l’unità. Di contro, la morte si ha quando si perde tale equilibrio.
La decomposizione è la perdita di unità.
C’è bisogno di superare le fratture interne
Il relatore si è quindi soffermato sul sogno di unità coltivato da Simon Bolivar (1783-1830) e altri personaggi che hanno combattuto per la libertà e contro il colonialismo. «Sotto tanti profili siamo unici – ha spigato Guerra – basti ricordare che l’intero continente parla lo spagnolo insieme al portoghese e altri dialetti. Un esempio che non trova altri riscontri.
Inoltre, esiste una sensibilità comune, un modo di intendere la vita che accomuna quasi tutti i Paesi e li fa sentire spontaneamente fratelli». «Eppure – ha proseguito Guerra – i latinoamericani sono anche disposti a entrare in conflitto per dei dettagli senza importanza.
Basta lo sport o qualcosa di simile per dividerci. Perché succede? Sicuramente gli esperi in antropologia culturale, sociologi ecc. possono spiegarci meglio da cosa nascono questi meccanismi». Sta di fatto che, oggi, questa è la più grande debolezza dell’America Latina. Da qui la necessità di operare giustamente, per essere più solidali e cooperativi.
Un problema anche di ordine religioso
Le fratture in seno all’America Latina, si devono in parte anche alla divisione dogmatica dei vari ordini ecclesiastici. «Compito della Chiesa cattolica – secondo Guerra – è riuscire a recuperare il suo ruolo e la sua presenza mediante una consistente e incisiva attività sociale, stando il più possibile vicino ai bisognosi».
L’epistola enciclica di Giovanni Paolo II
Il Segretario dell’Ufficio Pontificio si è poi soffermato sul capitolo quinto dell’enciclica di Giovanni Paolo II, Slavorun Apostoli sul “senso cattolico della Chiesa”. Essa sottolinea la dimensione concreta della cattolicità, che si deve manifestare “nell’attiva corresponsabilità e nella generosa collaborazione di tutti in favore del bene comune”.
L’enciclica di Papa Francesco: un faro da seguire
Secondo Guerra, in un Continente come quello latino-americano, caratterizzato dalla grande omogeneità, ma che corre il rischio di registrare una forte divisione, la terza enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco, è un faro da seguire, una Magna Carta di fronte alla tentazione di dividersi.
Ricordando le parole di San Francesco d’Assisi, «tra i suoi consigli voglio evidenziarne uno, nel quale invita a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio» scriveva Bergoglio.
Sebbene il Papa non abbia una formula magica per risolvere tali problemi, il testo invita a ripensare a una globalizzazione basata sullo sviluppo umano integrale.
Chiesa e politica: un saggio binomio
«Anche la migliore politica non guarisce interiormente, perché Cristo – conclude il professore – che è il Redentore, si propone come parametro critico, non ideologico, per vivere i nostri impegni anche i politici».
La Chiesa ormai ha maturato la comprensione che lo sviluppo del mondo potrà avvenire solo a seguito del superamento del paradigma destra – sinistra.
Di conseguenza guarda ai “malanni” dell’America Latina, con un’altra prospettiva, che è religiosa e culturale.
Cultura e religione: un lavoro in simbiosi
È chiaro che la cultura è un fatto importante sotto tutti i punti di vista e che la religione non può prescindere da questo binomio.
«A Papa Giovanni Paolo II piaceva un autore che si chiamava Christofer Dawsen (1889-1970)» – continua Guerra. Nel suo libro “Religione e cultura”, lo storico britannico affermava che la radice della parola “cultura”, “cult”, deriva da culto. Ciò sta a significare che la cultura ha una base religiosa innegabile.
Poi Guerra ricorda l’enciclica Humani Generis, attraverso la quale Papa Pio XII, intese richiamare i pericoli del Modernismo, che affondava le sue radici nel divorzio tra ragione e fede.
Il Papa non voleva decretare l’isolazionismo della cultura cattolica, anzi esortava gli studiosi a rendersi conto delle nuove dottrine. Deplorava tuttavia l’imprudenza di certi cattolici che, smaniosi di aggiornarsi, si abbandonavano ad un falso ecumenismo, compromettendo l’integrità della fede e di tutta la dottrina tradizionale della Chiesa.
In buona sostanza, l’errore principale condannato dall’enciclica era il relativismo, secondo il quale la conoscenza umana non ha mai un valore reale e immutabile, ma solo un valore relativo.
Chi vince non vince del tutto, chi perde non perde del tutto
Tornando sul piano politico, Guerra, ha altresì evidenziato che «chi perde, non perde del tutto e chi vince non vince del tutto». «Oggi siamo tentati a risolvere i conflitti in modo polarizzato e violento. La nostra capacità di dialogo e di accordo si sta riducendo, mentre crescono quelli che tendono al radicalismo».
Paradossalmente, «chi perde guadagna spazio culturale e i governi progressisti di sinistra, finiscono per incubare la vittoria dei governi di estrema destra o viceversa».
Il ritorno della Marea Rossa
Guerra si è anche soffermato sul fenomeno della “Marea rossa”, che nel corso degli anni duemila portò la gran parte dei Paesi del continente latino-americano a essere governati da forze di sinistra e progressiste. Evo Morales, un indiano Aymara, diventò presidente della Bolivia nel 2006 e nel 2009, i presidenti della cosiddetta “Marea rossa” finirono per guidare undici Paesi e circa 300 milioni di persone. All’inizio, offrirono speranza a quei milioni di cittadini, ma a oggi, il tasso di povertà è rimasto uguale, proprio come quando a governare era la destra.
Cosa fare in concreto per la salute dell’America Latina
Solo la riduzione di ogni polarizzazione e di ogni comportamento estremista e massimalista può supportare L’America Latina nel suo cammino di crescita. Non si tratta solo del superamento del paradigma destra – sinistra, ma di agire con una nuova prospettiva culturale.
«È fondamentale che tutti i partiti non abbiano come principale obiettivo quello di ostacolare chi sta al governo o, viceversa, a squalificare chi sta all’opposizione ma tutti debbono, pur nella conservazione delle proprie caratteristiche e impostazioni, lavorare per il bene comune. Può sembrare un’utopia ma è l’unica strada per un vero rilancio dell’America Latina»- ha concluso il relatore.
L’intervento degli Ambasciatori dell’America Latina
Dopo l’apertura di Rodrigo Guerra, hanno preso la parola gli Ambasciatori dell’America Latina. Essi hanno affrontato a grandi linee, tematiche quali: la lotta alla corruzione, il rafforzamento della democrazia, i problemi legati alla modernizzazione, lo sviluppo del sistema educativo, il pericolo ambientale, l’eredità negativa del colonialismo, il ruolo dell’America Latina nella nuova geopolitica mondiale.
I prossimi incontri riusciranno a definire delle soluzioni concrete?